«Ci sono stilisti che sono degli artisti. Alexander McQueen, per esempio. Credo che anche Riccardo Tisci da Givenchy lo sia in qualche modo. Miuccia Prada, che amo molto. Quanto a me, penso di essere troppo cinico per essere un vero artista». Così Tom Ford parla di se stesso in una lunga e faticosa intervista con l’Hollywood Reporter che risale allo scorso settembre, quando il designer-regista aveva appena presentato il suo secondo film, Animali notturni, alla Mostra del Cinema di Venezia. Solo qualche giorno dopo, avrebbe spuntato sul calendario un altro evento non da poco: quello della sua prima collezione (sia uomo che donna) immediatamente acquistabile, presentata questa volta durante la settimana della moda di New York. Dopo Burberry e Tommy, Ford è stato infatti uno dei primi ad abbracciare il modello “see now-buy now”. Come già era successo per A Single Man, il primo film da lui diretto nel 2009 che è valso la candidatura all’Oscar del protagonista Colin Firth, anche questa volta la fatica di Ford è stata ben accolta dalla critica, tanto da aggiudicarsi il Gran premio della giuria a Venezia ed essere in lizza per i prossimi Oscar. Ora che il film arriva finalmente nelle sale italiane, è l’occasione per fare il punto su uno degli stilisti più influenti della sua generazione, che ha dimostrato di padroneggiare più linguaggi, oltre a quello della moda.
Classe 1961, texano di Austin, Ford racconta di aver avuto un’infanzia complicata, anche a causa dei genitori iperprotettivi che gli hanno inculcato una certa sfiducia nei confronti del mondo esterno. «Se da bambino qualcuno ti dice “quando attraversi la strada puoi rischiare di morire”, finisce che ti matura dentro una sorta di paura perenne», confessa, lui che non ama né il rito delle interviste né tantomeno farsi fotografare. Eppure non si direbbe, almeno a guardarlo sul tappeto rosso della laguna, dove appare bellissimo e affettato come un James Bond in pubblica uscita, gli zigomi famosi giusto un po’ ritoccati, al fianco di Amy Adams, una delle protagoniste di Animali notturni assieme a Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Isla Fisher e Aaron-Taylor Johnson. D’altronde, se il titolo onorifico di designer-star è stato creato per qualcuno negli anni Novanta, quello era lui, l’autore del (primo) miracolo Gucci, quello degli abiti sexy e spregiudicati che ci hanno accompagnato alle soglie del nuovo millennio, il laureato (in architettura) che da Parigi si trasferisce a Milano nel 1990 per seguire il compagno, il giornalista di Women’s Wear Daily Richard Buckley.
Con l’arrivo dell’adolescenza, le cose migliorano per l’inquieto Tom che, all’improvviso, scopre di essere, appunto, bellissimo: ma anche se le ragazze, e persino qualche insegnante, iniziano a innamorarsi di lui, il suo rapporto con il mondo non cambia, quella sua inquietudine (ereditaria, dice) rimane. Continua a odiare gli sport, le etichette (quella di omosessuale, per esempio, ancora oggi non gli piace troppo), prova a immaginarsi come “movie star” ma scopre anche che odia essere ritratto: si trasferisce allora a New York, dove si iscrive alla Parsons e studia storia dell’arte alla New York University. Conosce Andy Warhol ed entra in contatto con l’ambiente dello Studio 54, da cui rimane affascinato. Durante l’ultimo anno alla Parsons passa un semestre a Parigi, dove ottiene uno stage da Chloé, mentre l’interesse per la moda va accentuandosi. Si laurea nel 1986 e colleziona esperienze significative prima da Cathy Hardwick e poi da Perry Ellis, dove lavora al fianco di Marc Jacobs.
Quando parla della moda oggi, Tom Ford ne parla sempre al passato, come a ricordarci che non gli interessa più dire qualcosa in quel campo
Primo miracolo Gucci, dicevamo. Se Alessandro Michele e il Ceo Marco Bizzarri sono considerati all’unanimità un caso di successo nel confuso panorama odierno, la stessa congiunzione di astri si era già verificata nel 1994, quando Tom Ford ottiene il ruolo di direttore creativo e, insieme a Domenico De Sole, trasforma Gucci nella nuova ossessione collettiva. Bisogna specificare che il marchio, conosciuto perlopiù per la pelletteria, attraversava un momento per niente facile: oltre a complicate faccende finanziarie, risale al 1995, infatti, la brutta storia dell’omicidio di Maurizio Gucci. Anche quella volta, però, il punto di svolta è una collezione che sa lasciare il segno – quella per l’autunno/inverno 1995 – e costruire un’immagine forte e riconoscibile, sexy per davvero, sulla quale si rimodellano tanto le celebrity, da Madonna a Gwyneth Paltrow, quanto le ragazze della porta accanto. La Bamboo Bag e i sandali stiletto dell’era Ford sono ancora dei pezzi ambitissimi e si annoverano di certo fra i best-seller del marchio. Ma Tom Ford era anche qualcosa di più, e in questo ha saputo anticipare i tempi del designer che è direttore creativo e manager allo stesso tempo: dopo il passaggio a Kering (all’epoca PPR), infatti, consolida insieme a De Sole il Gucci Group, acquisendo, fra il 2000 e il 2001, marchi come Yves Saint Laurent, Boucheron, Sergio Rossi e Balenciaga nonché percentuali in Alexander McQueen e Stella McCartney. È un momento in cui Tom Ford ha tutto, può tutto, è tutto. E come spesso succede nella moda, quel momento svanisce dalla sera alla mattina.
Eppure Tom Ford è lucido, è attento al prodotto, è cinico: gli piace disegnare vestiti con il piglio pratico di chi guarda alle necessità del cliente e non alla stampa o agli editoriali. Sono suoi tutti gli abiti del James Bond di Daniel Craig, per esempio, che è poi il James Bond più cupo e muscolare di tutta la storia del personaggio creato da Ian Fleming. E se c’è qualcosa che ancora lo eccita, però, qualcosa che tiene a freno quella spinta distruttiva che neanche la sua nuova famiglia è riuscita a colmare del tutto, quella cosa è proprio il cinema. «Combattere contro queste cose [la depressione e l’alcolismo] è una grande costante della mia vita. Ho una vita familiare meravigliosa. È sotto controllo, ora. Non bevo, sono piuttosto a posto (…) Faccio sport, gioco a tennis ogni giorno, tutte quelle piccole cose», dice ancora, però non smette di pensare alla morte tutti i giorni. E allora nel 2009 non si tira più indietro e si autofinanzia il progetto di A Single Man, ispirato al romanzo di Christopher Isherwood Un uomo solo (Adelphi). Colin Firth è candidato all’Oscar, lo abbiamo già ricordato, e vincerà un Bafta per quel ruolo.
In testata: Tom Ford alla premiere di Animali notturni al London Film Festival; nel testo: Tom Ford e Amy Adams alla Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2016. (John Phillips, Andreas Rentz/Getty Images).