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Agli Ufo dobbiamo ormai credere?

Uscita dai circoli complottisti, la discussione si tiene sulle pagine dei grandi giornali e nelle aule dei Parlamenti: l'epoca dello scetticismo sembra superata.

di Francesco Longo

Nel settembre 1993 arriva negli Stati Uniti la serie X-Files, da allora il sentimento di chi attende l’arrivo degli alieni trova una sintesi efficace. Il poster appeso nello studio dell’agente speciale Fox Mulder annuncia: “I want to believe”. Anche l’immagine del poster è un’icona: un disco volante appena inclinato contro un cielo bianco sfiora boschi americani. Davanti a ogni notizia di avvistamenti si riaccende la speranza e il desiderio che l’attesa sia terminata: è sufficiente sperare e l’incontro avverrà. Pochi giorni fa, il telescopio James Webb della Nasa annuncia di aver trovato una molecola che sulla Terra viene prodotta solo da forme di vita organica. Per chi attende gli alieni ogni notizia del genere – una molecola di un esopianeta a 120 anni luce da noi – significa una sola cosa: l’incontro con verdi extraterrestri è vicino. Vogliamo crederci. Anche i remoti risultati della scienza più sofisticata alimentano le speranze dei sognatori. E i sogni collettivi spingono ricerche e finanziamenti dei governi.

Foto di ombre affusolate tra le nuvole, video sgranati, dichiarazioni di testimoni, ciarlatani, mitomani, cospirazionisti, spiegazioni che non reggono, indagini insabbiate, nelle campagne elettorali americane ogni Presidente promette che se sarà eletto svelerà tutto ciò che è stato nascosto, ma durante il mandato i cieli si riempiono ancora di oggetti che guizzano senza apparente propulsione, accelerazioni luminose che accompagnano la nostra civiltà. Armi? Astronavi? Veivoli russi? Droni? Altro? Alla fine dei mandati elettorali, Bush, Obama o Trump, ci si lamenta che il governo non abbia investito a sufficienza per dare delle risposte. L’unica regola è che non bisogna mai smettere di puntare gli occhi verso il cielo. Il cuore deve essere quello di Fox Mulder, sempre aperto al miracolo imminente, la testa può restare quella della cauta, scettica, Dana Scully, l’agente dell’Fbi che smonta l’entusiasmo di Mulder.

Mai come in questa stagione estiva, la serie X-Files appare invecchiata bene, e non è difficile convincersi che gli alieni siano esattamente come li desideriamo. Corpi simili ai nostri ma leggermente alterati, occhioni, teste ovali, mani dilatate. Amano giocare a nascondino con l’umanità, capita infatti che spariscano nel fondo dell’universo, e altre volte, come in questi giorni, tornino a interrogarci. Ci pungolano, il loro divertimento preferito è sfidarci a guardie e ladri. Il 12 settembre scorso due uomini, di cui uno con un camice bianco, sollevano i coperchi di due grandi scatoloni. Mostrano al Congresso messicano, e alle telecamere, due corpi sprofondati in morbidi cuscini. Mummie aliene, secondo il giornalista e ufologo Jaime Maussan. Il tutto avviene a Città del Messico, durante un’audizione sui fenomeni non identificati. Sarebbero fossili di alieni di mille anni fa. Rispettano l’immagine che abbiamo di loro. Piccoli corpi pulsanti di mistero, occhietti oblunghi a fessura, boccucce, tre dita per mano, puri enigmi. Queste mummie aliene, secondo Maussen, sono state recuperate nel 2017 in Perù. Parlando sotto giuramento dice: «Questi esemplari non fanno parte della nostra evoluzione terrestre… Non si tratta di esseri trovati dopo il naufragio di un Ufo. Sono stati trovati in miniere di diatomee e successivamente fossilizzati». A datarli sarebbe stata l’Università Nazionale Autonoma del Messico (Unam), dove gli scienziati sono stati in grado di estrarre il Dna e di fare il test radiocarbonio.

L’incontro messicano segue le rivelazioni uscite nel cuore dell’estate (è stata l’estate di Oppenheimer, ed è giusto quindi tornare anche al celebre paradosso di Enrico Fermi: «Se l’universo è pieno di alieni, dove sono tutti quanti?»). Negli Stati Uniti, la Camera dei Rappresentanti americana ospita testimoni, veterani dell’esercito statunitense che nella loro carriera hanno avvistato oggetti volanti non identificati. L’evento è una risposta al bisogno di “più trasparenza” sollecitato sempre da tutti, dai cittadini, da chi si occupa della sicurezza nazionale, da chi non aspetta altro che la notizia del loro sbarco. Tra gli uomini convocati parla David Grusch, soprannominato «la talpa degli ufo», ex funzionario dell’intelligence e veterano dell’aviazione Usa. Rivela di essere a conoscenza del fatto che gli Stati Uniti sono in possesso di astronavi aliene. Dove le astronavi si sono schiantate sono state trovate tracce di «resti biologici non umani». Secondo Grusch gli Stati Uniti “nascondono da decenni un programma” per catturare gli ufo. Anche altri due ex piloti della marina, Ryan Graves e David Fravor, raccontano le loro esperienze, non isolate, ma frequenti, che pongono addirittura un problema per la sicurezza dei voli. Per Fravor tutto cambia il 14 novembre 2004 quando incontra gli ufo vicino San Diego, in California. Un oggetto enorme bianco e ovale sorvola l’oceano. La vicenda degli alieni – «su un punto sono quasi tutti d’accordo: la storia degli alieni inizia nel 1947 ed è una storia che riguarda gli Stati Uniti», scrive Tommaso Pincio nel 2006 nel libro Gli alieni – è una vicenda che passa soprattutto dagli occhi dei piloti. Già nel 1950 – cioè tre anni dopo il mitico incidente a Roswell, il big-bang dell’ufologia, quando molti testimoni dicono di aver visto cadere un disco volante precipitare e di aver visto cadaveri di alieni –, Donald Keyhoe, maggiore del corpo dei Marine e pilota, scrive sul New York Times un articolo dal titolo “I dischi volanti sono reali” dove sostiene che il governo tiene nascosta la verità per evitare il panico tra la popolazione.

Storicamente la Nasa si tiene fuori dalla questione ufo. Lascia tutto nelle mani di altre agenzie federali, come la Cia. Nel 2022 però l’amministratore della Nasa, Bill Nelson, decide di formare un gruppo di esperti per ricerche in questo campo. È un cambio di rotta epocale. Cosa vuol dire veramente? Cosa nasconde questa decisione? Nell’ottica della dietrologia ogni mossa ne cela un’altra segreta, in un gioco di botole infinito. Anche la serie di X-Files, e molta fantascienza, viene interpretata come una strategia dei governi per preparare il mondo a un incontro già previsto, o addirittura solo da svelare. Pochissimi giorni fa, il 14 settembre, la Nasa pubblica il responso sulle ricerche di segnali extraterrestri. Risultato? Prove che gli oggetti non identificati nei cieli siano effettivamente Ufo non ce ne sono. Ma Bill Nelson dichiara: «Se mi chiedete se credo che esista vita nell’universo, la mia risposta è sì». Oltre a Fox Mulder, Enrico Fermi e una schiera di piloti, vuole crederci, anche lui.