Se lo è domandato Fanverse! - The fashion code, l’osservatorio annuale di Hello che analizza come sta cambiando in Italia l’attitudine dei consumatori – e quindi anche i loro acquisti – proprio attraverso i fandom.
La prima volta che Brioni mandò in scena uno dei suoi tuxedo, non fu in un’occasione a caso: si era a Firenze, durante la sfilata nella sala bianca di Palazzo Pitti nel 1952, una data che per ogni storico di moda è impressa nella memoria, considerato che si posiziona esattamente in quel momento e in quel luogo, la nascita del Made in Italy. Sotto le luci degli undici lampadari in cristallo di Boemia per cinque afose giornate di luglio sfilarono le collezioni di alta moda di brand come Antonelli, Capucci, Carosa, Ferdinandi, Giovanelli Sciarra, Maruccelli, Vanna e Veneziani, insieme a brand di sartoria maschile come Nazareno Fonticoli & Gaetano Savini, ossia i fondatori di Brioni.
L’inviato de Il Corriere della Sera Raffaele Calzini ne scrisse addirittura in terza pagina, una rarità assoluta per un evento del genere, che suona eccezionale anche oggi, e che però restituisce la grandiosità di quel momento, che trasformò l’Italia da un paese di botteghe in una potenza industriale del settore: «Stavano i compratori americani, i rappresentanti della stampa internazionale, i sarti, le sarte, gli invitati come la signora Churchill, tutto un curioso mondo elegante e competente, critico e raffinato, bottegaio e aristocratico, disposti per tre file sui quattro lati della sala rettangolare, tutta cincischiata di stucchi come una bomboniera di bisquit». Un momento architettato dall’imprenditore fiorentino Giovan Battista Giorgini di cui sono rimasti dei video in bianco e nero presentati durante la mostra Tailoring Legends, andata in scena a Roma al Chiostro del Bramante la scorsa settimana, per festeggiare gli 80 anni di Brioni, dal debutto nel 1945 proprio nella Città Eterna.
Una mostra divisa in tre aree, tra le postazioni dedicate alla storia e ai materiali d’archivio – tra cui il video di sopra ma anche la targa del primo negozio Brioni in via Barberini a Roma. Non mancano una selezione di tessuti e capi divenuti parte della grammatica del brand, così come i sarti all’opera nella creazione dei look fluidi dall’attitudine dégagé che poi costituiranno la trama di quella che diverrà la sartoria romana, dotata di una sua identità distinta da quella delle scuole napoletane e milanesi. Uno stile inizialmente “su misura” che sarà adottato con entusiasmo dalla vecchia Hollywood, sia con sfilate divenute leggendarie – come quella allestita nelle fontane del Waldorf Astoria di New York, con uomini e donne elegantemente vestiti, seduti a tavolini piazzati dentro le fontane, immersi fino alle caviglie nell’acqua – che poi con l’adozione di celebrities attratte da questa sprezzatura tutta italiana. Nel passato Rock Hudson, John Wayne e Clark Gable si sono fatti ritrarre in visita a Roma dove erano andati direttamente nella sartoria di Via Barberini, per farsi realizzare abiti e camicie dalla premiata coppia di Fonticoli e Savini. Abiti la cui lavorazione è prescritta ancora oggi in maniera assai precisa, secondo le tradizioni dell’atelier: ogni capo richiede oltre 30 misurazioni, più di 18 ore di lavoro e oltre 6000 punti cuciti a mano da 220 mani esperte. E in effetti di essere in possesso non tanto di un brand di abbigliamento quanto di un’eredità non scritta eppure preziosa, è consapevole l’amministratore delegato del brand Federico Arrigoni, che ha dato inizio alla serata brindando insieme a 80 ospiti: «Celebriamo un’eredità. Ottant’anni fa, a Roma, nacque Brioni, e da allora ha definito il significato di eleganza maschile per generazioni. Ma questa sera non guarda soltanto al passato: è un passo verso il futuro».
Anche i fondatori, in realtà, l’occhio al futuro lo hanno sempre avuto, pure se erano gli anni del Dopoguerra e del conseguente boom economico e costava poca ansia pensare al domani: nel 1959 Fonticoli e Savini, già consapevoli dell’arrivo della produzione seriale – e quindi del ready-to-wear come succedaneo più democratico dell’Alta Moda – inaugurarono il primo atelier sartoriale di produzione industriale a Penne, in Abruzzo. L’anno dopo firmarono il completo bianco indossato da Mastroianni sul finale de La Dolce Vita, un traguardo ricordato da dei video proiettati all’interno del Chiostro rinascimentale progettato da Donato Bramante. Oggi quell’eredità di cui Arrigoni parlava, viene trasmessa attraverso la Scuola di Sartoria, fondata nel 1985, che ha contribuito negli anni a formare i professionisti che hanno portato avanti quella tradizione (anche) cinematografica. E in effetti dei tuxedo di Brioni si è servito lo 007 più famoso del grande schermo, negli anni nei quali è stato interpretato da Pierce Brosnan (GoldenEye, Il mondo non basta, La morte può attendere, Il domani non muore mai). Una mitologia che non poteva che attrarre il più cinematografico degli scrittori contemporanei, Bret Easton Ellis, che ha firmato la prefazione del libro Tailoring Legends edito nel 2022 da Assouline. Al suo interno lo scrittore losangelino racconta di aver comprato per la prima volta un completo del brand quando stava tornando a vivere a LA dopo una decade a New York, arrivato ai quaranta e di fronte alle sfide della vita, che per Ellis erano ovviamente un libro che non era diventato poi un film e un amore promettente iniziato e poi amaramente finito. Indosserà quel completo, che all’inizio gli era sembrato assai semplice, a uno di quei cocktail nel giardino di qualche villa losangelina, benedetta dal favore della golden hour, rendendosi conto che «c’era qualcosa in quel completo di Brioni che enfatizzava la libertà che stavo sperimentando, incarnandola. (….) E in certi giorni, in certi momenti, è essenzialmente un promemoria non di quanto andò per il verso sbagliato, ma di quanto andò facilmente per il verso giusto. Divenni l’uomo che non avevo mai saputo di voler diventare».
