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L’uomo che ha venduto Whatsapp a Facebook ha lanciato un hashtag per eliminare Facebook

A Facebook logo is pictured on a screen ahead of a press conference to announce the launch of it's latest product "Workplace", in central London on October 10, 2016. Social network giant Facebook launched new global product Workplace, a platform that it hopes will replace intranet, mailbox and other internal communication tools used by businesses worldwide. It is intended to compete with similar office communication products including Microsoft's Yammer, Salesforce's Chatter and Slack. / AFP / Justin TALLIS (Photo credit should read JUSTIN TALLIS/AFP/Getty Images)

L’ha raccontato Quartz: Brian Acton, uno degli uomini che ha fatto fortuna vendendo l’app di messaggi al colosso dei social network, ha appena lanciato su Twitter un hashtag piuttosto eloquente: #deleteFacebook. Non è difficile capire perché: lo scandalo  Cambridge Analytica che ha investito il social non ha soltanto affossato Facebook in borsa, ma ne ha anche guastato l’immagine pubblica, che negli ultimi tempi era già abbastanza ammaccata (la copertina di Wired con un Mark Zuckerberg pestato e ferito appare oggi, alla luce dei fatti, più profetica che mai).

Per chi ancora non lo sapesse, la società di analisi dati Cambridge Analytica ha acquisito dati da milioni di profili Facebook che ha poi usato a scopi elettorali (la campagna di Trump, ma non solo). L’accusa rivolta al social è di avere reso disponibili illegalmente i dati degli utenti. Non appena la notizia è diventata virale (grazie anche alle condivisioni su Facebook, ovviamente), sempre più persone che avevano legami stretti con il social hanno iniziato a prendere le distanze e il responsabile della sicurezza del social Alex Stamos viene dato per dimissionario (anche se non ufficialmente).

Brian Acton, uno dei co-fondatori di WhatsApp, e quindi, sottolinea Quartz, uno dei maggiori beneficiari del successo di Facebook, si è prontamente schierato contro il social e il 20 marzo ha condiviso l’hashtag che suggerisce di cancellarlo, commentando: «It’s time». È ora.