Attualità

Le 7 migliori copertine di 7 del 2017  

Sono assurde, surreali, involontariamente comiche. Abbiamo scelto e commentato le nostre cover preferite dell'inserto settimanale del Corriere della Sera.

di Arnaldo Greco

Ogni settimana qualcuno ci mostra copertine di riviste americane e ci invita in qualche modo a invidiarle. E, per carità, sono invidiabili, ci mancherebbe altro, sono splendide. Però poi per certi diventa un alibi e in un attimo, con la scusa di invidiare chi sa fare una cosa per bene, si diventa come quelli che saprebbero mettere in campo la Juventus meglio di Allegri. (Solo che dire «gli italiani sono tutti allenatori di calcio» fa sorridere, dire che sono tutti esperti di palinsesti televisivi o corrosivi corsivisti un po’ meno, perché c’è il rischio che si stia parlando di me).

Poi qualcuno, per fortuna, le cose le deve fare comunque, quantomeno per dare un argomento di cui parlare agli altri. Certo, Oscar Wilde non immaginava quanto quella cosa del parlatene male, purché ne parliate sarebbe diventato il motto del millennio, dai profili social alle prime pagine dei quotidiani più attention whore, altrimenti avrebbe tenuto un profilo più basso, resta il fatto che quest’anno nel mondo delle copertine italiane è successa una cosa molto importante: le copertine di 7. Qualcuno le trova assurde, per altri – ormai si dice di tutto – “hanno fatto il giro” e sono fantastiche. Qui abbiamo provato a segnalare le migliori 7.

 

Senza titolo

Per dare il giusto peso a questo titolo bisogna cantarselo in mente con la melodia di Albano e Romina: “algoritmo, algoritmo canaglia, che ti prende solo quando non vuoi”. Infatti il complotto è questo: gli algoritmi ci hanno catturati e governano il mondo. Ma forse siamo stati fortunati… questo numero di 7 può salvarci. Può essere il nostro momento pillola rossa o pillola blu (ecco spiegata la grafica col codice alla Matrix), siamo come Neo-Keanu Reeves davanti a un bivio: pillola rossa, togliamo 7 dal cellophane lo sfogliamo e impariamo a proteggerci, pillola blu torniamo alla nostra vita di prima, a guardare le gallery del Corriere da 117 foto coi calciatori ingrassati cioè a farci governare dagli algoritmi.

 

Senza titolo

Sarebbe facile rispondere: con queste copertine qui probabilmente nessuno. E però chissà, magari nel 2027 i media mainstream saranno stati davvero demoliti dall’ironia gratuita acchiappalike (non sono l’unico che ha in bacheca gente che passa la vita alla ricerca delle maiuscole sbagliate dei quotidiani, vero?) e non ci saranno più status ficcanti di corsivisti falliti contro corsivisti di successo. 7 crede che non succederà. Peccato solo la luce che si vede in fondo al tunnel di carta della copertina sembra una luce abbagliante più bianca del bianco come quella delle esperienze di premorte.

 

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Con la copertina di sinistra, 7 ha inaugurato una serie di copertine con le grandi domande che si pone l’umanità. Chi siamo, dove andiamo, perché viviamo, perché si diventa juventini. Ma è quella di destra a meritare un posto in classifica. Mad Magazine pubblica, di tanto in tanto, una serie di vignette dal titolo risposte sferzanti a domande cretine e chissà che questa non sia una domanda di quel tipo. Per non scontentare comunque nessuno potremmo, intanto, semplicemente rispondere che dipende dall’uomo. Qualche volta perfino dal cane. Il fatto invece che l’animale indossi un cappotto di cammello ci dice quantomeno che il cammello conta meno sia dell’uomo che del cane.

 

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La Brexit era già scritta in Mr. Bean, come abbiamo fatto a non pensarci prima. Ma, per una volta, alle domande retoriche di 7, che cos’è un inglese? E un francese? E uno spagnolo? Etc. etc… possiamo rispondere con un’altra domanda, meno retorica: ci sono un francese, un tedesco, uno spagnolo e un italiano, chi, nel 2017, assocerebbe l’Inghilterra a Mr. Bean? Ecco. Il dubbio che, comunque, sia una copertina del 2003 andata in stampa per uno sciopero è ribadito dalla presenza della gallina, chiara allusione nel 2003 all’influenza aviaria, oggi inspiegabile.

 

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Queste vanno affiancate perché il tema degli hater è così sentito da doverne fare due di copertine a breve distanza di tempo. Però il giallo dell’allarme, del numero di fine aprile, ad agosto è ormai il rosso del pericolo. L’orsacchiotto, il transfert che doveva farci intenerire, è scomparso. È rimasta solo una persona orrenda, dall’età imprecisata, coi capelli unti e il riporto, le unghie lunghe (scomode per lo smartphone?), una camicia imbarazzante, il triplo mento, i denti aguzzi, che come vuole l’epica greca è brutto fuori perché è brutto dentro. Tanto che resta il dubbio che al disegnatore abbiano detto “brutto” digitale con due “B” e lui abbia esaudito questa richiesta.

 

Senza titolo

“Ci dispiace per Roma”, ma giusto “un po’” attenua il titolo, per il resto Roma, dunque, se lo merita. Quel “davvero” tra parentesi poteva essere espresso anche con una faccina e chissà che presto non vedremo anche un emoticon nel titolo in prima… lasciateci sognare. 7 si sente parte di questa guida e infatti si geolocalizza nella O di MILANO, chiara allusione alla circonvallazione interna. Ho letto di qualcuno che minaccia di lasciare la propria città dopo questa copertina, peccato solo che a differenza di quanto sarebbe immaginabile siano milanesi e non romani.

 

Senza titolo

Il piccolo guarda verso i suoi genitori con sguardo supplichevole e pare domandare: “va bene così? Possiamo andarcene adesso?”. Tutto è azzurro perché l’azzurro è il colore dei maschietti. I due anelli lì in alto ci fanno capire che siamo in una palestra, ma richiamano con la loro rotondità gli attributi che il macho non ha più. Il bambino è chiaramente selezionato tra i suprematisti bianchi e, difatti, possiede forza fisica e ciuffo alla Donald Trump. Macho trasformato in sigla come nelle barzellette di venti anni fa ci dà l’ennesima conferma che Berlusconi sta tornando forte.

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Mio nonno è stato abbonato per vent’anni all’Espresso e a Panorama. Non buttava i vecchi numeri, ma li conservava nel suo salotto/studio di casa. Li teneva ovunque perché erano tantissimi. C’erano riviste nelle librerie, in pile di fianco alla scrivania e perfino sotto i cuscini dei divani. Quello era il posto più assurdo di tutti. Avevo meno di dieci anni, ma non ho mai più visto conservare riviste così. Capitava di sedersi su divani o poltrone, molto di rado perché come in tutte le case di anziani il salotto non si usava mai, e il cuscino perdeva in morbidezza perché poggiava su decine di riviste. Se alzavo i cuscini, di nascosto perché la nonna non voleva, sostenendo che così si disordinava, emergevano decine di donne nude. Erano gli anni, infatti, in cui Espresso e Panorama gareggiavano in tiratura e donne nude in copertina. Con gli occhi di oggi mi pare una cosa assurda, ma se la facevano presumo funzionasse. Quando poi mio nonno è morto, l’Espresso e Panorama hanno continuato a mandargli i numeri per anni anche se lui aveva smesso di pagare… quando hanno smesso di farlo mia nonna avrebbe fatto un altro funerale.