Attualità

Il ventennio padano

Il 15 settembre 1996 Umberto Bossi proclamava l'indipendenza della Padania. Di cosa parlavano i giornali di vent'anni fa, oltre alle ampolle e al "dio Po"?

di Redazione

«Il 15 settembre prenderà forma la spina dorsale della nazione padana». 2 giugno 1996, festa della Repubblica italiana, Umberto Bossi raduna la sua gente a Pontida per annunciare il compimento del progetto a cui lavora da anni: l’indipendenza della Padania. La prima Festa dei popoli padani, come l’hanno ribattezzata i grand commis del Carroccio, avveniva esattamente vent’anni fa, e come il dibattito politico italiano insegna, dopo vent’anni è tempo di bilanci, giudizi, metabolizzazioni. È la festa della mitica raccolta dell’ampolla d’acqua sacra del dio Po, quella del “Senatur” de «il tricolore lo metta al cesso, signora», primo atto di una retorica che gli garantirà una condanna per vilipendio del Tribunale di Cantù. Che cosa dicevano i giornali del nascente, indipendentismo padano, delle ampolle, dei 120 mila partecipanti, del clima di novità da guardare con sospetto o con partecipazione? Abbiamo raccolto alcuni interventi dei quotidiani italiani risalenti al 15 settembre 1996.

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Parla già da padano, «italiani fuori dalle scatole, i padani comandano a casa loro!». Minaccia. Insulta. Provoca. Come un vecchio leninista è il solito Bossi da due passi avanti e uno indietro. I giornalisti, più che maltrattati al mattino, alla sera si prendono un buffetto: «Sapete, a volte li “legno” in maniera didattica. Lo faccio per darvi soddisfazione, purché resti nel campo puramente verbale. Sono imbroglioni, ma a volte sbagliano perché non capiscono neppure loro. Non dovete pensare che sono proprio imbroglioni patentati».

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Nei tre comizi del secondo giorno Bossi si è come trattenuto, si è ripetuto, a flash ha ripassato alla moviola i comizi di tutta l’estate con gli attacchi a «De Petrus» e il rischio di congelamento del debito pubblico come ai tempi di Mussolini, «quello che nei circoli finanziari americani chiamano “l’Inculation”». Con l’aggiunta delle citazioni dedicate «ai giornalisti, intellettuali da strapazzo, mentecatti, la cosa più assurda che c’è, figli di un mondo virtuale, gentaglia di regime, banalizzatori della politica, imbroglioni che dalle tv entrano di soppiatto nelle nostre case, servi del porco romano!». A sentire Bossi quella appena passata è stata l’ultima notte italiana. Da oggi questa sarà Padania «perché il sistema romano non può fare più nulla, non può fare le riforme e non può nemmeno mandare i carabinieri». Al comizio di Borgoforte l’ultima citazione è stata dall’Elogio della follia. L’ultima parola da Mike Bongiorno: «Allegria!». Allegria padana lungo il Po e fino a Venezia. (La Stampa)

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Il primo tratto di battello lo fa in macchina. Perché da Pavia a Cremona il fondale è basso. Diventa pericoloso. Anche per chi crede nel dio Po. Ma subito dopo Bossi si consola: prende il catamarano e non lo molla più. Sbarca dove sono le feste leghiste, si fa accogliere come un condottiero, parla per ore, stringe le bandiere, risale sul battello. Senza tregua. Giura di essere “innamorato del bagno nel Po”, forse è innamorato del bagno di folla. […] Una falsa partenza. Provvidenziale. Perché sotto il Ponte della Becca, per il saluto al capo, ci sono solo 10 persone (dieci contate). A cominciare da Gino Parolo, 70 anni, pensionato. Un protomartire della secessione: «Arrivo dalla Valtellina. Sono venuto con il camper, ho dormito qui la notte… Ma lui se ne va in macchina. Meglio così. Se affondava era un casino, dovevamo restare italiani tutta la vita». (Venanzio Postiglione sul Corriere della Sera)

 

«”E allora ditemi, in questi anni quando avrei sbagliato?”. In fondo alla notte padana, a cena sotto il tendone alpino montato sul Lungo Po di Moncalieri, Umberto Bossi proclama davanti a una pizza il dogma della propria infallibilità. […] Proviamo anche noi a sgomberare i tavoli della discussione dai piatti folcloristici offerti al gusto kitsch dei media, l’ ampolla e la preghiera della montagna, il Po “drago fatato”, le fiaccolate, i fuochi da festa paesana e l’ altra paccottiglia, e cerchiamo di rispondere alla fatidica domanda: in questi anni, quando ha sbagliato il “pazzo” Bossi? Forse mai. Ha avuto quasi sempre ragione, solo e contro tutti. Quando ha fondato il suo movimento con la spada del federalismo, sepolta dalla storia. Quando ha profetizzato la fine dei partiti, prima di Tangentopoli, e poi il successo di Forza Italia, al di là dell’ immaginazione dello stesso Berlusconi, fottuto due volte, con l’ accordo elettorale e con il ribaltone. Quando ha scaricato destra e sinistra e si è presentato solo al voto del 21 aprile, che doveva essere la fine della Lega ed è stata la rivincita. Ogni volta usando chi voleva usare lui e la Lega, da Segni a Berlusconi, da Scalfaro alle sinistre, ai magistrati, agli industriali, ai media. Fino allo spettacolare colpo di genio dell’ Independence Day». (Curzio Maltese su Repubblica)

 

«Cosa vuole, sarà perché ho fatto il soldato italiano, ma io mi sento un uomo mediterraneo, anche se vengo dalle valli alte che fra poco le farò vedere». «Tra un siciliano e un lombardo non trovo differenze di qualità e di difetti. Ho sempre rifiutato di considerarci i prussiani d’Italia e ho rifiutato sempre anche il tic di certi uomini d’ affari che negli Usa a chi glielo chiede rispondono: “Sì sono italiano, ma del Nord”. […] «Ho un’ età per cui ho vissuto questi giochi nell’epoca fascista, li trovo soprattutto di dubbio gusto. Quanto alla secessione, non la trovo verosimile, però non so davvero immaginarmi quale Europa avremo fra venti o trenta anni». (Gianni Agnelli parla a Gad Lerner, su La Stampa)

Head of Italy's Northern League party, U

«Non è possibile tacere oggi che costoro si preparano, si agitano, si organizzano per trasformarsi in un movimento eversivo che si propone lo scopo, anziché di fare gli italiani, di disfare l’Italia». «Disfarla come? C’ è qualcuno che l’ha capito? Eppure domenica sera sarà dichiarata l’indipendenza della Padania. Ma che cosa è la Padania? Nessuno ce l’ha ancora spiegato bene. Non ce lo hanno ancora spiegato bene, perché non lo sanno neppure loro. […] «Sono atterrito dalla povertà degli argomenti di questi personaggi e dalla volgarità del loro linguaggio, dall’odioso razzismo che è stato camuffato con il nobile scopo dell’ indipendenza nazionale». (Norberto Bobbio su La Stampa)

 

«Un gioco ridicolo. Sostenuto artificialmente da un battage enorme». Romano Prodi ha commentato così la tre giorni di Bossi sul Po durante l’inaugurazione di una scuola a Bologna. «È preoccupante che un evento poco sentito venga esaltato in questo modo». Insomma, tutta colpa dei mass media. Poi Prodi ha indicato un maialino affacciato sul Po disegnato su un atlante a fumetti. E ha detto: «Senza allusioni a quel che succederà domani». (Corriere della Sera, pagina 3)

 

Ripartire dal Nord senza Bossi. Ecco il nuovo slogan berlusconiano lanciato ieri, non a caso da Verona, proprio mentre Bossi discende il Po verso Venezia, verso la proclamazione dell’ indipendenza padana. E ripartire insieme ai leghisti, all’ elettorato leghista ma anche ai dirigenti della Lega. Spiega Berlusconi: «Che cosa succederà lunedì? Niente. Nemmeno Bossi saprà dove andare e cosa fare. E allora il nostro compito è convincere chi ha votato la Lega che Bossi e la secessione sono una follia senza sbocco» (Vittorio Testa su Repubblica)