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Le cose da leggere online su Ursula K. Le Guin

È morta a 88 anni una delle più grandi scrittrici di fantascienza. Abbiamo riunito alcuni articoli e interviste che possono aiutare a riscoprirla.

di Studio

I suoi romanzi più conosciuti li ha scritti negli anni Settanta: storie di mondi futuri e creature immaginarie in cui è facile riconoscere convinzioni radicali e femministe. Il più famoso è La mano sinistra delle tenebre (l’ultima edizione italiana è quella di Tea del 2003, tradotta da Ugo Malaguti). Parla di un pianeta ghiacciato, Inverno, popolato da androgini latenti, creature senza sesso che assumono le caratteristiche del maschio o della femmina soltanto nei periodi della riproduzione. Il protagonista è del romanzo è Genly Ai, un messaggero solitario in tutto simile a un umano del nostro pianeta.

Ursula KThe Left Hand of Darkness UK. Le Guin, morta a 88 anni lunedì 22 gennaio, è oggi ritenuta una delle più grandi scrittrici di fantascienza. Il coccodrillo più commovente l’ha pubblicato il Guardian ed è firmato da una grande scrittrice che le deve moltissimo, soprattutto nel modo di raccontare e immaginare le donne: Margaret Atwood. Un altro pezzo importante, “riassuntivo”, firmato Gerald Jonas, è uscito il 23 gennaio sul New York Times.

Nel 2016, sul New Yorker, Julie Phillips aveva firmato un articolo intitolato “The Fantastic Ursula K. Le Guin” che raccontava la carriera, da autrice di culto a scrittrice mainstream. Su Cbc è possibile ascoltare quasi un’ora di conversazione tra Le Guin e l’intervistatrice Eleanor Wachtel. Se poi volete leggere di lei in italiano c’è un bellissimo articolo di Vincenzo Latronico (pubblicato a maggio del 2017): “Siamo pronti per riscoprire Ursula Le Guin?”. Un’altra possibilità per riscoprirla (leggere i suoi libri – ne ha pubblicati una trentina – è ovviamente la migliore) la fornisce il sito The Anarchist Library, che ripropone tre suoi articoli, tra cui A Non-Euclidean View of California as a Cold Place to Be del 1982. Da leggere (qui il pdf) anche lo straordinario scritto nel 1976: Is Gender Necessary?

 

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Nel suo pezzo per il Guardian Margaret Atwood definisce la voce di Le Guin «sana, impegnata, scocciata, spiritosa, saggia e sempre intelligente». Un accordo di toni che non si individua soltanto nei suoi libri, nei saggi e negli articoli, ma anche nelle risposte che dà quando viene intervistata. Noi abbiamo selezionato e tradotto i pensieri della scrittrice su una serie di argomenti, dalla scrittura agli e-book, dall’anarchia alla religione, a partire da tre interviste rilasciate a Interview Magazine, Literary Hub e Paris Review.

 

Ursula K. Le Guin – Interview Magazine

Su chi può fare lo scrittore

«Crede che chiunque possa essere uno scrittore?», le chiede un titubante Choire Sicha, spiegando che prima lui stesso aveva un’opinione forte in proposito, poi l’ha persa per strada. «Vuoi un’opinione forte?», risponde lei. «Chiunque può scrivere. Sai, una delle mie figlie insegna scrittura al college. Fa capire ai ragazzini come montare le parole nelle frasi, e poi come unire le frasi in modo che loro possano esprimersi nella scrittura così come fanno parlando. Chiunque abbia un normale QI può farcela. Ma dire che chiunque può essere uno scrittore è come dire che chiunque può comporre una sonata. Oh, dimentica quello che ho detto! In ogni arte, prima di tutto, c’è un dono iniziale. Non so quanto debba essere grande, questo dono, ma so che dev’esserci».

Sui suoi libri in e-book:

Choire Sicha commenta con un po’ di nostalgica amarezza la pubblicazione in forma di e-book di La mano sinistra delle tenebre. Così risponde lei: «Una delle ragioni per cui mi sono sentita pronta a pubblicarlo in questa nuova forma è stata la speranza di scalzare le versioni piratate. Girano testi terribili, alcuni sono delle truffe. Quindi che un libro abbia una sua versione e-book regolare e rispettabile è una cosa buona. Lo so, la storia della pubblicazione di questo libro è a dir poco strana! Ma sto con un nuovo agente da un paio di anni e le cose adesso stanno procedendo in modo più razionale».

Su come vendere un libro:

«Nell’editoria la gente parla più di offerte di pubblicazione che dei libri», dice Choire Sicha. E Le Guin: «Vedi, in questo sono molto diversa dalla maggior parte degli scrittori di professione che conosco. Non ho mai accettato un’offerta. Mai. Ho sempre impedito ai miei agenti di farlo. Scrivo rischiando, senza nessuna garanzia di riuscita, e consegno il manoscritto solo quando è finito. Una volta Virginia Kidd, che era la mia agente, mi incastrò in un contratto per tre libri, cosa che mi obbligò portare a termine un libro che non avevo ancora iniziato. Un’impresa che mi fece sentire miserabile. In qualche modo riuscii a finire, ma poi ho avvertito Virginia: “Non vendere mai più nulla che io non abbia scritto o che tu non abbia ancora visto”. Mi ha capito. Le persone sono sbigottite quando dico che questo è il mio modo di lavorare. Mi dicono: “Ma come hai fatto ad andare avanti?”».

 

Ursula K. Le Guin on Racism, Anarchy, and Hearing Her Characters Speak – Literary Hub

Sull’anarchia:

«È un po’ imbarazzante per me quando gli anarchici mi accolgono. Perché è vero, li adoro – finché sono del tipo che mi piace, pacifisti– ma resto una casalinga borghese. Non pratico l’anarchia».

Sul razzismo oggi e ieri:

Interessante la domanda di Euan Monaghan, che chiede: «Oggi c’è n’è più di ieri [di razzismo] o è solo che se ne parla di più?» Le Guin: «No, non ce n’è di più. È solo che stanno più sulla difensiva e sono più arrabbiati. È come se si sentissero minacciati. Questa è la mia interpretazione da Pollyanna speranzosa. È l’unico modo che ho per continuare a sperare, nonostante cose come Charleston [la sparatoria avvenuta a giugno del 2015]. Quel brutto, piccolo uomo. Cosa l’avrà spaventato tanto? Il problema di pistole che abbiamo qui è a dir poco grottesco».

 

Ursula K. Le Guin, The Art of Fiction No. 221 – Paris Review

Sulle etichette:

John Wray le chiede cosa pensa del termine  “fantascienza”,  solitamente usato per etichettare il suo lavoro. Le Guin non sembra entusiasta di parlarne: «Beh, è davvero complicato, Wray». Ma Wray insiste educatamente: «Mi scuso… Sei in pace con questa definizione? La trovi riduttiva?» E lei si sfoga: «Non credo che fantascienza sia un buon termine per definire quello che faccio, ma è il nome che c’è. È diverso da altri tipi di scrittura, suppongo, quindi merita un nome a sé. Ma divento permalosa e combattiva quando mi sento definita una scrittrice di fantascienza. Non lo sono. Sono una poetessa e una romanziera. Non spingetemi dentro alle vostre dannate caselle, perché io non ci sto dentro, le oltrepasso. I miei tentacoli trasbordano dalla casella e vanno in tutte le direzioni».

Sulla religione:

«Credo di avere, beh, non credo di poterlo definire “un temperamento religioso”, perché il problema è proprio la parola religione. Sono profondamente interessata sia al Buddismo che al Taoismo, mi hanno dato molto. Il Taoismo è praticamente parte della struttura della mia mente adesso. E il buddismo è intensamente interessante per me. Ma se questo modo di essere non può essere definito propriamente religioso, allora bisogna chiamarlo spirituale, una definizione annacquata. Questi sono temi con cui la religione si trova ad avere a che fare e mi interessano molto».

Sui modelli: 

«Charles Dickens. Jane Austen. E poi, quando ho finalmente imparato a leggerla, Virginia Woolf. Puntare al punto più alto, sempre. Sai che non ci arriverai mai, ma come può essere divertente se non punti lassù?»

 

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