Cultura | Musica

La libertà di continuare a essere Madonna

Da pochi giorni la popstar di 65 anni ha inaugurato il suo nuovo tour che la vedrà impegnata in 78 date (anche Milano): un’occasione per celebrare quarant'anni di carriera, gran parte dei quali passati a sentirsi dire: "ma come, alla sua età!".

di Lorenzo Peroni

Da pochi giorni Madonna ha inaugurato il suo nuovo tour. Il 15 ottobre alla O2 Arena di Londra ha preso il via il Celebration tour, che vedrà impegnata la popstar in 78 date, con tappa il 23 e 25 novembre anche a Milano: un’occasione per celebrare il quarantennale della sua carriera. Nessun nuovo album da promuovere, in scaletta solo i suoi grandi successi, quasi un’evoluzione naturale del paradigma per il quale i grandi contratti discografici sono legati più agli incassi dei tour che alla produzione e vendita dei dischi (che, per l’appunto, non si vendono più). Già nel 2007 Madonna aveva lasciato la sua storica etichetta, la Warner, per firmare con la Live Nation: 120 milioni di dollari per tre album e quattro tour.

«Non solo dobbiamo sopportare razzismo e sessismo, ma anche l’ageismo. Una volta raggiunta una certa età, non ti è permesso essere avventurosa. Non ti è permesso esprimere la tua sessualità […]. Molte persone hanno detto: “Oh, è così patetica. Spero che non lo faccia ancora tra dieci anni”. A chi importa? E se lo facessi? C’è una regola? Cos’è, uno dovrebbe morire a 40 anni?”». Quando rilascia questa dichiarazione, durante un’intervista con Jonathan Ross, Madonna ha 34 anni, è nel suo periodo Marlene Dietrich e viene data per spacciata, al capolinea della carriera, una vecchia ossessionata dal sesso da rottamare. 1992, nei negozi di musica esce il CD del nuovo album di Madonna, Erotica. Negozi in cui recarsi fisicamente per acquistare della musica, compact disc… Insomma, uno scenario da preistoria. Lei è la popstar che negli anni ‘80 ne ha sbagliate pochissime, praticamente nessuna. Giocando con provocazioni e scandali ha cementato una carriera costellata di hit: “Like a Virgin”, “La Isla Bonita”, “Papa Don’t Preach”, “Like a Prayer”, “Express Yourself” diventano manifesti di un’epoca. I suoi flirt con il cinema non vanno benissimo, ma in classifica è imbattibile e pure Who’s That Girl finisce al numero 1 della Billboard Hot100. Con Vogue, dalla colonna sonora di Dick Tracy, dice addio agli anni ‘80 e apre il nuovo decennio sdoganando il voguing e rendendo radiofonica la musica house, con un videoclip diretto da David Fincher – che omaggia Looking for langston (Isaac Julien, 1989) e l’Harlem Renaissance – diventa uno dei suoi singoli più venduti.

Per il lancio del suo primo GH, The Immaculate Collection, musicalmente osa davvero per la prima volta; si fa co-produrre da Lenny Kravitz un pezzo trip hop che campiona “Security of the First World” dei Public Enemy, “Justify My Love” è torbida, notturna e anti radiofonica: le classifiche ancora una volta le danno ragione. Il primo vero tonfo arriva proprio con Erotica. Nonostante due singoli in top10 (“Erotica” e “Deeper and Deeper”), Madonna viene travolta dallo scandalo per la pubblicazione di SEX, il libro fotografico con cui esplora l’immaginario del sesso. Dietro la macchina fotografica c’è Steven Meisel, alla direzione artistica Fabien Baron: a farle compagnia in questi scatti, tra gli altri, ci stanno Isabella Rossellini, Naomi Campbell, Joey Stefano, Udo Kier e Vanilla Ice. Molti fan le voltano le spalle, l’opinione pubblica la dà per finita: è vecchia (a nemmeno 35 anni…) e si spoglia, non può essere un’artista credibile – le stesse cose che dice oggi Crepet di Elodie (nel frattempo, a 59 anni Lenny Kravitz per promuove il nuovo singolo TK421 ha pubblicato un videoclip dove sta nudo, il fatto pare non aver scosso nessuno, perché è un uomo e quindi tutto gli è concesso dice qualcuno, perché non essendo più rilevante da secoli nessuno se ne è accorto, dice qualcun altro).

Tornando a Madonna, nonostante il curriculum discografico già senza rivali, reduce del successo del Blond ambition tour del 1990, con cui ha imposto un nuovo modo di concepire gli show dal vivo (unendo in un concerto moda, teatro, danza, Hollywood e Broadway), negli anni ‘90 seguono grandi polemiche, lei continua a flirtare con le dive del passato (“Fever”) e con alcuni dei produttori più interessanti in circolazione (Dave Hall). Invece di inseguire successi da dancefloor, promuove i nuovi album lanciando ballate dolenti e sensuali (“Secret”, “Take a Bow”). Se da una parte è vero che le vendite record degli anni ‘80 sono lontane, dall’altra va detto che le classifiche non l’hanno mai davvero ignorata, anche in quegli anni ricordati come “bui” ci sono stati milioni di dischi venduti e hit come Take a Bow, che resta al 1 uno della classifica americana per ben sette settimane di fila. Ma, nonostante tutto, è Ray of light ad essere accolto come il suo grande ritorno al pop (dopo la parentesi musical con “Evita”): una rinascita, tutti sono di nuovo pazzi di Madonna. L’album si ferma alla seconda posizione (come Erotica), “Frozen”, il singolo di lancio, vende circa la metà di pezzi come “You Must Love Me” e “I’ll remember”, “The Power of Goodbye” manca la Top10, “Nothing Really Matters” si ferma alla 93. Eppure tutti, di nuovo, amano Madonna. È diventata mamma, ha scoperto la spiritualità e flirta con la sua sensualità da quarantenne. Conquista di nuovo i fan perduti, ne raccata di nuovi e fidelizza quelli vecchi. La critica la promuove (finalmente) e MTV la celebra come regina indiscussa.

Oggi Madonna di anni ne ha 65, dopo “Ray Of Light” e prima che nella sua discografia iniziasse a regnare un’energia caotica – culminata con dei brutti remix di Frozen pensati per Tiktok – ha piazzato almeno altri tre colpi da maestro (“Music”, “American Life” e “Confessions on a Dance Floor”). Intanto le critiche si sono sempre ripetute uguali, era dopo era: “alla sua età?”. Pochi mesi è finita in rianimazione, chiusa per giorni in ospedale, le notizie sono poche, confuse. Un’infezione, pare. È molto grave, si dice, è probabile che non ce la faccia. Stava preparando il suo nuovo tour, uno spettacolo celebrativo della sua carriera quarantennale. Quello precedente, il Madame X tour è stato funestato da gambe fuori uso e date annullate all’ultimo minuto. Troppi antidolorifici, dice qualcun altro. Lei però ancora una volta ce la fa, esce dall’ospedale, riprende le prove e con solo qualche settimana di ritardo inaugura il Celebration Tour. Michael Jackson, Whitney Houston, Prince, George Michael, Freddie Mercury… Nessuna delle grandi popstar degli anni ‘80 è sopravvissuta (allo star system e a sé stessa), solo Madonna. Forse è stata più lucida, più accorta, forse solo più fortunata, l’impressione è quella che – al contrario di altri casi – abbia sempre considerato come opinione più importante sempre e solo la sua.

Nel nuovo tour Madonna ripercorre i grandi momenti della sua incredibile discografia, e senza la zavorra di un album da promuovere c’è l’imbarazzo della scelta per quali canzoni mettere in scaletta. Le hit sono talmente tante che restano fuori anche pezzi amatissimi come “Frozen”, trovano però il loro riscatto le meno scontate “Bad Girl”, “Rain” e “Bedtime Story”. Ad aprire lo show c’è Bob the drag queen con l’abito della Marchesa Isabelle de Merteuil (Glenn Close nel film di Stephen Frears) usato da Madonna per un indimenticabile esibizione di “Vogue” agli MTV Awards 1990. È la prima di numerose citazioni: la coreografia d’apertura di “Papa don’t preach” dal Blond Ambition, altre drag queen con i suoi look più celebri (come già agli MTV VMA del 1999)… Il corsetto di Jean-Paul Gaultier con i seni a punta, ridisegnato per l’occasione dallo stesso stilista francese, stavolta in una nuova versione nera. Poi durante “Live To Tell” l’omaggio agli amici morti di AIDS (Keith Haring, Freddie Mercury, Robert Mapplethorpe, Peter Hujar, tra gli altri). Poi ancora, gli omaggi a Michael Jackson (un’ombra cinese per un intermezzo con “Like a Virgin” e “Billie Jean”) e a Prince (un assolo di chitarra alla fine di “Like a Prayer”).

Sul palco, durante il segmento ballroom (in cui restituisce i salamelecchi a Beyoncé, che ha omaggiato Madonna nel suo Renaissance tour), si porta anche Lourdes, la primogenita, e Estere di 11 anni – una delle due gemelle adottate in Malawi nel 2017 – scatenata in una routine di voguing. Chiude con “Bitch I’m Madonna” e “Celebration”, due canzoni programmatiche che da sempre piacciono solo a lei. Questo Celebration tra revival, comici, amici, parenti, morti in seduta spiritica e tache d’archivio è il suo tavolo di Che tempo che fa. Un ritrovo dove i fan possono sentirsi a casa, lei può baciare ballerine in topless, altri ballerini possono restare in jockstrap, un posto in cui succedono sempre le stesse cose, con lei pronta a sentirsi dire, per l’ennesima volta “ancora? Alla sua età?”. Cher (un’altra che di andare in pensione non ne ha proprio voglia) ricorda che una volta Barbra Streisand (una che invece la pensione la sogna da quando aveva 30 anni) le ha chiesto: “Ma perché lavori ancora?”. Cher le ha risposto “Perché un giorno non potrò più farlo”. Non è quindi l’età a scandire la carriera di queste star, ma il desiderio di non sparire. Come ha scritto Jon Fosse in Io è un altro. Settologia. Vol. 3-5, «Ognuno di noi ha un desiderio profondo dentro di sé, desideriamo sempre qualcosa e crediamo che ciò che desideriamo sia questo o quello, questa o quella persona, questa o quella cosa, ma in realtà desideriamo Dio, perché l’essere umano è una preghiera continua, una persona è una preghiera attraverso il suo desiderio». Madonna certamente non è più il giaguaro di una volta, fa tenerezza vedere come tenta di sgambettare e le idee sembrano finite, ma a lei – come al solito, alla sua età – non interessa e continua a bruciare nel suo desiderio di eternità («I’m not your bitch, don’t hang your shit on me»).