Cultura | Dal numero

Ritratto della Cancelliera da giovane

La vita e la carriera di Angela Merkel, da 37enne irrequieta a donna più potente d'Europa, raccontate nelle fotografie di Herlinde Koelbl.

di Francesco Gerardi

Nel 2016 tutti si chiedevano se Angela Merkel si sarebbe candidata per la quarta volta al ruolo di Cancelliere. La leggendaria riservatezza di Merkel rendeva praticamente impossibile il lavoro dei giornalisti alla disperata ricerca di un’indiscrezione, di una conferma, di una smentita, di una notizia, di una voce. Siccome le pagine dei giornali vanno riempite lo stesso, che le notizie ci siano o meno, alla fine quei giornalisti decisero che Merkel non si sarebbe ricandidata. Lo decisero perché ritrovarono una delle rarissime, e infatti vecchissime, dichiarazioni di Merkel che raccontavano qualcosa al di là delle sue funzioni da Cancelliere. «Prima o poi vorrei trovare un modo per lasciare la politica. È molto più dura di quanto non mi fossi convinta. Non voglio andarmene quando sarò ridotta a un rottame». Lo disse nel 1998 alla fotografa Herlinde Koelbl durante uno shooting fotografico. Koelbl stava lavorando alla sua serie Traces of Power: nel 1991 aveva chiesto a quindici tra politici e imprenditori, l’élite della Germania dell’epoca, di ritrovarsi ogni anno, tutti gli anni, per otto anni e permetterle di scattare due fotografie, un primo piano e una a tre quarti. Nessun prop, nessuna indicazione, nessuna scenografia: una parete bianca alle spalle, una sedia sulla quale sedersi e una macchina fotografica davanti, nient’altro. Tra i quindici personaggi scelti da Koelbl c’erano Joschka Fischer (il primo Ministro degli Esteri “verde” della storia e strenuo oppositore della guerra in Iraq), Gerard Schröder (che nel 1998 insistette per farsi fotografare con un sigaro in mano) e l’allora 37enne Angela Merkel, fresca della nomina a Ministro delle Donne e della Gioventù nel governo del Cancelliere Helmuth Kohl. Di quelle quindici persone scelte da Koelbl nel ‘91, Merkel è l’unica rimasta rilevante fino a oggi. Tant’è che Koelbl, dopo aver terminato il lavoro su Traces of Power nel 1998 (il libro sarà pubblicato un anno dopo), nel 2006 decise di tornare a ritrarre, con la stessa formula, l’unica persona tra quelle quindici la cui carriera sembrava destinata a durare ancora a lungo: Angela Merkel, che nel 2006 era appena diventata Cancelliere per la prima volta.

© Herlinde Koelbl

Da quella decisione nacque Angela Merkel. Portraits 1991-2021, edito da Taschen, un libro che, data la leggendaria riservatezza di cui sopra, diventerà probabilmente la principale fonte di aneddotica sull’ormai ex-Cancelliera, biografia e storia commentata allo stesso tempo. «Merkel non ha mai amato stare al centro del palcoscenico» ha detto Koelbl. Certo capiva l’importanza, per il successo di un politico, di occupare lo spazio mediatico nella maniera giusta e al momento opportuno. Ma non ha mai ceduto, Merkel, alla convinzione che un politico possa essere soggetto/oggetto di “narrativa”, protagonista di un racconto che comprende altro oltre il mestiere della politica.

All’inizio, quando Koelbl le propose di partecipare al progetto Traces of Power, Merkel era titubante non per timidezza sua ma per presunta inutilità del progetto: che senso ha per un politico perdere tempo con delle fotografie che, se tutto andrà bene, l’elettorato vedrà tra otto anni? «Un politico deve stare sui giornali di domani», diceva. Ovviamente anche la timidezza aveva la sua parte nelle ragioni della titubanza: Koelbl ricorda che nei primi scatti, quelli del 1991, si vedeva una donna sì «convinta», di sé e delle sue scelte, ma anche timida, a disagio di fronte all’occhio altrui.

© Herlinde Koelbl

Negli anni, il potere, il mantenimento e l’esercizio dello stesso, ha fatto il suo gioco e ha ovviamente cambiato il modo di stare al mondo (cioè, per un politico, davanti all’obiettivo, alla telecamera, all’occhio e al giudizio altrui) anche di una giovane donna timida e riservata: già nel 1996 Koelbl ricorda come postura e gestualità di Merkel fossero cambiati. In parte in modo naturale, in conseguenza di una vita fatta di esposizione. In parte in modo costruito, attraverso l’adozione di alcuni meccanismi di protezione che mente e corpo danno a se stessi nei momenti di disagio e di difficoltà: l’ormai famoso “diamante di Merkel”, quel modo di intrecciare le mani sulla pancia a mo’ di protezione (per lei) e rassicurazione (per gli altri, tant’è che negli anni è diventata, questa, una “posa” da manifesto, da tribuna elettorale), venne fuori la prima volta nel 1998 durante una sessione fotografica con Koelbl.

Cambiamenti, questi, che mostrano la trasformazione di un essere umano più di tutti i segni ovvi del passaggio del tempo: le rughe che scavano le loro nicchie nel viso, i lineamenti appuntiti che pian pian si fanno tondi, i fianchi che si allargano, i capelli che, per Merkel come per tutti, sono spesso l’unica parte che cede di fronte alla vanità della moda. Tutto questo è il tempo che passa, e passa per tutti e per tutti alla stessa maniera. Ma il passaggio del tempo per un Cancelliere è raccontato da altri segni: dagli occhi che imparano ad andare, subito, dritti verso il centro dell’obiettivo, da braccia tranquille che si sanno accomodare distese lungo il corpo senza smaniare. «In passato», ha detto Merkel, «per me la cosa più difficile era starmene ferma in un punto ad ascoltare. Non sapevo mai dove mettere le mani e cosa avrei dovuto fare con il mio corpo. Ma adesso sono migliorata. Non sposto più il peso da una gamba all’altra. Sono diventata più sicura di me. Probabilmente è un insieme fatto di due cose: interpretare un ruolo ed essere a mio agio con me stessa»