Stili di vita | Cibo

I menu delle feste parlano di noi

Molto più di una semplice lista di piatti, raccontano storie spesso straordinarie. Dal bizzarro pranzo di Natale del 1870 a Parigi all’esorbitante cena di Capodanno nel 1976 al Palace di New York.

di Alessia Delisi

17 dicembre 1942: la festa di Natale di The Not Forgotten Association a Buckingham Palace (Foto di PNA Rota/Getty Images)

Non si preannunciava un grande Natale per i parigini nel 1870: la guerra contro la Prussia andava male, la città era sotto assedio e, cosa peggiore, erano a corto di cibo. «Furono costretti a improvvisare», raccontano Vincent Franklin e Alex Johnson nel loro Menus that Made History (Kyle Books). Cominciarono con la carne di cavallo e, quando anche questa finì, proseguirono con cani, gatti e topi, che presero ad apparire regolarmente nei menu dei ristoranti. Per il 25 dicembre Alexandre Étienne Choron, chef dell’allora assai rinomato ristorante Voisin, in rue Saint-Honoré, acquistò due elefanti direttamente dallo zoo. Li servì come consommé insieme ad arrosto di cammello, spezzatino di canguro, costolette d’orso e coscia di lupo in salsa di cervo. Praticamente l’intero zoo eccetto tigri e leoni (troppo pericolosi), scimmie (troppo simili agli umani) e ippopotami (come si cucina un ippopotamo?). Dopo che nel gennaio 1871 la Prussia vinse la guerra, grandi quantità di cibo tornarono a circolare nelle città. Ma per alcuni era troppo tardi: «gli animali domestici sono scomparsi», scrive nel suo diario il medico americano Robert Lowry Sibbet. «In un mese non ho visto un solo cane vivo, nemmeno un barboncino».

Non tutti i menu di Natale sono così estremi. Il 25 dicembre 1911 l’esploratore inglese Robert Falcon Scott guidava una spedizione verso il Polo Sud. Nonostante i forti venti e le nevicate (la temperatura si aggirava intorno ai -25°C), Scott e i suoi percorsero 25 chilometri a piedi prima di fermarsi a cenare nelle loro tende. Il piatto principale era il pemmican, un concentrato di grasso e carne di renna essiccata inventato dai nativi americani e successivamente impiegato nelle spedizioni polari come alimento ad alto contenuto energetico (pare che mangiarlo fosse come mordere una candela), seguito dal plum pudding, zenzero e caramello. Purtroppo il menu non si rivelò sufficientemente calorico: il gruppo raggiunse il Polo con un mese di ritardo rispetto alla spedizione norvegese, la cui dieta comprendeva invece zuppa di tartaruga e petto di pinguino. Non sempre però vivere in condizioni difficili significa pasti inadeguati. Al famigerato carcere federale di Alcatraz erano convinti ad esempio che il buon cibo alimentasse le buone azioni. Per questo servivano regolarmente cose come la jambalaya (un piatto creolo tipico di New Orleans a base di riso, carne, gamberi e verdure), biscotti al lampone e una vellutata di piselli e pomodori conosciuta come purée mongole.

Nel libro The Menu (British Library) l’autrice Eve Marleau scrive che i menu non si limitano a descrivere tendenze alimentari popolari (si pensi all’usanza giapponese di festeggiare il Natale con un secchiello di pollo fritto di Kentucky Fried Chicken). «Possono inserirsi in un più ampio contesto storico e sociale e raccontare non solo una situazione particolare, ma l’eredità che quella situazione ha lasciato». Il sodalizio tra l’albergatore svizzero César Ritz e il cuoco francese Auguste Escoffier al leggendario Ritz di Parigi all’inizio del Novecento ha dato vita a quello che può essere considerato un tempio della gastronomia francese, con piatti come il consommé Rossini, la suprême di pollo ai carciofi, il sorbetto al Kirsch e, per finire, friandises e frutta. Quando nel 1893 aprì nella Midtown Manhattan, il Waldorf-Astoria fu preso di mira dalla gente del posto (era ritenuto non necessario nel già benestante quartiere e fin troppo costoso per chi soggiornava per lavoro). Tuttavia, dopo una serie di memorabili cene di raccolta fondi, l’hotel – il primo a offrire il servizio in camera – divenne uno dei più amati dall’alta società di tutto il mondo. La sua popolarità è legata anche a uno dei suoi piatti signature: l’insalata Waldorf, a base di sedano rapa, mele, uva e noci. Ancora a Manhattan, negli anni ’70, il Palace aveva fama di essere uno dei ristoranti francesi più costosi d’America (chiuderà i battenti nel 1979). Il proprietario, un attore fallito di nome Frank Valenza, aveva avuto l’idea del locale dal suo analista (per rinfrancare l’ego, diceva) e ogni sera seduceva i suoi ospiti con colline di caviale, astice e cuori di carciofo, capesante all’alloro, ostriche al Pernod, cappone tartufato e altri prodigi culinari. Pare che il pantagruelico menu di Capodanno del 1976 costasse la cifra esorbitante di 400 dollari a persona.

Viaggiare è forse il modo migliore per esplorare il cibo e, al tempo stesso, ogni pietanza è un viaggio attraverso tradizioni culinarie differenti. Alla fine dell’Ottocento mangiare in treno era un’esperienza assai diversa da quella dei panini confezionati e delle bottiglie di plastica a cui siamo abituati oggi. Nei menu dell’Orient Express figuravano ad esempio uova strapazzate con tartufi, aspic di foie-gras, oca arrosto e un classico della gelateria francese: il glace plombières (con frutta candita e Kirsch). Sulla Queen Mary, lussuosa nave passeggeri britannica che tra gli anni ’30 e ’60 attraversava l’Atlantico alla volta di New York (l’elenco dei suoi ospiti includeva Winston Churchill, Walt Disney, Thomas Eliot ed Elizabeth Taylor), si servivano polpette di granchio, hamburger, coda di bue e roast beef con salsa di rafano. Per un menu vegetariano a base di insalate e pane integrale bisognerà aspettare il 1961, con l’apertura a Londra del ristorante Cranks, a opera dalla coppia David e Kay Canter. Quattro cubetti di pancetta disidratata, pesche, tre biscotti allo zucchero, un drink a base di ananas e pompelmo e, a seguire, caffè è invece il menu di Buzz Aldrin e Neil Armstrong sulla luna, il 20 luglio 1969. E in futuro? Secondo SPACE10, il think tank di IKEA, mangeremo hot dog vegetariani (il panino sarà a base di microalga spirulina, che è anche uno dei possibili alimenti per i viaggi su Marte), hamburger di insetto, insalate idroponiche e, per finire, gelato (anche questo idroponico). Attualmente non c’è in programma di aggiungere i piatti al menu di IKEA. Ma si spera che per quel momento intercetterà i gusti dei futuri abitanti della Terra.