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Carine Roitfeld a pranzo col FT

di Redazione

“Se vuoi essere cool, non venire a pranzo qui durante la fashion week”. Lo dice Carine Roitfeld – ex direttrice dell’edizione francese di Voguedimessasi all’improvviso nel dicembre scorso – a Carola Long che la incontra per la celebre rubrica del Financial Times, “Lunch with…”.

La lunga chiacchierata – tre ore dice la cronista – a un tavolo dello chicchissimo ristorante russo di Parigi, Caviar Kaspia, è stata pubblicata domenica dal quotidiano finanziario color salmone, e la cosa rilevante per chi si occupa di cose legate alla moda è che è sostanzialmente la prima volta che la Roitfeld parla abbastanza liberamente e pubblicamente della sua avventura alla guida di Vogue Paris, e del suo rapporto col mondo del fashion. Pubblichiamo di seguito una serie di sue dichiarazioni, divise per argomenti.

SULLA FINE DEL SUO RAPPORTO CON VOGUE

“Quando ho iniziato ho detto che non ci sarei rimasta per sempre, massimo dieci anni (che è il tempo della durata della sua direzione, ndr). Sì, forse sarei potuta rimanere sei mesi in più, ma mi piaceva l’idea di lasciare al top, e soprattutto pensavo di aver già fatto molto per Vogue“.
La Long la incalza per sapere se in qualche abbia influito l’ultimo numero co-curato con l’amico di sempre Tom Ford, in cui sono comparsi un paio di redazionali molto discussi che pare abbiano fatto storcere il naso al boss dell’azienda, Xavier Romatet. Risponde così: “Non, non ha apprezzato. Io sono irriverente ma lui avrebbe preferito qualcosa di più soft, di più mainstream. Magari era preoccupato per le vendite future del giornale”.

SUL SUO RAPPORTO CON EMMANUELLE ALT (SUA EX FASHION EDITOR E ATTUALE DIRETTRICE DI VOGUE)

“Non siamo più amiche. Penso sia triste. Quando riponi tanta fiducia in una persona e questa non viene ricambiata, non è bello. Ma è la vita. Me ne son fatta una ragione”.

SU VODKA E CHAMPAGNE

“Vuole pasteggiare a vodka? Io non bevo vodka a pranzo. La sera però quando vado a casa, verso le otto, mi faccio uno shot; sono le mie origine russe”.

SUL SUO PRESENTE E SUL SUO FUTURO

Scrive la Long: “Ma uno dove va dopo Vogue? Della Roitfeld è stato detto che avrebbe lavorato con Tom Ford o si sarebbe unita all’amico Riccardo Tisci, invece a marzo ha annunciato che il suo primo progetto sarebbe stato una collaborazione con il super hip e lussuoso department store newyorchese Barneys, sulla loro campagna autunnale, sul catalogo e sulle celebri vetrine. O, come dice la Roitfeld, -Mi hanno chiesto, e a me piace molto, di potermi celebrare durante la fashion week di settembre-.
Un’ottima prima mossa; una mossa che le permette di tenere alto il suo status nell’industria mentre si sposta dal marchio Vogue al marchio Carine”.

SU GALLIANO E MCQUEEN

“Fare moda è dura e non dovremmo dimenticare che prima che dei money-maker, gli stilisti sono soprattutto artisti. Galliano era un artista, McQueen era un artista. Queste persone sono molto fragili e non riescono a sopportare tutta questa pressione spesso”. Pensa che in parte abbia contribuito anche la globalizzazione perché: “E’ difficile soddisfare una donna a Shangai, a Rio e a Parigi, e disegnare una giacca che funzioni per tutte e tre. Non è facile per un brand parlare a tanta gente diversa, sedurre tutti questi nuovi clienti, e a volte gli stilisti non hanno le spalle abbastanza grosse per farcela”.

SU ANNA WINTOUR

A volte le persone non sono come pensi che siano. Tutti credono sia fredda e dura, ma è una persona molto carina. Quando i miei figli si sono trasferiti a New York, è stata la prima a invitarli a cena”. Come ha reagito la Roitfeld ai rumours, un paio di anni fa, che sarebbe stata lei a sostituirla alla guida di Vogue America? Ride. “E’ stato il miglior complimento pensare che io avrei potuto guidare il più grande giornale di moda del mondo, ma non sono del tutto bilingue; sono irriverente, e questo funziona in un piccolo paese come la Francia ma non in uno grande come gli Stati Uniti. Dirigere un magazine come il Vogue americano è un ruolo politico e lei è come una first lady”.