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Il New York Times ha raccolto e ripubblicato le sue recensioni negative dei classici

In un interessante esercizio di autocritica, il New York Times ha ripubblicato una selezione delle stroncature dei libri che oggi vengono considerati grandi classici della letteratura. L’aneddoto con cui si apre l’elenco è utile per capire quanto il giudizio del Times potesse influenzare la vendita di un libro. Nel 1901, Gustavus Hindman Miller, che iniziava la sua carriera di autore, intuita la potenza di una recensione stampata sul giornale, cercò di accertarsi che il giudizio sarebbe stato “amichevole” con una lettera all’editore, ancora prima di spedire una copia del suo What’s in a Dream? Miller aveva salde motivazioni che giustificavano la cautela, infatti fino al 1924 le recensioni apparse sulle pagine del Times erano anonime, legittimando critici e giornalisti ad essere particolarmente spietati. Si è dovuto aspettare che le firme apparissero in calce ai pezzi perché le stroncature fossero meno brutali, ma questo non evitò ai critici di malgiudicare quelli che oggi vengono ritenuti capisaldi della letteratura o classici molto amati. 

Alcuni titoli molto conosciuti ora, quando sono apparsi per la prima volta sulle pagine della Book Review, sono stati liquidati come non originali, deboli o addirittura illeggibili, come nel caso di La nausea, di Sartre: «Se, dal punto di vista della letteratura, valesse la pena tradurre La Nausée è un’altra questione. Appartiene a quel tipo di scrittura dall’aspetto teso ma davvero molto slegato, che è stato reso popolare da molti autori di secondo livello … Da qualche parte dietro Dostoevskij, al suo peggio», scriveva Vladimir Nabokov nel ’49. Altri autori, che avrebbero ricevuto elogi e recensioni entusiaste nel tempo, sono stati accolti con disprezzo, come nel caso di Virginia Woolf. Giudicando La crociera, un critico anonimo, il 13 giugno 1920, scriveva: «A parte una certa intelligenza – che si esaurisce dopo aver sfogliato cento pagine – c’è poco in questo libro per distinguerlo dalla massa di romanzi mediocri che hanno molte meno pretese letterarie».

Se Altre voci, altre stanze, il romanzo di debutto di Truman Capote, venne liquidato così da Carlos Baker: «La storia di Joel Knox non aveva bisogno di essere raccontata», una grande dose di autori vennero messi al patibolo perché, secondo i critici, le nuove produzioni letterarie non reggevano il confronto con le opere precedenti. J. Donald Adams, nel 1934: «È meglio che le cattive notizie vengano dette subito: Tenera è la notte è una delusione. Sebbene mostri le qualità più coinvolgenti di Mr. Fitzgerald, fa apparire le sue debolezze inestirpabili […] Il suo nuovo libro è intelligente e brillante, ma non è il lavoro di un romanziere saggio e maturo». In alcuni casi sembra che la sezione di critica letteraria del New York Times ce l’avesse con alcuni scrittori, come nel caso Henry James, martoriato nei primi anni del secolo scorso: «Il signor James si rifiuta ancora, a dire il vero, di scrivere in lingua inglese […]. Non ha fatto nulla per liberarsi dall’orribile fascino di certe paroline che hanno fissato la sua immaginazione con un occhio di pesce e si insinuano in innumerevoli frasi dove non andrebbero messe».