Cultura | Fotografia

Il grand tour dell’Italia in miniatura di Luigi Ghirri

Apre oggi al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia In scala diversa, mostra che racconta la fascinazione del fotografo per il parco tematico costruito da Ivo Rambaldi.

di Giulio Silvano

Foto dall'archivio degli eredi di Luigi Ghirri

È molto divertente andare su Google Maps, digitare Rimini e, tra vie dedicate a Sacco e Vanzetti e parchi dedicati a Hugo Pratt, mettersi a cercare la frazione di Viserbella. Facendo zoom in modalità satellite, tra i campi arati vediamo apparire, come un’incerta inception geografica, un’altra piccola Italia, uno stivale un po’ più tozzo di quello originario. È l’Italia in miniatura, un parco divertimenti al centro della mostra che apre oggi al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, curata da Joan Fontcuberta, Matteo Guidi e Ilaria Campioli, uno dei vari omaggi per il trentesimo anniversario della scomparsa di Luigi Ghirri. I noti scatti del fotografo di Scandiano, incorniciati sulle pareti azzurrine che riprendono il mood adriatico anni ’70, sono accompagnate da decine di foto inedite dei monumenti, dei fiumi, e di quei pezzi di immaginario che sono stati scelti per rappresentare il Paese. Ghirri visitò l’Italia in miniatura più volte, negli anni, attratto dalle possibilità scenografiche di questo modello esplorabile da diverse angolature. Nelle foto la prospettiva multilivello di Ghirri, che piace tanto oggi anche per i suoi giochi meta illusori tra trompe-l’oeil e foto di foto, presenta anche un’analisi visiva sull’evoluzione del turismo, dell’italico Grand Tour di massa, di quel bisogno negli anni successivi al boom di immortalare con macchine fotografiche la propria famiglia in posa davanti ai monumenti di un’altra città. In uno scatto una suora guarda l’obiettivo, dietro di lei si vedono il Duomo di Milano, il battistero di Pisa e in lontananza la cupola del Brunelleschi. «La celebrazione dei miti», scriveva in un testo che oggi troviamo nel volume Niente di antico sotto al sole, pubblicato da Quodlibet, «induce a un’immediata ironia sulla follia di questo viaggio, di questo vedere tutto contemporaneamente, distruggendo con lo sguardo i tempi storici, le distanze chilometriche». Un articolo di Epoca, tra i primi a parlare del parco, era titolato “L’Italia in un recinto” e sottolineava la possibilità di vedere tutta la penisola nel giro di due ore e con poche lire. O come c’era scritto sul poster di Godzilla quando uscì nelle sale: “Le dimensioni contano”.

Dall’archivio degli eredi di Luigi Ghirri

Ma la sorpresa più grande della mostra, come ci racconta anche la figlia del fotografo, Adele Ghirri, sono gli archivi di Ivo Rambaldi, il creatore di questo grande plastico immersivo, che permette di vivere una bizzarra esperienza sensoriale gulliveriana. Idraulico e partigiano, nato nel 1920 a Ravenna, Rambaldi si trova per caso a visitare Swissminiatur, parco tematico con modellini del patrimonio architettonico elvetico, e ne resta folgorato. Passa i successivi anni a girare per il Paese fotografando i monumenti italiani, gli edifici, le statue e i rilievi naturali che vorrà riprodurre in quei 20 mila metri quadrati della campagna romagnola. A volte si porta dietro un geometra per misurare le distanze, altre volte calcola le dimensioni usando i propri passi. Ogni monumento, ogni edificio, ogni piazza equivalgono a una busta, in cui sono contenute cartoline, planimetrie, conteggi delle proporzioni e foto appiccicate con lo scotch per creare immagini panoramiche, avendo a disposizione solo equipaggiamento amatoriale, tutto per poter riprodurre fedelmente Palazzo Tricolore, il Castello Ursino, il San Carlone, la Basilica di San Pietro, il Monte Bianco… «Ancora oggi i miniaturisti e i curatori del parco usano l’archivio di Rambaldi quando devono ristrutturare qualcosa», dice Ilaria Campioli. «Alcune buste non ce le hanno potute dare perché le stavano usando». Piano piano Rambaldi aggiunge pezzi, modellini, alberi, figure umane, lampioni e corsi d’acqua; il parco ottiene visibilità nazionale quando Raffaella Carrà ci gira il video di “Tanti auguri”. Alcune città inviano lettere chiedendo di essere incluse tra i modelli. Col tempo il parco è cresciuto sempre di più, e oggi ha anche un’Europa in miniatura con Trocadero, Acropoli e Torre di Bélem.

Foto dall’archivio degli eredi di Luigi Ghirri

Aperto nell’estate del 1970, il progetto di un mini Bel Paese visitabile in mezza giornata, sogno incarnato di un professore di geografia delle medie, sembra creato appositamente per dialogare con l’immaginario ghirresco, un collage tridimensionale dove con un salto si passa da una provincia all’altra, un capriccio percorribile di souvenir di schiuma di resina, stranianti e realistici, dove si cammina circondati dai gerani, ricercando la verosimiglianza fuori scala. «È proprio in questo spazio di totale finzione che forse si cela il vero», scrive Ghirri. Alcuni dei suoi scatti sembrano fatti per tentare un esperimento sulla percezione del verosimile: zoom sulla casa di Verdi, sui trulli, su Palazzo Vecchio, su Castel del Monte. Altre foto invece svelano il tentativo dell’estrema rappresentazione mistificata: un pezzo del fiume Tevere, un ruscello di pochi metri circondato da ciottoli che diventa il Tevere solo perché accanto c’è un’etichetta col nome del fiume. Altre ancora giocano con la malleabilità del paesaggio, con umani in movimento che si ritrovano in mezzo alle Alpi, e ci chiediamo se si sentono più forti, più potenti a veder rimpicciolite porzioni di realtà tangibile, pezzi di destinazioni vissute o viste nelle diapositive. Splendida questa serie sui monti, che sembra un set cinematografico, dove «una volta tanto gli attori sono molto più alti dei fondali». Qui prende forma quella che Umberto Eco chiamava “strategia dell’illusione”.

Foto di Foto Studio Paritani

Nella mostra In scala diversa c’è anche una sezione sull’oggi, per leggere nello zeitgeist l’attrattiva per un parco tematico che può ricordare la mappa di un videogioco, o andare già in direzione di quel metaverso che accorcia le distanze. Su un parete ci sono le liste sui pezzi dei modellini che vengono portati via più spesso dai visitatori: «Colonnine, statua di Vittorio Emanuele, punta della Mole Antonelliana, sassi…», e poi una selezione di foto prese da Instagram: selfie davanti a San Marco e foto davanti al Colosseo, rispetto agli anni Settanta cambiano solo gli abiti e ogni tanto le pose. Viene in mente quella frase che disse Gianni Celati, amicone e collaboratore di Ghirri, a Freak Anthony in un’intervista del ’79 sui Beatles: «Mettersi a giocare con gli effetti, mica voler la verità… Il problema non è mica di arrivare ad afferrare la cosa giusta e vera, è di imparare a muoversi tra gli effetti».