Attualità

La Londra di Sadiq Khan

Musulmano, femminista, pro-business e a favore dei matrimoni gay: chi è il politico laburista che si appresta a governare la capitale inglese.

di Anna Momigliano

Quando un giornalista dello Spectator gli ha domandato cosa pensasse della City, dei molti ricchi e straricchi che si trasferivano nella capitale britannica attratti dal suo regime fiscale, Sadiq Khan ha risposto ben vengano, portano benessere e posti di lavoro: «Mi fa piacere che a Londra ci siano più di 140 miliardari e più di 400 mila milionari, è una bella cosa». Pochi mesi prima, insieme ad altri 35 parlamentari laburisti, Khan aveva dato la sua nomination a Jeremy Corbyn per le elezioni del nuovo segretario del partito; lo stesso Corbyn che ha accusato i «super ricchi» di avere «imbrogliato il Paese» e di «pensare che le regole non si applicano a loro».

Figlio di immigrati pachistani, ex avvocato classe 1970, Sadiq Kahn è da venerdì 6 maggio il sindaco di Londra: ha battuto al primo turno delle elezioni il conservatore Zac Goldsmith. La sua popolarità, sostengono alcuni, si deve al pragmatismo, al savoir-faire, a una discreta presenza mediatica, ma anche al suo essere riuscito a restare fuori dall’ondata di polemiche che sta travolgendo la sinistra inglese: né New Labour né un radicale à la Corbyn, Khan ha saputo posizionarsi come candidato inequivocabilmente di sinistra ma al contempo pro-business e affidabile. Negli ultimi mesi ha consolidato il suo coefficiente di credibilità personale, riuscendo a prendere le distanze dal segretario laburista senza mai rinnegarlo apertamente: «Non sono il rappresentante di Corbyn a Londra e su molte cose non siamo d’accordo, ma l’ho nominato e non me ne pento».

Labour Announce Their Candidate To Run For London Mayor In 2016

Certo la sua storia personale, fatta di identità sovrapposte e di un’emancipazione tramite studi e lavoro che fa molto etica protestante, ha contribuito a creare un’immagine da cittadino del terzo millennio, e forse Khan piace anche per questo. Cresciuto con sette fratelli e sorelle in una casa popolare della capitale, figlio di un conducente d’autobus e di una sarta, ha lavorato come newspaper boy per mantenersi gli studi. Si racconta che abbia scelto di iscriversi a Legge perché gli piaceva il telefilm Avvocati a Los Angeles e tutt’ora non nasconde i suoi gusti nazional-popolari: in una recente intervista ha detto di guardare EastEnders, la soap-opera della Bbc. Dopo avere esercitato come avvocato specializzato in diritti umani, è entrato in politica nel 2003 ed è stato eletto in Parlamento tra le file laburiste nel 2005, cioè negli ultimi anni dell’era Blair.

Sotto Gordon Brown ha ricoperto le cariche di ministro dei Trasporti e di ministro per i Rapporti con le autorità locali, diventando così il secondo ministro musulmano nella storia del governo britannico (il primo fu Shahid Malik nel 2007). Nel 2010, quando si è scatenata nel partito la lotta (letteralmente) fratricida tra i due Miliband, Khan si schierò con Ed, quello più a sinistra, diventandone il responsabile della campagna: Ed fu eletto segretario, dichiarò «morto» il New Labour, e poi perse le elezioni.

Con la sua comunità d’origine e la sua fede islamica Khan ha un rapporto complesso e ricco di sfumature. Si dichiara orgogliosamente musulmano ma anche femminista («per forza, ho due figlie») e aperto sostenitore dei matrimoni gay, tanto che quando ha votato a favore della loro legalizzazione nel 2013 ha ricevuto una fatwa da un imam di Bradford: a differenza di quella di Salman Rushdie, si trattava di una semplice scomunica, non di una condanna a morte, ma la polizia ritenne opportuno dargli per un periodo la scorta. Qualcuno sulla stampa conservatrice ha rispolverato la storia di un ex cognato che fu estremista islamico: sua sorella Farhat Kahn è stata sposata con tale Makbool Javaid, un avvocato che negli anni Novanta ha preso parte a comizi sul ritorno di uno Stato islamico (in tempi decisamente pre-Isis, peraltro) e che oggi sembra avere cambiato strada. Il politico si è dissociato e la questione è finita lì. Annunciando la sua candidatura lo scorso anno, Khan aveva dichiarato che eleggere un sindaco islamico avrebbe mandato «un messaggio agli hater»: i suoi oppositori lo accusarono di “giocare la carta musulmana”, cioè di volersi fare passare per un simbolo della lotta al razzismo e all’intolleranza, ma per «hater» lui intendeva i terroristi dell’Isis, non gli inglesi xenofobi.

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Restando sul tema razzismo, mentre in questi mesi la leadership del Labour è alle prese con accuse di antisemitismo, Khan si è distinto per avere sposato la linea dura, chiedendo l’espulsione dell’ex sindaco Ken Livingstone, che ha da poco rilasciato un’intervista in cui sosteneva che Hitler fosse un sionista. Le dichiarazioni hanno messo il candidato in difficoltà. Finora infatti Khan si era destreggiato in un complesso esercizio di equilibrismo, facendo del suo meglio per distanziarsi dall’ala più radicale del partito rappresentata da Corbyn e Livingstone senza per questo mai apparire in guerra aperta con essa.

L’infelice uscita dell’ex sindaco però lo ha costretto a prendere una posizione più netta di quanto non avrebbe voluto, con il rischio di perdere voti a sinistra, visto che in certi ambienti londinesi “red Ken” è ancora molto amato: finora Londra ha avuto soltanto due sindaci eletti, Livingstone e l’uscente Boris Johnson, infatti la carica è stata introdotta con la riforma del 2000. Un paio di settimane fa era trapelata sulla stampa britannica una lista per uso interno dei fedelissimi di Corbyn che elencava i vari parlamentari laburisti dal più fedele al meno fedele: Khan figurava tra i sei maggiormente ostili, ma in pubblico il deputato ha sempre evitato lo scontro.

Dichiaratamente pro-Unione europea, Khan si era detto disposto a lavorare insieme al premier conservatore David Cameron contro la Brexit, ma si era anche scontrato con i Tory sull’immigrazione. In campagna elettorale ha spesso ribadito di volere perseguire una linea pro-business, citando però anche come «priorità assoluta» una politica di affitti dal costo sostenibile per i meno abbienti. È un social-democratico, ma prende Uber. Nella grande babilonia capitalista, dove è nato e cresciuto povero per poi avvicinarsi a una delle cariche più potenti, Khan vede infinite possibilità ma anche grandi ingiustizie da sanare. Dovunque vada, sembra ripetere lo stesso messaggio che ha fatto passare quando ha vinto la nomination del partito: «Devo tutto a Londra, voglio che Londra continui ad offrire agli altri ciò che ha offerto a me».

 

(Questo articolo è stato modificato in data 7 maggio in seguito alla vittoria elettorale di Khan)

 

Nelle immagini: Khan alla convention autunnale del Labour e in campagna elettorale (Getty Images)