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Internet e le elezioni

Ha gestito la tecnologia della campagna di Obama (ma su Facebook ha una foto mezzo-nudo). Harper Reed parla di politica e comunicazione sul web.

14 Gennaio 2013

Harper Reed è una delle menti più brillanti dietro la vittoria di Obama e l’artefice silenzioso di un nuovo modo di fare campagna elettorale. Il get-out-to-vote (lo sforzo per far uscire le persone di casa per andare alle urne), il big-data e il data-mining (le incredibili e dettagliatissime raccolte di dati per segmentare gli aventi diritto al voto), insieme a strumenti meno appariscenti ma comunque sofisticati come Dashboard (una piattaforma on-line decentralizzata per coordinare lo sforzo elettorale) hanno tutti contribuito a rendere più efficiente e competitiva la campagna elettorale. “Ed è proprio questo il segreto – spiega Reed in una conversazione con Studio – se per esempio prima, impegnando x ore, si otteneva y, adesso a parità di tempo siamo in grado di ottenere 2y“.

Si tratta quindi soltanto di efficienza?

Alla fine sì. Mi spiego meglio: sto cercando di dire che la campagna elettorale di quest’anno non è stata vinta dalla tecnologia. Alla vittoria finale ci hanno pensato Obama, il suo incredibile staff, le idee e il messaggio che è stato trasmesso al popolo americano. La tecnologia è stata soltanto uno strumento di supporto, certamente fondamentale ma pur sempre un sostengo. Il ruolo del team tecnologico è stata quello di attuare piccoli miglioramenti la cui somma ha prodotto importanti risparmi di tempo e denaro. Così se ogni singolo miglioramento è di per se marginale, applicato su larga scala diventa importantissimo. Ti faccio un esempio. Pensa a Dashboard: un’idea molto semplice che è stata capace di eliminare l’intermediario tra i volontari sul territorio e i quartieri generali facendo risparmiare tempo e soldi. Considerando che i volontari quest’anno erano 700 mila fai un po’ tu i calcoli.

Tutto quello che avete costruito era molto costoso, pensi che ci siano troppi soldi nella politica americana?

Non so, non saprei giudicare…

E se invece della campagna di Obama a contattarti fosse stato il team di Mitt Romney avresti accettato lo stesso il lavoro?

Penso di no. Per me l’ideologia intesa come maggiore simpatia verso una posizione politica o l’altra è importante. Va bene che è lavoro, ma un significato ultimo ci deve pur essere. E i repubblicani sono lontani dalle mie idee: sia per quanto riguarda le donne sia per l’omosessualità. Quindi per risponderti direi che non lavorerei per i repubblicani e devo anche ammettere che per arrivare alla posizione di Chief of Technology mi sono sforzato parecchio. Ho dovuto fare networking serrato, ho chiesto ad amici di presentarmi altri amici e di nuovo di suggerirmi amici per arrivare finalmente a Michael [Slaby, l’ex Chief of Technology di Obama 2008]. Poi finalmente l’incontro in un bar. Abbiamo parlato, ci siamo piaciuti e un mese dopo sono approdato a One Prudential Building [l’indirizzo dei quartieri generali di Obama] con vista Millenium park. E’ stato fantastico.

Quindi non avevi dubbi?

In verità non ero sicuro al cento per cento. Di due cose non ero convinto. La prima: avrei dovuto rinunciare a una vita personale e avrei dovuto mettere da parte i miei progetti per i 18 mesi della campagna elettorale. La seconda: la politica non è mai stata una cosa che mi ha particolarmente attratto. Mi è sempre apparsa come troppo burocratica, poco creativa e grigia. Un mondo che non mi apparteneva. Ma alla fine mi sono convinto. Ho deciso che Obama 2012 era più come una start-up dove ci sarebbe stato spazio per sperimentare, provare cose nuove e sopratutto costruire. E alla fine ho avuto ragione. Sono contento della mia scelta.

L’errore più grande del team tecnologico dei repubblicani qual è stato?

Non conosco bene i dettagli, ma la differenza maggiore tra i democrat e i repubblicani è che noi abbiamo deciso di fare le cose in-house (letteralmente dentro casa), mentre i rossi si sono affidati ad agenzie esterne e private.

Se Obama te lo chiedesse andresti a lavorare per il governo?

Non penso. Una cosa è la campagna elettorale, una cosa la Casa Bianca. Non mi ispira. Lì burocrazia e grigiore le immagino in ogni angolo. Adesso voglio viaggiare, rilassarmi, leggere.

Progetti per il futuro?

Non lo so, non ci ho pensato e non ho voglia di pensarci. Posso dirti che sono sempre in cerca di una nuova idea per una start-up.

Hai mai sentito parlare del politico italiano Beppe Grillo e delle primarie on-line che ha tenuto? Cosa ne pensi?

Di Beppe Grillo purtroppo non ne ho mai sentito parlare, ma posso dire con certezza che qualsiasi esperimento che si basa sulla partecipazione in rete è fantastico.

Mi dispiace ma te lo devo chiedere. Sul tuo profilo Facebook hai una foto di te nudo nella vasca da bagno. Non ti ha mai rotto le scatole nessuno al lavoro?

Eh eh eh. Me lo chiedono tutti, me lo aspettavo. No, per la verità no. La foto è del 2006, è stata scattata molto prima della campagna elettorale e non ha niente a che vedere con la tecnologia. Ti faccio io una domanda: qual è il problema?

(Immagine: ritratto di Jacob Dehart – via)

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