Stili di vita | Shopping

Psicologia dell’acquisto compulsivo

Cosa ci spinge a comprare oggetti, quasi sempre inutili, senza riflettere e come cambiano le nostre abitudini d’acquisto segnate dalla pandemia.

di Silvia Vacirca

Isla Fisher in "I love shopping", 2009

Alcuni impulsi sono buoni. Per esempio l’impulso grafico di scarabocchiare i tovaglioli. Ernest Hemingway scriveva storielle: “For sale: baby shoes, never worn”, Fellini disegnava Tonino Guerra infilzato a una forchetta: “Bono Tonino che te magno!”. Altri impulsi sono cattivi. Per esempio l’impulso imperiale di dominare il vicinato, di vivere d’insalata russa e di fare il solletico. Pensate che bello un mondo senza impulsi, fatto tutto di liste da depennare. Il gusto di depennare un elemento dalla lista è pari a quello di staccare i petali dalle margherite. Un essere umano che compila una lista è una delle visioni più tenere della modernità. Non so se qualcuno ha mai dipinto un quadro di uno che compila una lista, ma dovrebbe. C’è chi ama compilare una lista di cose da acquistare prima di recarsi al supermercato; pere, mele, un avocado, banane, un litro di latte, broccoli, spinaci. Arrivati davanti alla cassa, nell’attesa di pagare, fissiamo lo scaffale pieno di cose inutili e dilettevoli. Uno può dedurre le epoche storiche dai vestiti e dalle cose davanti alla cassa. Avete bisogno di una pila? No, ma qualcosa a casa potrebbe scaricarsi dopo tutto. Di un rasoio con sette lame dal costo ingiustificato? Di sette rasoi color pastello con una lama sola? Di un Tronky?

L’acquisto d’impulso, prima che la pandemia congelasse l’economia mondiale, era un fenomeno pervasivo e distintivo della vita americana e, con maggiore resistenza, di quella italiana. Secondo Herbert Marcuse, non abbiamo resistito a quei calzini con gli ananassi perché siamo esseri unidimensionali il cui spirito è soggetto a un’«amministrazione totale» da parte del sistema. Rasoi, pile elettriche, Ferrero Rocher, Mon Chéry, Chupa Chups, Kinder Sorpresa, accendini, giocattolini. Fox Business riporta che 5.5 miliardi di dollari delle vendite americane hanno luogo alla cassa, il risultato del tormento di decidere, otto su dieci in un negozio fisico. Le persone comprano cose che riflettono la loro personalità, anche se per Marcuse non abbiamo una personalità. I sognatori sono più inclini a compare d’impulso perché la loro energia mentale è rivolta altrove. L’acquisto d’impulso è associato al desiderio del piacere, alla mancanza di autocontrollo e alla voglia di impressionare gli altri. Ci aggiriamo ringalluzziti per le corsie del supermercato, attenti alle offerte, alle date di scadenza, fedeli alla lista e al dovere sociale della sobrietà, finché non siamo risucchiati nell’orbita della cassa, dove comincia il martirio. L’accendino, continuiamo a perderlo e a non smettere di fumare; le scaglie di cocco dei Raffaello vincono la quaresima della dieta perenne; la promessa di felicità immediata resiste alle ricompense della disciplina. Deragliare ha una sua attrattiva. La corteccia orbitofrontale, regione situata dietro le sopracciglia, promuove irregolarità emotive che guidano il comportamento impulsivo. I giocherelloni sono più inclini a comprare d’impulso. Una delle leve più efficaci dell’acquisto impulsivo è la percezione di un prezzo conveniente, ma la maggior parte delle volte sono la musica di sottofondo, l’arredamento e il packaging che spingono il consumatore a cedere e riempire le cucine di utensili strani che non useremo mai e gli armadi di vestiti che non metteremo.

Il fenomeno degli acquisti d’impulso è stato riconosciuto per la prima volta come un comportamento irrazionale negli anni Quaranta. I primi studi derivavano dagli interessi dei manager e dei rivenditori e dividevano i prodotti in articoli d’impulso e non d’impulso, per facilitare le strategie di marketing. Ma l’acquisto impulsivo non è un semplice acquisto non pianificato. Secondo Rook, il «consumatore sperimenta un bisogno improvviso, spesso potente e persistente di acquistare qualcosa immediatamente. L’impulso ad acquistare è edonisticamente complesso e può stimolare conflitti emotivi. Inoltre, gli acquisti d’impulso tendono a verificarsi con una minore considerazione per le loro conseguenze» (Rook 1987, p. 191). Ricerche sia in campo accademico che professionale hanno dimostrato che questo tipo di acquisti rappresenta tra il 40 e l’80 per cento di tutti gli acquisti, a seconda del tipo di prodotto. Nella top five del 2020 c’erano i prodotti per la pulizia, i disinfettanti per le mani, la carta igienica, il sapone e i cibi in scatola. Tuttavia, a causa del grave impatto della crisi economica e sanitaria, e del crescente utilizzo di Internet, il comportamento dei consumatori sembra tendere a un processo più pianificato e informato. Secondo Google Consumer Barometer (2015) ed Eurostat (2017), circa due terzi della popolazione europea effettua acquisti online. Il 60 per cento delle persone nell’Unione Europea di età compresa tra 16 e 74 anni ha fatto acquisti online nel 2019, rispetto al 56 per cento del 2018 e al 32 per cento del 2009. Se ci concentriamo sull’industria della moda, l’abbigliamento e gli indumenti sportivi sono stati le categorie più vendute in Europa nel 2016 (Eurostat, 2017).

Si potrebbe sostenere che il comportamento di acquisto online sia piuttosto razionale, poiché il consumatore tende a cercare informazioni e fare confronti prima di prendere la decisione finale. Instagram si è distinto come social network che più incide sugli acquisti d’impulso, seguito da Facebook e Pinterest. L’impulsività sembra avere a che fare più con la spontaneità e la storia personale che con il medium. Sparire per un giorno o due, andare all’avventura, costruirsi una capanna, sono sfide alla routine e a all’idea utilitaristica della vita. Tuttavia, per gli scienziati che studiano la malattia mentale e la dipendenza, il comportamento impulsivo emerge come una piaga. Negli ultimi anni, gli studi hanno collegato l’impulsività a maggiori rischi di fumo, alcol e abuso di droghe. Tutta l’economia si basa su cose ed esperienze di cui non abbiamo alcun bisogno. Nell’acquisto d’impulso cediamo a una speranza, a una fuga sul posto. Inevitabile segue il senso di colpa per aver sprecato denari su oggetti assurdi tipo gli occhiali per vedere al contrario o un dispositivo per uova soda cubiche. La libertà economica è sempre esistita in tensione con gli impulsi morali e religiosi che animano la vita tradizionale. Il problema con il capitalismo e le arti è che si basano sullo spreco. Chi ha bisogno di Hemingway?