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Il libro vincitore del Booker Prize è una distopia di estrema destra

Quest’anno il Booker Prize è andato all’autore irlandese Paul Lynch per il romanzo Prophet Song, pubblicato ad agosto 2023 e non ancora tradotto in italiano. La casa editrice 66thand2nd, che ha pubblicato in Italia anche gli altri quattro romanzi di Lynch, ha fatto sapere che l’edizione italiana, tradotta da Riccardo Duranti, arriverà nei primi mesi del 2024 con il titolo Il canto del profeta. Il messaggio di apertura sul sito del concorso spiega che Lynch è il quinto scrittore irlandese a ricevere il premio grazie al suo racconto di una nazione che scivola poco alla volta nel baratro dell’autoritarismo, e del tentativo di una donna di salvare la propria famiglia. Un membro della giuria, la scrittrice Esi Edugyan, ha descritto Prophet Song come un romanzo straziante che riesce a catturare le preoccupazioni sociali e politiche della contemporaneità. Durante la cerimonia di premiazione che si è tenuta a Londra il 26 novembre, Edugyan ha raccontato che la decisione non è stata presa all’unanimità, che si sono tenute varie votazioni e che in totale sono servite circa sei ore per scegliere il vincitore, riporta il Guardian

Una notte degli agenti di un nuovo corpo di polizia segreta irlandese si presentano alla porta di Eilish perché desiderano parlare con suo marito: di lì a poco la stabilità della loro famiglia comincia a crollare in maniera irreversibile in seguito alla scomparsa dell’uomo. Presto Eilish si rende conto che la vicenda che ha coinvolto il marito non è un caso isolato e che, anzi, Dublino e l’Irlanda stanno sprofondando a causa di un governo tirannico che sta portando la società verso il collasso, è questa la sinossi scelta dal Booker Prize per presentare l’opera. La giuria ha consigliato di leggere Prophet Song per vari motivi. Innanzitutto perché si tratta di un racconto coraggioso, a tratti spietato, verosimile e commovente. Infine, secondo la giuria le ultime pagine del libro meritano particolare attenzione: «uno dei finali più inquietanti di sempre», hanno spiegato, pagine che rimangono impresse a lungo anche dopo aver finito di leggere il romanzo.

Lynch ha raccontato che gli sono serviti quattro anni per completare l’opera, «in salute e in pandemia», perché, spiega, riversare i pensieri in lunghe bozze non fa per lui. Il suo metodo consiste nello scrivere cinque giorni alla settimana, ogni giorno di qualche centinaio di parole, un lavoro al quale si aggiunge quello di ricerca e di editing. Ha affinato talmente tanto questa tecnica al punto che oggi la prima stesura di un suo libro assomiglia moltissimo al testo finale. Com’è nato il libro? «Avevo passato sei mesi a scrivere quello sbagliato, e lo sapevo, ma mi ero incaponito e ho sperato fino all’ultimo nell’illuminazione. Poi un pomeriggio, alle tre, mi sono fermato e ho pensato “questo è il libro sbagliato – lunedì riprendo e ne inizio un altro”. Lunedì mattina ho creato un nuovo documento, l’ho formattato (mi piace che assomigli il più possibile alla pagina di un libro), ho chiuso gli occhi e la prima pagina di Prophet Song è arrivata così come la leggete oggi praticamente. Come faceva a sapere che c’era un libro? Non lo so. Non sapevo nemmeno di cosa avrebbe parlato questo libro, eppure quelle prime frasi ne catturano a pieno l’essenza. Com’è possibile? Di nuovo, non ne ho idea.».