Avventure nel mondo, il volto umano del turismo

Cinquantacinque anni fa due amici, dopo un viaggio in Caucaso, fondavano Avventure nel Mondo. Come ci racconta Paolo Nugari, uno di quei due amici, nemmeno loro avrebbero mai immaginato che successo avrebbe riscosso quell’idea.

16 Luglio 2025

Questa intervista è tratta dal nuovo numero di Rivista Studio, intitolato “Gran Turismo”. Lo trovate in edicola, nelle librerie selezionate oppure, più semplicemente, sul nostro store online

L’idea nasce nel 1970, dopo un viaggio in Asia. Vittorio Kulczycki e Paolo Nugari tornano da una spedizione sul Caucaso e fondano un’associazione per offrire a chi, come loro, trovava vitale viaggiare, la possibilità di farlo insieme ad altre persone, più sicuri, ma soprattutto condividendo lo spirito di quegli anni. «Eravamo spinti dall’ansia, dalla volontà di ricerca quasi religiosa di andare a capire il mondo nel suo intimo, la realtà, le persone e la loro cultura, confondendoci con loro, sporcandoci le mani sulla strada per scoprire la loro quotidianità» racconta Paolo. Il come era insito nella frase che da subito hanno scelto come slogan: “Non turisti, ma viaggiatori”, un modo per mettere insieme la curiosità e il rispetto che si possono trovare anche nel decalogo che ogni viaggiatore deve sottoscrivere, anche oggi. Lo spirito un po’ punk e ambizioso delle origini, il desiderio di raggiungere ogni angolo del mondo, è ancora presente, ed è evidente anche dai numeri: Avventure nel Mondo ha più di 1300 itinerari distribuiti in 155 Paesi in tutti e 6 i continenti. Anche se ci sono viaggi più gettonati di altri e destinazioni di nicchia raggiungibili più di rado, sul sito sono sempre tutti disponibili. Da quel 1970 sono passati 55 anni e i viaggi di gruppo godono ancora di enorme successo. Esplorare il diverso, condividere momenti intensi con persone sconosciute, uscire dalle interazioni virtuali, tutte queste necessità hanno fatto nascere anche numerosi emuli di Avventure nel Mondo, che però rimane unico grazie anche alla sua missione: non soltanto portare persone in vacanza, ma far loro scoprire qualcosa di nuovo, anche di loro stessi.

Come funziona Avventure?
Cerchiamo di mantenere lo spirito del gruppo di amici o di sconosciuti, che si incontrano e si organizzano per fare un viaggio insieme. Ovviamente oggi c’è dietro una rete organizzativa molto estesa e scrupolosa che si occupa di tutta la parte logistica e segue il gruppo prima e durante il viaggio. A Roma con i reparti in agenzia e all’estero attraverso le figure dei nostri corrispondenti locali storici. Sostanzialmente, nella maggior parte dei viaggi, i partecipanti sono coinvolti nell’organizzazione dell’itinerario: il coordinatore, figura chiave con un’estesa esperienza di viaggio, propone un programma di base da arricchire e dettagliare in base agli interessi del gruppo e alla fattibilità delle attività. Durante il viaggio si collabora, ognuno è invitato a dare il proprio supporto, ci piace pensare ai nostri gruppi come piccole comunità in viaggio.

Qual era il concetto di viaggio che avevate in mente quando avete fondato Avventure?
L’idea era quella di riprodurre ciò che a noi era capitato un po’ per caso, un po’ per necessità. Erano gli anni ’70 e volevamo organizzare una traversata dell’Africa. Avevamo bisogno di compagni di viaggio che condividessero il nostro desiderio di scoperta, ma che avessero anche a disposizione mezzi di trasporto adatti ad attraversare le piste sconosciute del Sahara. Vittorio, il mio socio, iniziò a girare per il quartiere, lasciando degli avvisi sul parabrezza dei 4×4 parcheggiati in giro, invitando i proprietari a partecipare a questa grande avventura. Fu così che si formò uno dei nostri primi gruppi di viaggio: dei perfetti sconosciuti trasformati in compagni d’avventura. Oggi può sembrare un’assurdità, in realtà, quella ricerca fatta per strada riflette in qualche modo ciò che accade attualmente sulle nostre pagine social, quando i viaggiatori scrivono per cercare compagni che condividano lo stesso interesse per una meta.

Sono passati più di 50 anni da quei volantini. Come si è evoluto in tutto questo tempo il concetto di viaggio organizzato?
Sicuramente è evoluto dal punto di vista dei mezzi e degli strumenti a disposizione che, per certi aspetti, hanno facilitato e velocizzato la possibilità di organizzare un viaggio e di conoscere in anticipo i luoghi che si andranno a visitare. Proprio per questo, però, non me la sento di definirla un’evoluzione sotto tutti gli aspetti. Da un lato, le nuove tecnologie hanno permesso a molte più persone di scoprire il mondo e questo è un aspetto decisamente positivo. Il rovescio della medaglia è che si è perso un po’ quel senso di scoperta e di consapevolezza del viaggiare, che significa anche imprevisti, cambi programma e occasioni da cogliere al volo. Se prima l’organizzazione consisteva solo nel procurarsi i biglietti aerei, i visti e un mezzo di trasporto o un contatto in loco, adesso i viaggiatori, chiedono sempre più certezze: c’è la necessità di conoscere tutto prima, di ottimizzare i tempi e definire i dettagli.

Certamente internet e i social hanno modificato il modo di viaggiare. Che impatto hanno avuto in Avventure?
I social fanno ormai parte della nostra realtà. Ignorarlo sarebbe anacronistico. Nel viaggio i social rischiano talvolta di banalizzare o stereotipare alcuni luoghi o esperienze: la ricerca del consenso del pubblico impone contenuti impattanti in grado di suscitare l’interesse della maggioranza. E questo va decisamente contro la nostra filosofia, volta invece a una ricerca di esperienze meno popolari e più autentiche. L’estrema facilità di reperire informazioni rapidamente, inoltre, rischia di impoverire il senso critico, la curiosità che spinge all’approfondimento, e un approccio più analitico ai contesti geografici e culturali. La nostra sfida, oggi, consiste proprio in questo: “sfruttare” un mezzo di comunicazione molto potente e capillare per proporre contenuti diversificati e, talvolta, controcorrente. Raccontare realtà poco conosciute o suggerire punti di vista meno scontati. La nostra community è molto presente sui vari canali, Facebook, Instagram, YouTube: i nostri gruppi sono spesso un “luogo” interessante di scambio di opinioni, considerazioni, esperienze e consigli. 

Ma oggi le persone vogliono fare cose diverse da quelle degli anni Settanta. O no?
Il vero viaggiatore non credo sia cambiato. La ricerca dell’autenticità è rimasta una costante, anche se oggi trovare contesti intatti è sempre più difficile. C’è ormai un certo benessere che influisce nelle scelte e nella capacità di potersi documentare sulle destinazioni e questo vale anche per Avventure. Negli anni Settanta si partiva verso l’ignoto. Sapevamo ben poco dei luoghi verso cui partivamo: avevamo una mappa, qualche informazione recuperata in biblioteca e tanta voglia di scoperta. Volevamo vivere luoghi o situazioni di cui avevamo solo letto in qualche libro. Oggi quasi sempre si parte conoscendo già perfettamente i luoghi che si andrà a visitare. C’è più consapevolezza, ma sicuramente anche meno stupore. Il gap maggiore si avverte sui viaggiatori più giovani, nati nel contesto attuale, che non hanno mai conosciuto o vissuto altri modi di viaggiare. Se per la nostra generazione il traguardo era la partenza in sé, i giovani di oggi partono invece con le idee molto chiare sui luoghi che vogliono vedere e le esperienze che vogliono fare.

Ci sono città, territori, che per questa volontà emulativa sono prese d’assalto. Cosa ne pensate dell’overtourism?
È un fenomeno divenuto incontrollabile, governato da interessi contrapposti e destinato, purtroppo, a una non-azione immediata e contingente dei decisori. 

Quali sono le caratteristiche che deve avere un viaggiatore secondo voi?
Principalmente il rispetto, sia nei confronti delle diverse culture che dei compagni di viaggio. E poi, spirito di adattamento, capacità di gestirsi, responsabilità, volontà di condividere ed essenzialità. Abbiamo un decalogo che sintetizza tutti questi principi e ai nostri viaggiatori ne chiediamo l’accettazione in ogni singolo vocabolo.

Il mondo dei viaggi di gruppo è in costante ascesa. Cosa cercano i viaggiatori?
Un’esperienza di gruppo. L’attuale società, purtroppo, ha creato ritmi e modalità che hanno reso sempre più rare e complesse le occasioni di socialità e condivisione. La dimensione del viaggio di gruppo invece ci restituisce tutto questo: nel tempo e nello spazio del viaggio, ci ritroviamo seduti uno vicino all’altro, ci si raccontano le proprie vite e si condividono esperienze. È un’occasione di socialità sempre più rara.

In un certo senso si parte da soli e si torna in gruppo. Come si costruisce questo elemento?
In realtà lo spirito di gruppo nasce già prima di partire. Quando si inizia a conoscersi attraverso le chat e le mail, quando si cominciano a condividere necessità e ad assegnarsi dei ruoli. Diventa poi essenziale in viaggio: la presenza o meno di questo elemento determinerà il successo dell’esperienza. Sono gli stessi viaggiatori a raccontarcelo. Dopo il viaggio molti dei partecipanti rimangono in contatto, le chat di gruppo restano attive e nelle settimane successive al rientro, si organizzano per incontrarsi di nuovo, passare un weekend insieme e, magari, organizzare una nuova partenza in gruppo. 

Qual è il segreto di Avventure nel Mondo che la differenzia e la fa scegliere rispetto ad altre realtà?
Certamente i valori culturali e morali che risalgono alla filosofia originale di Avventure e che per noi sono intoccabili. L’etica del viaggio, il rispetto dell’altro. Cavalchiamo, ovviamente, i tempi, adattandoci alle nuove modalità di comunicare e di viaggiare. Ma non facciamo compromessi sulla filosofia che è alla base di come noi vogliamo scoprire il mondo e approcciarci al prossimo. Per questo, ancora oggi, di fronte a un viaggiatore che è palesemente lontano dalla nostra visione e dai nostri valori, ci permettiamo di dire di no e di non accettarlo nei nostri gruppi. Oggi come dicevi ci sono molte opzioni per partire in gruppo. Ma ciò che a noi interessa, è il motivo che spinge a farlo. La volontà di non partire da soli non basta: un viaggio è un percorso, un intreccio di esperienze, incontri, difficoltà, prove e imprevisti. Per viverlo e apprezzarlo nel migliore dei modi, deve esserci alla base un forte spirito di gruppo, inteso come desiderio e piacere di condividere un’esperienza. 

Quante persone sono diventate amiche o si sono fidanzate grazie ad Avventure nel Mondo?
Tantissime! Impossibile fare una stima, ma parliamo di decine di migliaia. Alcuni anni fa abbiamo chiesto ai nostri viaggiatori di raccontarci sui social le loro storie nate con Avventure e siamo rimasti stupiti di quante coppie si fossero formate durante i nostri viaggi. Alcuni hanno addirittura scelto di sposarsi nelle località in cui si erano conosciuti. 

La foto in copertina è di Susanna Ceccherini, parte dell’archivio di Avventure nel Mondo.

Meglio essere turisti o mete turistiche?

Voli low cost e affitti brevi hanno contribuito alla democratizzazione del turismo. Poi qualcosa è cambiato, viaggiare è diventato costoso, difficile, dannoso. Ma il turismo non è diminuito, anzi. Ne parliamo sul nuovo numero di Rivista Studio, "Gran Turismo", appena arrivato in edicola.

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