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Oblivion

Note sparse su una delle grandi attese della stagione, il nuovo lavoro di Joseph Kosinski, costato 120 milioni di dollari ma un po' noioso.

di Federico Bernocchi

Lunedì sera c’è stata l’anteprima stampa organizzata da Studio Sottocorno di Oblivion, uno dei titoli più attesi della stagione cinematografica. Si tratta del secondo film da regista di Joseph Kosinski. Immagino e capisco che questo nome non vi dirà granché, ma in realtà Kosinski è una sorta di superstar del cinema moderno. Dietro c’è una storia bellissima: architetto con una passione per le nuove tecnologie e soprattutto per l’utilizzo della computer grafica, Kosinski comincia a realizzare dei piccoli cortometraggi che vengono notati da uno come David Fincher. Il regista di Fight Club e di Zodiac lo convince a trasferirsi a vivere e a lavorare a Los Angeles e lo mette a capo della Anonymous Content, società per cui firma alcuni spot pubblicitari passati alla storia. Uno su tutti: la pubblicità del videogame Gears of War, quella con in sottofondo la famosa versione di “Mad World” firmata da Gary Jules. Grazie alle sue abilità decide di girare una sequenza di prova in IMAX 3D di un ipotetico seguito di un film culto totale come Tron. Le sequenze girate da Kosinski sono impressionanti. La Disney rimane molto colpita e decide dunque di affidare a Kosinski la regia del seguito ufficiale del film. Tron: Legacy esce, nello stupore e nell’incredulità, generale nel 2010. Una pellicola quasi retrofuturista, che sfrutta le incredibili capacità tecniche del suo nuovo creatore per rendere possibile quello che nel 1982 la Disney e il regista e sceneggiatore Steven Lisberger potevano solo immaginare. Visivamente Tron: Legacy è una delle cose più belle mai viste al cinema. Peccato che l’effetto duri giusto il tempo del trailer: una volta ammirata la superficie del film arriva prepotente la noia. Uno sript non chiarissimo, una serie di attori non proprio straordinari e un ritmo zoppicante non aiutano il film che, pur portandosi a casa un buon incasso (ma d’altra parte parliamo di un film capace di vendersi da solo), non lascia il segno sperato. Però Kosinski ormai è un nome. E soprattutto ha un sogno nel cassetto.

Manca ancora poco ai due per lasciare definitivamente la Terra e trasferirsi sulla luna di Staurno, solo due settimane. Ma ovviamente le cose non andranno come il previsto.

Dal 2005, da quando s’è trasferito a Los Angeles, il nostro ha cominciato a scrivere una sua graphic novel per i Radical Studios. S’è inventato tutto un mondo, ha scritto una storia insieme all’amico Arvin Nelson e poi l’ha fatta illustrare da Andrée Wallin. Ma il libro, intitolato Oblivion, non è mai uscito perché la Disney, dopo aver messo sotto contratto il nostro eroe ai tempo di Tron, già che c’era s’è pure comprata i diritti per la versione cinematografica del fumetto. Peccato abbiano realizzato più avanti che, nonostante tutti gli sforzi fatti, era totalmente improbabile che il film non si caricasse sulle spalle qualche piccolo divieto (esce PG-13, ovvero vietato ai minori di 13 anni non accompagnati dai genitori) per cui si trova costretta a venderne i diritti. Li acquista la Universal che sceglie come attori Tom Cruise, Morgan Freeman, la bella Olga Kurylenko e stanzia un budget di 120 milioni di dollari. E il resto è storia. Anzi, il resto è la storia del film: siamo nel futuro, nel 2077. Una sessantina di anni prima è iniziata una terribile guerra tra umani e una razza aliena, gli scavengers. Questi hanno prima bombardato la nostra Luna, creando una lunga serie di enormi disastri naturali, poi ci hanno invaso. E a quel punto noi poveri e pochi umani rimasti, cosa abbiamo fatto? Li abbiamo distrutti con l’atomica. Certo, la guerra è stata vinta, ma il nostro pianeta ne è uscito con le ossa rotte. Ora tutti gli umani si sono trasferiti su una delle lune di Saturno, mentre sulla Terra sono rimaste solo poche coppie di tecnici. Funziona così: l’unica fonte di energia ancora utilizzabile del nostro pianeta è l’acqua che viene risucchiata dagli oceani da delle enormi turbine. Queste turbine sono comandate dal TET, un’enorme base militare che sorvola continuamente la Terra. Il TET manda sulla Terra a difese delle turbine dei droni (della palle robotiche con dei mega cannoni) che vengono a loro volta controllate dai Tecnici. I Tecnici lavorano in coppia: c’è un uomo che se ne sta tutto il giorno in giro a bordo di una piccola navicella e una donna che invece se ne sta a casa a supervisionare il lavoro dell’uomo. Ed è qui che facciamo la conoscenza di Jack Harper (Tom Criuse) e della sua compagna Vicka Olsen (Andrea Riseborough). Manca ancora poco ai due per lasciare definitivamente la Terra e trasferirsi sulla luna di Staurno, solo due settimane. Ma ovviamente le cose non andranno come il previsto.

La Natura che si riprende i propri spazi in metropoli ormai defunte e abbandonate. Foreste e cascate che trovano spazio tra i palazzi, deserti che si estendono dove un tempo c’era città.

Cominciamo dicendo che Oblivion è stato girato con una CineAlta F65 della Sony e che andrebbe visto in IMAX. Certo, tutto andrebbe visto così, perché con uno schermo, un audio e una definizione del genere a disposizione tutto diventa più bello. Probabilmente anche le puntate del Commissario Rex assumerebbero una loro enorme potenza visiva su IMAX. E poi c’è da dire che l’aspetto estetico del film è assolutamente sconvolgente. L’idea di una Terra post apocalissi nucleare e post una serie di catastrofi naturali, non è certo nuova, ma la sua rappresentazione non è mai stata così vivida o realistica. Sembra di essere di fronte a una declinazione credibile e tangibile di quello che l’architetto paesaggista Gilles Clément chiamerebbe il Terzo Paesaggio. La Natura che si riprende i propri spazi in metropoli ormai defunte e abbandonate. Foreste e cascate che trovano spazio tra i palazzi, deserti che si estendono dove un tempo c’era città… E poi le nuove case degli umani: appartamenti del tutto simili all’Hemeroscopium, la famosa casa dell’architetto spagnolo Antón García-Abril, figlio dell’omonimo compositore di colonne sonore, quello del cult La Cavalcata dei Resuscitati Ciechi. Una Sky Tower che riproduce la ricerca dell’equilibrio tra Natura e artificio, staccandosi dalla Terra fino ad arrivare al cielo. E poi ci sono tutti i gadget tecnologici usati dai protagonisti che sono sì futuribili ma allo stesso tempo perfettamente credibili. Insomma, dal punto di vista visivo, come già Tron Legacy, Oblivion è un film ineccepibile. Come c’è accaduto guardando lo Star Trek firmato J. J. Abrams: nel momento in cui lo si guarda ci si convince che Oblivion è lo stato dell’arte dell’utilizzo degli effetti speciali al cinema. Un film di sci-fi, oggi come oggi, deve avere questa patina, deve essere così. Insomma, la coolness cinematografica passa per le mani di Kosinski. Ma poi? Poi iniziano i problemi.

Un film che costa 120 milioni di dollari, con Tom Cruise che fra lo spaccone e gli effetti speciali più belli della storia dell’umanità, non può permettersi di essere noioso.

L’idea è quella che il regista e sceneggiatore abbia semplicemente voluto far confluire in una storia sola tutti i temi portanti della vecchia fantascienza anni ’70. Non manca nulla all’appello. Come abbiamo detto, non solo attacco alieno, ma anche le catastrofi naturali che, come voi sapete, vanno di pari passo con l’allarme ecologista. Senza voler spoilerare troppo, c’è anche l’ispirazione dickiana: l’incertezza dell’uomo, la sua unicità messa in dubbio, il complotto, il ribaltamento dei fronti, il tema del doppio e l’interazione tra uomo e macchina. Insomma sembra veramente che Kosinski abbia chiesto su un forum specializzato: “Scusate, ma quali sono i temi principali del genere?” e poi li abbiamo inseriti a forza in una storia. La cosa in sé non sarebbe poi in realtà neanche così grave se non fosse che dopo un po’ Oblivion diventa noioso. E un film che costa 120 milioni di dollari, con Tom Cruise che fra lo spaccone e gli effetti speciali più belli della storia dell’umanità, non può permettersi di essere noioso. Non deve lasciare un secondo di respiro allo spettatore, deve essere imprevedibile e sconvolgente. Invece mantiene queste promesse nei primi dieci minuti di film, per poi appoggiarsi stancamente su uno sviluppo piuttosto meccanico e ripetitivo. Qual è il problema? Diciamo che sono principalmente due: da un parte c’è la moda. I film di fantascienza stanno godendo di una (probabilmente breve e transitoria) stagione d’oro. Il merito è proprio del recupero delle tematiche forte di una sci-fi old school. Film come Moon o Source Code di Duncan Jones o I Guardiani del Destino di George Nolfi, hanno riacceso l’interesse del pubblico nei confronti di questo genere. Solo che quest’approccio, diciamo così, umanistico al genere, mal si adegua a produzioni come quelle di Oblivion.

La mano è pesantissima e spesso si ha la sensazione, piuttosto straniante, di essere di fronte a un film dei primi anni Novanta. Ma la tamarraggine di Kosinski non è solo legata alla sua tecnica.

Il film, lo diciamo con tutto il rispetto possibile, sta dalle parti della ricchissima baracconata, non da quelle dei profondi enigmi senza risposta dei capisaldi del genere. In più bisogna fare i conto con il fatto che Kosinski è un regista dal gusto squisitamente tamarro. La mano è pesantissima e spesso si ha la sensazione, piuttosto straniante, di essere di fronte a un film dei primi anni Novanta. Se è vero che il suo utilizzo dell’artificio è come detto impeccabile e modernissimo, è anche vero che alcune inquadrature, la composizione del quadro di certe sequenze, sembra uscita da alcuni dei nostri più brutti incubi di un cinema oggi inesorabilmente invecchiato e che forse faremmo meglio a lasciarci alle spalle. Ma la tamarraggine di Kosinski non è solo legata alla sua tecnica: prendiamo il suo protagonista, l’amato e odiato Tom Cruise. Il suo personaggio è un duro ed infallibile uomo del futuro che nel tempo libero scappa dal suo lavoro per rintanarsi in una piccola e sgangherata casetta di campagna dove ascolta vecchi vinili dei Procol Harum (indovinate quale canzone?), si mette una bella camicia di flanella, l’inseparabile cappellino dei New York Yankees e poi si stende sull’erba a guardare con quel fare tipico da vecchio omo del West l’azzurrissimo cielo americano. E ancora peggio va con la caratterizzazione dei ribelli che sembra uscita da film come I Guerrieri del Sole (roba targata 1986) o i post apocalittici di Enzo G. Castellari, overo uno che non aveva di certo 120 milioni di dollari di budget. Insomma, un’ennesima occasione sprecata per Kosinski. Che nel frattempo s’è messo al lavoro sul seguito del suo Tron e che a quanto pare prima o poii dirigerà pure il seguito di The Black Hole. Che paura.

 

Immagine: una scena del film