Attualità

Lettere bresciane

Le avventure di lady Mary Wortley Montagu (1689-1762) tra Londra, l’impero ottomano e la bassa lombarda, pubblicate da Adelphi. Una Claire Underwood settecentesca tra ambasciate e gossip erotici.

di Michele Masneri

Essere una milf inglese a Brescia nel Settecento. Sono state da poco pubblicate da Adelphi le lettere di lady Mary Wortley Montagu, col titolo Cara bambina (la raccolta, monumentale, in tre volumi, è uscita negli anni Sessanta da Oxford Press, questa è una selezione di quelle inviate alla figlia lady Bute dalla città lombarda).

Era stata una gran dama salottiera, una reporter intelligente, una donna di potere, una Claire Underwood nella Londra settecentesca – il marito, sir Edward Wortley Montagu, oltre che nipote del primo conte di Sandwich, parente di quello che inventò il panino giusto, era deputato e con l’improvvisa presa del potere del partito Whig nel 1715 stava facendo una rapida carriera al ministero del Tesoro. A Londra lady Montagu, figlia di un duca di Kingston, dopo una scuola di matrimoni per ragazze ricche del più puro Thackeray, frequentava salotti e scriveva in metrica cronache tipo Dagospia sfottendo scalate e arrembaggi sociali e letterari però con deliziosa grazia – per Lytton Strachey, molti anni dopo, «è sempre assolutamente franca, assolutamente assennata. Il suo spirito ha quella qualità che è il migliore antidoto contro la piattezza».

Fa uscire una satira, Roxana or the Drawing Room, operina a chiave sugli organigrammi e i cerchi magici alla corte del nuovo re Giorgio I Hannover, una House of Cards settecentesca.

Tra le occupazioni di lady Montagu anche risse con Alexander Pope, che prima la corteggia coltivando addirittura speranze, nonostante lo svantaggio verticale (lei è bella, aristocratica, moglie di un politico importante, lui è  un metro e trentasei), poi, rifiutato, la sputtana non cavallerescamente dicendo di lei le peggio cose. Lei ricambia con una macchina del fango a base di distici e ballate contro il massimo poeta dell’epoca, dichiarato pessimo traduttore di Orazio, oltre che nano. Lei fa uscire una satira, Roxana or the Drawing Room, operina a chiave sugli organigrammi e i cerchi magici alla corte del nuovo re Giorgio I Hannover, e tutti si divertono molto per quella House of Cards fatta da una che ne capisce (lei nel frattempo diventa anche molto amica di sir Robert Walpole, avversario politico del marito).

Poi lei si prende il vaiolo, rimane un po’ sfigurata, e il marito viene fatto ambasciatore a Costantinopoli, forse perché sta diventando troppo importante. Per arrivare alla Sublime Porta i Montagu impiegano sei mesi, passando per Vienna, Colonia, Francoforte, Norimberga, Hannover, Dresda, Praga, Budapest, Belgrado. Del suo interrail lady Montagu scriverà poi materiali formidabili, come dal suo soggiorno a Costantinopoli (saranno le Turkish Embassy Letters, pubblicate postume nel 1763, che inaugurano la letteratura esotica e le manie orientali): dove fa subito amicizia con tutti, entra subito nei salotti giusti, ma soprattutto scopre che nel Califfato pre-Isis hanno già da tempo introdotto la vaccinazione contro il vaiolo. Lei porta subito la novità a Londra, per superare resistenze e sgomenti (l’idea di inoculare una parte anche piccolissima del malanno appare assurda e diabolica) con talento mediatico fa vaccinare il figlio (Edward Montagu, una specie di Trota, continuamente bocciato a scuola, ha le mani bucate, alla fine lo faranno eleggere al parlamento perché i deputati non possono essere arrestati per debiti). Si fa anche appoggiare dalla principessa del Galles come testimonial, e diventa un’eroina della medicina internazionale, a Milano il Parini le dedica un’Ode (L’innesto del Vaiuolo, con questo verso: «O Montegù, qual peregrina nave…»).

Nel frattempo i figli sono grandi e van via di casa, e lei come una milf qualunque di Roma Nord si innamora di un toy boy trentenne esagitato; lui è Francesco Algarotti, il cigno di Padova, come lo chiamava Voltaire. Ha scritto un bestseller, il Newtonianesimo per le dame, è assai ricercato in società, le dimostra amicizia, è gayssimo, ma lei obnubilata non capisce, molla il marito e lo segue mentre lui gioioso marchettone pre-Schengen e pre-Capote scorrazza da una corte all’altra in Europa con un social climbing frenetico che lo porta fino a Federico di Prussia, poi Federico il Grande, che gli vuole molto bene e lo fa subito Conte, mentre lady Montagu proprio non vuole capire (o forse sì, in una delle numerose lettere in un momento di lucidità gli scrive Io sono il tuo Don Chisciotte e tu la mia Dulcinea).

Poi si arrende, ma a quel punto la sindrome toy boy è inoculata, dunque a Venezia si imbatte in un maschio alfa bresciano, il trentenne conte Ugolino Palazzi, nobiltà di campagna pochissimo liquida, che praticamente la sequestra nel palazzotto pericolante di famiglia a Brescia, sotto le cure della contessa madre Giulia. Lì parte tutto un siparietto che pare l’Harold Pinter di Ritorno a casa, che durerà una decina d’anni (evidentemente lady Montagu non si trova male): sparizioni dei di lei gioielli, che poi si scoprono impegnati per pagar ipoteche e debiti di gioco del conte Ugolino e dei fratelli; furti con destrezza ed estorsioni delle più bieche, ricatti morali, anche una condanna da parte della polizia della Serenissima per i conti che rubano e rapinano il contado; poi non contenta lady Montagu compra dai Palazzi anche un villozzo a Gottolengo, nella bassa bresciana, di cui però è contentissima (o almeno così scrive alla figlia, la “cara bambina”): ristruttura e ripristina la dimora, ne compra un’altra ancora, sulle rive del fiume Oglio, dove gioca molto a whist con dei vecchi preti del posto, si stupisce di certi usi rustici bresciani (ospiti non invitati che arrivano lì in cinquanta, e si fermano tre giorni), tira fuori un pragmatismo molto inglese («ho duecento polli e in due anni dovrebbero raddoppiare, così come il capitale investito»), organizza spettacolini di carnevale in un teatrino messo su a palazzo; trova, come tutti, sempre, gli italiani eccellenti attori. Scrive tante lettere affettuose alla figlia che non si era mai filata. Diventa affettuosa nonnina di campagna, sempre informandosi per lettera però di chi scopa con chi e chi divorzia da chi a Corte, e solo incidentalmente dei nipoti. Si lamenta delle poste italiane. Poi torna a Londra, ma giusto in tempo per morire, nel 1762

 

Nell’immagine in evidenza, dipinto di William Powell Frith che ritrae Alexander Pope mentre dichiara il suo amore a lady Montagu, e la sua reazione esilarata (dettaglio). Nel testo, un bagno turco dipinto da J.A.D. Ingres, ispirato dalle lettere della scrittrice.