Attualità

Dalla parte di Belen

Si è beccata una tirata d'orecchie per aver comperato del latte in polvere. E ha dimostrato che le mamme son donne, non bambine.

di Anna Momigliano

C’è un episodio dei Simpson in cui Sprigfield viene invasa dagli hipster, emigrati in massa da Portland. Marge e Maggie finiscono per sbaglio in una riunione di mammine cool che allattano i loro neonati, conversando amabilmente con le tette al vento. Oggetto della discussione: i benefici del latte naturale. Quando la invitano a unirsi al loro “cerchio dell’allattamento”, Marge si sente parecchio imbarazzata, perché lei – che non è di Portland e men che meno cool – alla sua bimba dà il latte artificiale. Ma, visto che insistono parecchio, si porta Maggie al seno e, coprendosi con un panno, finge di allattarla, mentre in realtà le sta dando la tettarella. Quando, orrore!, il biberon le cade di mano, le uber genitrici insorgono: «Come puoi iniettare nel corpo di tua figlia un cocktail delle multinazionali?». La scena si conclude con un piccolo esercito di hipster mom che marcia a seno nudo verso Maggie («se non ti vuole nutrire tua madre, lo faremo noi»), e Marge che difende la sua piccola brandendo il biberon a mo’ di macete: «Non vi lascerò toccare la mia bambina, nazistoidi del capezzolo».

Secondo me Marge Simpson è un’eroina.

E adesso vorrei parlarvi di Belen.

La sua colpa? Essere stata fotografata da Chi mentre acquistava in farmacia qualche prodotto per il suo pupo, inclusi – orrore! – un biberon e latte per neonati. Latte, mica metadone.

La signora Rodriguez, recentemente passata dallo status di “più bella del reame” a quello di “mamma più criticata d’Italia”, è stata oggetto di critiche da parte di un’associazione dei pediatri. La sua colpa? Essere stata fotografata da Chi mentre acquistava in farmacia qualche prodotto per il suo pupo, Santiago, nato lo scorso aprile dalla relazione con l’attuale compagno, nonché futuro maritoStefano De Martino. Tra i prodotti acquistati – orrore! – un biberon e – orrore ancora più grande! – un barattolo di latte per neonati. (Nota: latte, mica metadone).

La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) ha rilasciato una dichiarazione piuttosto piccata, dove si denuncia l’«intollerabile pubblicità occulta, vietata per legge, con chiari intenti commerciali verso modalità non naturali di nutrizione». Infatti: «Noi pediatri della SIPPS intendiamo denunciare ogni pubblicità occulta di latte artificiale, biberon e tettarelle soprattutto quando sfrutta immagini di personaggi di grande visibilità mediatica per dare messaggi gravemente fuorvianti come l’utilizzo di latte artificiale a discapito del latte materno», ha affermato il presidente dell’associazione Giuseppe Di Mauro.

Alla bacchettata, che tra l’altro le è valsa un Tapiro d’oro (il terzo della sua carriera, credo), Belen ha risposto serafica: «Ognuno cresce i figli come meglio gli pare». Il che, ai miei occhi, fa di lei un’eroina quasi quanto la Marge Simspon della puntata sulle uber mammine.

A sostegno della loro collera, i Pediatri Indignati citano un decreto ministeriale del 9 aprile 2009 che vieta la pubblicità di latti artificiali, in base alle direttive europee sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno. Loro, formalmente, non rimproverano alla signora Rodriguez di dare la tettarella al figlio (fatti suoi), bensì di avere fatto della «pubblicità occulta» al latte artificiale, cosa peraltro illegale. Ora, io non ho prove per dimostrare che Belen non abbia alcun accordo segreto con le Cattive Multinazionali che producono alimenti per neonati. Mi chiedo, in compenso, se i Pediatri Indignati abbiano qualche elemento per provare che un accordo segreto ci sia. E, se ben ricordo, in mancanza di prove vale la presunzione d’innocenza.

Il messaggio che è passato è: Belen dovrebbe vergognarsi. Sono cose da fare con un po’ di discrezione, che sennò si rischia di dare il cattivo esempio (stiamo sempre parlando di latte, non di metadone)

Il sottotesto, però, è un altro. Il messaggio che è passato è che Belen dovrebbe vergognarsi. Che se dai a tuo figlio latte artificiale non sei una brava madre – e poco importa che sia una sostituzione totale a quello materno o una semplice “aggiunta”, che sia per scelta o per necessità. Anzi, a dirla tutta, il fatto che una donna possa non allattare per scelta, di questi tempi, non è neppure preso in considerazione. La stessa Belen, del resto, ha sentito il dovere di giustificarsi davanti al microfoni di Striscia la Notizia: «il bambino ha fame e non dorme». Morale della favola? Il latte in polvere è qualcosa di cui ci si deve vergognare. È concepibile utilizzarlo solo in gravi casi di necessità. E, anche in questi casi, sono cose da fare con un po’ di discrezione, che sennò si rischia di dare il cattivo esempio (Nota: stiamo sempre parlando di latte, non di metadone).

Seriamente, nessuno mette in dubbio che il latte materno sia più sano rispetto alle «modalità non naturali di nutrizione», per utilizzare l’espressione dei Pediatri Indignati. Proprio come una ratatouille a base di verdure biologiche fa sicuramente meglio alle vostre coronarie di un doppio Crispy Mcbacon – a proposito: Belen ha fatto anche la pubblicità di McDonald’s, la cattivona è proprio al soldo delle multinazionali.

Il problema è che, senza nulla togliere agli indubbi benefici alla salute del bambino, sull’allattamento al seno si è creato, in Italia ma anche all’estero, un clima un po’ troppo talebano. Che, talvolta, scade anche in toni accusatori nei confronti delle madri che, per necessità o per (Dio non voglia!) scelta, decidono di percorrere altre strade.

Sulla stampa americana se ne discute già da un po’.

C’è una vera e propria “polizia dell’allattamento”, scriveva recentemente su Time magazine Amy Tuteur (professione: medico), che descriveva situazioni reali non poi tanto dissimili dalla scena “mammine cool contro Marge Simspon” di cui sopra. «L’allattamento al seno è passato dall’essere una scelta ideale per le neo mamme a un prerequisito obbligatorio per una “buona” genitorialità. Le donne che non allattano, per qualsiasi ragione, in ogni caso personale, ora devono confessarlo sottovoce», scriveva sull’Atlantic Gayle Tzemach Lemmon. Che, comprensibilmente, si domanda: «Quand’è, esattamente, che esercitare un diritto personale su cosa fare per il tuo bambino (e con il tuo corpo) è diventato una discussione pubblica, aperta al giudizio degli altri?».

Un clima che «infantilizza le donne, dicendo loro che non sono abbastanza adulte da decidere per se stesse e la loro famiglia»

In particolare, la giornalista dell’Atlantic criticava una proposta di legge, a New York, che vietava la distribuzione di campioni gratuiti di latte in polvere negli ospedali, in quanto avrebbe potuto “invogliare” le puerpere a non allattare. Il problema di una normativa del genere, sostiene Tzemach Lemmon, sta nel fatto che «infantilizza le donne, dicendo loro che non sono abbastanza adulte da decidere per se stesse e la loro famiglia».

Ora, della legge di New York non m’importa più di tanto, e comunque a me i campioni gratuiti negli ospedali non sono mai piaciuti (in Lombardia, comunque, ti rifilano creme e pannolini). Ma secondo me l’osservazione solleva una questione più ampia sulla riduzione delle puerpere allo status di bambine, per lo più idiote.

Viviamo in un’epoca in cui la maternità, intesa come il se diventare madre o no, è sempre più una scelta. Ma anche in un periodo in cui la maternità, intesa come il modo di crescere i propri figli, lo è sempre meno: si dà quasi per scontato che le madri (per non parlare dei padri, poveretti!) non posseggano né gli strumenti, né tanto meno l’autorità, per decidere che cosa è meglio per i loro figli, e la sfuriata dei Pediatri Indignati ne è una dimostrazione. Peccato. Perché, come diceva Tzemach Lemmon, «l’avere appena partorito un bebè non fa di te automaticamente un bebè». Forse bisognerebbe partire da questo.

 

(Photo by Stefania D’Alessandro/Getty Images)