Attualità

An object of beauty

Esce in Italia (ISBN) il romanzo cult del comico Steve Martin. Ecco cosa ne scrivevamo un anno fa

di Nicola Bozzi

Io con i film di Steve Martin ci sono cresciuto. Che fosse il sadico dentista della Piccola bottega degli orrori o l’esasperato compagno di viaggio di John Candy in Un biglietto in due, il canuto comico americano è stato uno dei pilastri della mia infanzia. Tra i primi comici statunitensi a riempire gli stadi con la sua assurda stand-up, Martin ha sfondato a livello internazionale con le commedie, da Lo straccione fino ai remake della Pantera Rosa. Che scrivesse era noto, ma recentemente è venuto fuori che l’eclettico Steve (che suona pure il banjo) è anche un noto collezionista d’arte. Chi lo ha visto fare il metereologo artistoide in Pazzi a Beverly Hills aveva intuito le sue inclinazioni, ma è con il suo quarto libro, An Object of Beauty, che l’attore ha condiviso davvero con il pubblico tutto il proprio interesse per l’arte e ciò che la circonda.

Attraverso la cronaca della cinica ascesa della protagonista Lacey Yeager, da ultima ruota del carro ai magazzini di Sotheby’s fino ad affermata gallerista a Chelsea, il comico traccia un ironico ritratto della New York di case d’aste e collezionisti. La vicenda copre un arco che va dal boom degli anni ’90 fino alla crisi, passando per l’11 settembre, e fa da pretesto per stilare la propria personale guida al lettore ad un mondo che Martin ha vissuto piuttosto da vicino. L’autore menziona Matisse e Warhol, ma anche Cattelan, e si cimenta in brevi profili illustrati di famosi capolavori, inseriti in una trama dove non mancano oscuri sotterfugi di mercato (e persino uno street artist alla Banksy).

L’uscita è stata accompagnata da critiche quantomeno miste, che vanno da drastici inviti a smetterla fino a paragoni piuttosto esagerati con Truman Capote. A detta di molti, il personaggio principale, non abbastanza tridimensionale e privo di calore umano, è solo una scusa di Martin per raccontare un certo milieu, peraltro (dicono alcuni) con un gusto opinabile. Sensibilità artistica a parte, quello che traspare dalle recensioni è che il libro sia quasi più una guida o un saggio, per quanto ironico, che un vero e proprio romanzo, adatto più ai neofiti che ai veri appassionati.

Quello che vorrei sapere io, però, è se il soggetto del libro (più che la fama di Martin) ne aiuterà la vendita. Recentemente abbiamo visto Kanye West lavorare con la nostrana Vanessa Beecroft nella realizzazione del video Runaway e Lady Gaga suonare un piano con su le farfalle di Damien Hirst, mentre Mtv ha iniziato ad organizzare DJ set nei musei con Brand New: Art. Insomma, mi sembra che il pop si stia interessando sempre più all’arte contemporanea, decenni dopo che era successo il contrario. Steve Martin non è certo Mtv, ma magari An Object of Beauty, aldilà del valore letterario, può essere un’altra occasione per avvicinare due mondi.