Attualità

Fashion Yeezus

Il pluripremiato rapper tornerà in passerella con la sua criticatissima collezione di moda. Ma ha senso che un cantante si trasformi in designer?

di Marta Casadei

Provaci ancora Kanye. O forse no, per favore. Woody Allen mi perdonerà per aver preso in prestito – e storpiato – il titolo di una delle sue opere teatrali più famose, poi diventata film, per introdurre l’ultimo progetto modaiolo di Kanye West: dopo aver firmato una collezione di denim in collaborazione con il marchio francese A.P.C – che, a dirla tutta, è andata sold out poche ore dopo l’apertura della vendita online – ora i rumor lo vogliono al lavoro su una linea di 100 pezzi unisex che West dovrebbe presentare a Parigi alla fine di settembre. Kanye, insomma, non si fa pregare: ci riprova eccome, nonostante la sua carriera da designer, contrariamente a quella da rapper e produttore musicale, non sia proprio costellata di successi. Il fashion system ha sempre rappresentato una forte calamita per West, classe 1977, che ha appena pubblicato il suo sesto e nuovo album, Yeezus: per ben due stagioni Kanye ha occupato uno slot del calendario parigino delle sfilate pret-à-porter con il proprio marchio eponimo. E con risultati quantomeno discutibili, almeno a detta dei guru della moda internazionale. Ma facciamo un passo indietro.

È l’ottobre del 2011 e la linea womenswear Kanye West fa il suo ingresso scenografico e trionfale sulle passerelle della Ville Lumière: la location d’eccezione – la biblioteca del Licée Henri IV, allestita per l’occasione dal regista Alexandre de Betak, chiamato non a caso il “Fellini della moda” – e il parterre di celebrities hollywoodiane, tuttavia, non risparmiano al re dell’hip hop prestato alla moda una pioggia di commenti negativi. Gli editor invitati ad assistere al defilé liquidano il debutto di Kanye West in passerella alla stregua di una costosa boutade di un outsider o, più in generale, consigliano a Kanye di ripensare le fondamenta stesse della sua linea di moda. «Utilizzo le sedie per sedermi, ma questo non vuol dire che sarei un bravo designer d’arredamento» aveva tuonato Meenal Mistry di Style.com, bibbia statunitense della moda online targata Condé Nast; «Per la prossima stagione Kanye dovrebbe assumere un sarto, così gli abiti potrebbero vestire meglio» gli aveva fatto eco Cathy Horyn del New York Times. Anna Wintour, potentissima zarina della moda nonché direttore di Vogue America, di fronte a chi le aveva chiesto un commento aveva sfoderato un commento sintetico quanto brutale: «Chieda a qualcun altro». Touché. Queste critiche poco lusinghiere, non c’è che dire, hanno sottolineato una questione molto importante: non basta la passione per la moda né un budget a disposizione derivato dal proprio successo planetario in un qual si voglia settore per fare di un vip uno stilista. La fama già acquisita può essere un accelerante, ovviamente. Ma non è tutto. Come scrive in quell’occasione Jessica Michault dell’International Herald Tribune commentando la sfilata: «La collezione è la prova che tutti possono amare la moda, ma non tutti possono fare gli stilisti».

Yeezy, che nel frattempo ha iniziato una relazione con Kim, la più chiacchierata delle sorelle Kardashian (oggi i due hanno una figlia, North, Nda), non molla la presa. Anzi: ripresenta la sua collezione la stagione successiva e lo fa nel medesimo contesto. Anche in questo caso va in scena uno show partecipato da star diverse per nazionalità, campo e calibro, ma pur sempre star. Che fanno notizia, sicuramente più – e in modo più positivo – degli abiti in passerella. La collezione rappresenta un passo avanti inequivocabile, ma, sebbene i commenti di qualche giornalista siano più incoraggianti e prendano atto del miglioramento, non mancano le critiche. Piuttosto aspre, per la verità. Liz Jones del Daily Mail non le manda a dire e si scaglia contro il designer che, dice, maschera la carenza di idee con abuso di pelli e pellicce pregiate, primo fra tutti l’astrakan: «Non ha idee, niente di nuovo da comunicarci. Non sa come si taglia un tessuto o come si costruisce una cucitura o come si cuce un’asola. Ma vuole farci credere che la sua collezione sia lussuosa, elitaria e desiderabile», scrive la Jones in questa recensione

Kanye incassa ancora una volta col sorriso (pare), ma, di fatto, rivede la traiettoria e la potenza di fuoco del proprio contributo al fashion system: il suo marchio non è in calendario durante settimana della moda di Parigi per ben due edizioni e c’è chi vede nell’assenza una dichiarazione di resa. In realtà, ci dicono a posteriori il progetto con A.P.C e i rumors sul lancio di una nuova collezione a marchio Kanye West, Yeezus si è probabilmente concentrato sui suoi nuovi traguardi: il già citato disco, uscito nel giugno del 2013, e le nuove incursioni nel mondo della moda. A ottobre 2012 Kanye viene notato mentre è impegnato in una concitata conversazione con il kaiser della moda, Karl Lagerfeld, e subito si grida alla partnership con Chanel: una collaborazione mai confermata e finora rimasta solo un rumor. Che la maison di Rue Cambon abbia qualche interesse a lavorare con il rapper pare strano e un po’ fuori luogo, almeno se si considera il design come terreno della potenziale partnership.

Quel che è chiaro, invece, è che West non si ferma: non ne ha nessuna intenzione. Del resto le strade della moda sono costellate di cantanti e musicisti prestati al design. Nel 2007 Madonna è stata chiamata da H&M come guest designer e per il gigante scandinavo del fast fashion ha creato la capsule M by Madonna; successivamente, insieme alla figlia Lourdes Maria e  in collaborazione con Macy’s ha dato vita a Material Girl, una linea di moda per giovani it-girl; nel 2012 Jennifer Lopez ha firmato una collezione di t-shirt per il brand Teeology e lo scorso maggio ha lanciato una linea di capi e accessori charity in vendita ai grandi magazzini Kohl. Tra gli stregati dalla moda figurano anche Robbie Williams, che nel 2012 ha lanciato il brand Farrell – il nome è un omaggio al nonno dell’ex Take That, Jack Farrell, ma la collezione non è disegnata dal cantante bensì dallo stilista Ben Dickens –; Beyoncé, che nel 2002 ha creato insieme alla madre il brand House of Deréon; Avril Lavigne – il nome della sua linea è Abbey Dawn – e Rihanna, che di recente ha firmato una collezione per River Island. E che dire di Victoria Beckham: l’ex Spice Girl ha costruito sul suo posh style – vi ricordate, la chiamavano proprio Posh Spice – un vero e proprio impero con due linee di abbigliamento che si chiamano Victoria Beckham e Victoria. A seguire il suo esempio è stata un’altra componente del quintetto britannico che ha fatto la storia del pop anni Novanta: Emma Bunton ha lanciato di recente una linea di abbigliamento per bambini in collaborazione con il marchio Argos.

Ha senso che un cantante si trasformi in uno stilista? In molti casi, no. La moda è un’industria potente che funziona a ritmi serrati e si nutre di professionalità molto diverse. La maggior parte di queste, oltretutto, ha poco a che fare con i riflettori e molto con il lavoro manuale. Fatta eccezione per qualche capriccio estemporaneo di qualche vip che si crede un creativo, il nome di un personaggio famoso – e, in questo caso, di un cantante – rappresenta per una collezione il marchio stesso. Oppure va a rafforzare un’etichetta già esistente. Nessuna delle collezioni citate qualche riga fa – salvo quella di Victoria Beckham che ormai è un nome fisso nel calendario della New York Fashion Week ed è stata battezzata da recensioni positive e riscontri altrettanto positivi sul mercato – ha mai osato violare l’olimpo del design proponendosi in passerella. Tantomeno a Parigi. La maggior parte delle iniziative descritte, anzi, è catalogabile come pura e semplice operazione di marketing. In quale categoria si possano inserire le gesta modaiole di Kanye West ancora non è chiaro. Sempre che qualcuno abbia la smania di fare chiarezza sulla questione, il consiglio è uno solo: provaci ancora Kanye. E tieni conto che sostituire il parterre di celebrity hollywoodiane con uno staff navigato che tiri le fila della collezione potrebbe essere un’ottima strategia per recuperare terreno.

 

Immagine: Kanye West si fa un selfie a un party organizzato da Fendi nel 2006 a Tokyo (Junko Kimura / Getty Images)