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Il fidget spinner è il simbolo dell’era Trump, dice il New Yorker

Se siete entrati in un supermercato, un’edicola o un qualsiasi negozio di giocattoli negli ultimi mesi, sapete cos’è un fidget spinner: costa qualche euro, ed è rapidamente diventato il gadget più venduto a livello globale. Alla sua ascesa sono stati dedicati reportage dai luoghi di produzione, in Cina, inchieste, approfondimenti, analisi. Nessuno però si era spinto così lontano come il New Yorker: di recente il magazine ha pubblicato un’analisi socio-culturale del boom del fidgeting – dall’inglese per agitarsi, non stare fermi – che unisce la sua affermazione a uno degli involontari pallini della rivista, Donald Trump.

La prima inventrice del fidget spinner è un’abitante della Florida, Catherine Hettinger, che nel 1997 ne produsse uno dall’aspetto ben diverso ma dal funzionamento identico: all’epoca nei negozi di giocattoli impazzava il Tamagotchi, ricorda il New Yorker, un gadget votato alla complessità, l’empatia e la cura. Tutto il contrario degli odierni spinner: «L’ascesa del fidget spinner in questo momento politico chiama a gran voce un’interpretazione», scrive sul magazine Rebecca Mead, e: «Il fidget spinner, si potrebbe dire, è il giocattolo perfetto per l’era Trump. Diversamente dal Tamagotchi, non incoraggia il suo possessore a considerare i sentimenti o i bisogni degli altri. Anzi, permette e incoraggia l’imposizione dei propri interessi su quelli degli altri. Causa solipsismo, egoismo e maleducazione dura e pura. Non ricompensa l’intelletto elevato, come faceva il cubo di Rubik. Anzi, incoraggia l’abdicazione del pensiero e promuove la proliferazione delle meccanicità, in un momento storico in cui il presidente ha dimostrato di essere patologicamente incline alla distrazione e incapace di formulare un’idea coerente».

Immagini Getty Images