Attualità

Tre finali immaginari per l’affaire Icardi-Lopez-Nara

La storia vera, raccontata bene. Poi, per divertimento, abbiamo provato a immaginare un impossibile risvolto avvincente nel gossip più abusato e "trash" dell'anno. Tre possibili scenari di pura fiction.

di Davide Coppo

Il 14 febbraio 2006 l’agenzia di stampa argentina DERF – Agencia Federal de Noticias fa uscire una notizia intitolata: «En San Valentín, Diego Maradona fue flechado por la enigmática Wanda». Flechado significa abbagliato, colpito. L’enigmatica Wanda è una ragazza di diciannove anni, una ragazza bella e scultorea che il 14 febbraio 2006 partecipa, a Mar del Plata, alla festa della rivista Gente nell’hotel Costa Galana. Wanda sfila sulla passerella con altre ragazze, indossa un bikini rosso, scarpe nere con tacco a spillo. Diego Maradona, che di anni ne ha quarantacinque, la vede e si presenta. Wanda l’enigmatica e il più grande giocatore di calcio di sempre ballano nel salone dell’hotel Costa Galana, poi si spostano a un’altra festa, forse una festa privata, sicuramente più privata della precedente, nel barrio Los Troncos. Tornano, alle tre della notte, al Costa Galana, prenotano la camera 505, ne escono a mezzogiorno del giorno dopo. Nessuno sa chi è Wanda, i giornali sbagliano anche l’età e le attribuiscono un anno in meno, lei non è mai apparsa in televisione, fa la vedette a teatro. In seguito Wanda, non più enigmatica ma conosciuta come Wanda Nara, nata Wanda Solange Nara, confermerà sempre la sua notte con Maradona, mentre il calciatore conosciuto come “El Diez” la negherà.

In seguito Wanda Nara dichiarerà più volte di essere vergine. Smentirà, ancora dopo, tutte queste dichiarazioni. Wanda continua a fare la vedette a teatro, poi passa alla televisione, si suppone con sua grande soddisfazione, e partecipa al programma “Patinando por un sueño” nel 2007. Alcune settimane prima un video amatoriale di Wanda che fa sesso con un uomo viene diffuso su Internet. Lei prima cerca di negare, poi ammette che «oggi è normale filmarsi nell’intimità».

Il 31 maggio 2008, nella chiesa di Santa Elena, barrio Palermo di Buenos Aires, Wanda Solange Nara, una ventunenne non più misteriosa ma forse troppo conosciuta, sposa Maximiliano Gastón López, calciatore del FK Moskva, un club russo esistito soltanto per sei anni, ex giocatore del River Plate, ex anche del Barcellona, una buona promessa del calcio argentino prematuramente ridimensionata dai pochissimi goal segnati. È un bel ragazzo, ha i capelli lunghi, biondi e con la scriminatura centrale. Lo chiamano el rubio, il biondo. Anche lei è bionda, i suoi capelli arrivano alla vita, e il giorno del matrimonio il suo abito bianco finisce di molto sopra il ginocchio. Wanda e Maximilano, nonostante dichiarino a molte riviste scandalistiche di non volere figli, negli anni del loro matrimonio ne hanno tre, e il primo arriva solo sette mesi dopo il giuramento sull’altare di Buenos Aires. Si chiama Valentino Gastón. Maximiliano o Maxi, come lo chiamano tutti, continua a giocare a calcio sperando di tornare quello del del River Plate, torna in Sud America, al Gremio di Porto Alegre, in Brasile. Segna 17 goal in 41 partite, e nel 2010 lo acquista, per 3 milioni di euro, il Catania. Qui, in 17 partite, ne fa 11 e fa parlare molto di sé. Sembra che Maxi Lopez sia sbocciato. In breve: le cose non continuano troppo bene negli anni successivi, Maxi Lopez passa al Milan, gioca soltanto 11 partite, poi va alla Sampdoria. A Genova torna a giocare bene, o almeno abbastanza bene, e trova un compagno di squadra giovane, nato nel 1993, si chiama Mauro Emanuel Icardi Rivero e ha una storia strana: ha iniziato a giocare a calcio a Rosario, poi anche lui è passato dal Barcellona, ma prima ha giocato nella Serie C spagnola, al Vecindario, squadra di Gran Canaria, arcipelago delle Canarie. Arriva alla Sampdoria un anno prima di Maxi Lopez, nel 2011. I due diventano amici, l’argentino più grande diventa il mentore dell’argentino più piccolo, Mauro Icardi viene presentato anche alla moglie di Maximiliano, la vedette Wanda.

Ancora più in breve: il matrimonio tra Wanda Nara e Maxi Lopez, dopo tre figli e cinque anni, finisce. È il mese di ottobre del 2013. Wanda sostiene di essere stata tradita più volte da Maximiliano, Maximiliano non dice nulla. Wanda, poco dopo, si lega a Mauro Icardi, il ragazzino argentino che Maximiliano le aveva presentato due anni prima. Su Twitter scrive più volte dediche d’amore al nuovo fidanzato. Anche Mauro su Twitter scrive molte dediche d’amore alla nuova fidanzata. I giornali di gossip sono pieni delle loro vicendevoli dediche su Twitter, e delle foto di Wanda, spesso poco vestita, e dei tatuaggi che si sono fatti fare entrambi, con l’uno il nome dell’altro. Ad aprile 2014 l’Inter, nuova squadra di Mauro Icardi, affronta la Sampdoria di Maxi Lopez. Mauro segna tre reti, Maxi sbaglia un calcio di rigore. I giornali ritrovano una fotografia del 2005, di quando Maxi giocava al Barcellona, con un bambino di dodici anni intento a chiedergli un autografo. Quel bambino era Mauro Icardi, il futuro amico, il futuro nemico. Wanda Nara, dopo la partita e le polemiche che grandinano addosso alla coppia (Mauro, dopo i goal, è stato poco elegante sia con l’ex compagno, sia con i suoi ex tifosi), abbandona Twitter. Questo, in sostanza e raccontato in una forma che ritengo sobria e discreta, è quanto.

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Lunedì, mentre scorro Facebook in una pausa di lavoro, trovo un post di Francesco Costa, giornalista de Il Post con cui mi capita, a volte, di discutere di faccende calcistiche. Francesco scrive: «Ho raccontato dall’inizio a Emanuele [un collega], che non ne sapeva niente, tutta la storia Maxi Lopez-Icardi. Partendo dalla foto di Icardi bambino che chiede l’autografo a Maxi Lopez. È veramente un romanzo. Un romanzo supertrash ma un romanzo». È vero, penso. Perché trash, però? Non per la sostanza, credo, perché la sostanza è quella di un normale rapporto d’amore, di sesso e di tradimento come ce ne sono miliardi nel mondo. La parte «supertrash» è quindi la forma, il modo in cui questo rapporto o questo «romanzo» è stato raccontato, dai suoi stessi protagonisti – Maxi, Mauro, Wanda – al pubblico. Scrivo subito a Francesco, gli chiedo come si potrebbe scrivere di questo grande romanzo senza aumentare l’hype del trash. Mi risponde: «[E]h, mi arrovello da ieri. È una cosa che ha attratto troppe attenzioni morbose. Forse si potrà farlo tra qualche anno, non so». Il giorno dopo penso di più a una parte di questa risposta: «forse si potrà farlo tra qualche anno». All’inizio concordo, ma poi penso ancora: cosa comporterebbe il passare di qualche anno? Che cos’è il tempo per cambiare il nostro giudizio nel valutare una cosa banale come una storia d’amore, bella come una storia d’amore bella, o trash come una storia d’amore trash? Il tempo, e questo è sicuramente vero, migliora le cose brutte: ne annacqua i difetti, il senso del “trash”, in un liquido amniotico di fascino passatista, e così come la fotografia dei nostri genitori su una spiaggia affollata del 1975 ci sembra oggi una foto straordinaria, nel 1975 a loro sembrava una fotografia come un’altra, forse anche un po’ storta, forse un po’ mossa, forse conservata per puro caso in un album. Il revisionismo è impossibile da evitare. Mentre pensavo a questo, pensavo al fatto che non avrei comunque mai trovato un motivo per scrivere del bizzarro triangolo amoroso tra Wanda Solange, Mauro Emanuel e Maximiliano Gastón, perché l’unico finale che realisticamente vedevo era un finale comunque della stessa forma. E allora, né oggi né tra qualche anno, l’avrei raccontato. La mia giornata di lavoro è finita, sono andato a casa, e dopo qualche ora sono andato a dormire pensando ancora alle possibilità di racconto sul gossip calcistico. Mi sono addormentato, e ho sognato [espediente]. Ho sognato diversi finali per questo romanzo trash, le sue trasformazioni in romanzi più bizzarri, più interessanti, più inaspettati. E ho quindi trovato il modo di scriverne:

 

La prima ipotesi – Wanda Solange Nara

Wanda Solange Nara racconta la sua versione dei fatti a La Repubblica, nell’ottobre 2017. La ricorda bene perché al tempo aveva l’abitudine di registrare piccoli file audio sul suo telefono come se fosse un diario. Il 14 aprile 2014 si era svegliata tardi, quasi per l’ora di pranzo. Rispetto alla routine giornaliera, aveva perso l’opportunità di andare in palestra a fare esercizi, una cosa che di solito faceva alle undici e un quarto, ogni giorno. Al suo fianco Mauro Icardi dormiva con la faccia gonfia, la notte avevano festeggiato bevendo molto, con qualche amica di Wanda e due compagni di squadra di Mauro, la vittoria dell’Inter sulla Sampdoria. Wanda era quindi uscita dopo pochi minuti, con cappuccio per non farsi riconoscere, una bicicletta che usava pochissimo ma con le ruote gonfie (le aveva gonfiate lei, la sera prima), aveva pedalato fuori dal centro, verso sud, verso via Bligny, una via che segna il confine tra una certa Milano centrale, borghese e abitata da nuovi ricchi spesso creativi e una Milano più extracomunitaria, fatta di kebab, call center, appartamenti in cui gli universitari, gli abitanti del quartiere e probabilmente anche la Digos sanno esserci un giro prolifico di spaccio di erba, cocaina, a volte eroina. Wanda aveva un appartamento al piano terra, Mauro non lo sapeva, a dire la verità non lo sapeva nessuno tranne Wanda. Si era fatta la doccia nell’appartamento che non era arredato, c’erano solo una scrivania, una sedia, un divano, un bollitore, alcune matite, un laptop, tre tazze, del tè al gelsomino, un grosso plotter a getto d’inchiostro per la stampa di grandi formati, comprato quattro mesi prima, nell’inverno 2013. Aveva aperto il laptop e controllato i suoi profili Instagram, Twitter, la sua email, una veloce rassegna stampa su di lei e sul marito, qualche forum di tifosi dell’Inter e della Sampdoria. I commenti degli utenti sotto l’ultima fotografia di Instagram dicevano le solite cose: alcuni, non troppi, erano di apprezzamento, molti altri erano aggressivi. «Puttana» e «cagna» dicevano molti. Fu quel giorno che Wanda disattivò il suo profilo Twitter e sparì per un intero anno, da Milano, dai giornali, da Mauro Icardi, senza spiegare il gesto. Per una settimana i giornali di gossip, ma anche i quotidiani con più tiratura, parlarono della scomparsa, poi la notizia sparì. Mauro Icardi, professionalmente, non sembrò subire il colpo, e finì la stagione all’Inter con 15 goal in campionato. Maxi Lopez ottenne la custodia dei suoi tre figli.

Esattamente un anno dopo, il 14 aprile 2015, un enorme manifesto pubblicitario di Armani, nel centro storico di Milano (via dell’Orso, a pochi metri dal Teatro alla Scala) viene ricoperto, di notte, da un telo che ritrae Wanda Nara integralmente nuda. Una scritta come di vernice rossa, ma stampata, passa da un lato all’altro del telo. Dice: «Puta». La polizia fa rimuovere, poche ore dopo, il telo. I giornali non ci mettono molto a collegare la data di apparizione del manifesto alla scomparsa, un anno prima, di Wanda Nara. Di lei nessuno continua a sapere nulla. Non si riesce a capire come il telo sia stato portato e posizionato così in alto, in modo da coprire quasi l’intera facciata di un palazzo di quattro piani. Il nome di Wanda Nara torna nelle riviste e nei quotidiani, per una settimana, anche in prima pagina. Ma i giornalisti scrivono soltanto di supposizioni, e nessuna pista sembra percorribile. La parola più usata per descrivere l’accaduto è «provocazione», spesso accostata all’aggettivo «anonima». Un manifesto simile, ma con un focus più spiccato, per dirla come la dicono i giornali del luglio 2015, «sull’inguine» di Wanda Nara appare tre mesi dopo, appeso all’Arco della Pace napoleonico, ancora nel centro di Milano. Questa volta c’è scritto: «Cagna». Un giornalista dell’Espresso, inviato a Parigi, trova una pista: il gruppo artistico Pussy Riot rilascia alcune dichiarazioni private, a microfono spento, che sembrano collegarlo ai manifesti di Milano. L’Espresso, la settimana successiva, pubblica un articolo in cui collega alcuni indizi piuttosto flebili alla presenza della stessa Nara nel gruppo. Dopo un silenzio di alcuni mesi ancora, nel dicembre del 2015, il quotidiano argentino Clarín pubblica un’intervista a Wanda Nara, definita «esclusiva». Viene venduta, in Italia, sempre all’Espresso per una cifra sconosciuta. Il giornalista del Clarín non rivela il luogo dell’incontro né la modalità di contatto con Nara, ma da alcune descrizioni contenute nel pezzo sembra che il clima sia invernale. In realtà l’articolo è molto corto, anche se i contenuti sono rilevanti e sorprendenti: Nara parla, brevemente, del simbolismo della sua relazione con Mauro Icardi, una relazione che definisce posticcia, parte di un piano provocatorio e a suo modo di dire artistico, prima tappa di un cammino fluido e senza soluzione di continuità volto a denunciare il maschilismo della società occidentale, di cui i manifesti con il suo corpo nudo sono l’ultimo svolgimento. Non promette azioni future, ma un’azione arriva: sempre di notte, il campo dello stadio di San Siro viene ricoperto da fogli, ognuno riportante una frase. Sono frasi violente, a volte sgrammaticate e insultanti, e ancora una volta i giornalisti ci mettono poco tempo a capire la provenienza, sono le decine di migliaia di commenti un tempo apparsi sul profilo Instagram e Twitter della donna. In quei giorni sono molti gli intellettuali, scrittori, registi e attori che dimostrano apprezzamento per l’attività artistica di Wanda Nara. Mauro Icardi si rifiuta, ancora e come sempre, di rilasciare dichiarazioni. Lui gioca di nuovo a Rosario, in Argentina, al Central. Il magazine TIME esce, pochi giorni dopo, con una copertina raffigurante proprio Wanda Nara. Sotto il volto, la domanda: «La più grande artista del secolo?». Seguono altri mesi di silenzio e altri “atti artistici” minori, fino all’ottobre 2017. Wanda Nara attira l’attenzione di alcuni turisti, di alcuni francesi e di alcuni poliziotti. È salita su una delle quattro gambe della Tour Eiffel, è truccata, ancora nuda. Non fa proclami sul momento, ma alcune settimane dopo, nell’intervista a La Repubblica, spiega il gesto come l’ultima, definitiva provocazione: il suo corpo nudo, sensuale, eppure deformato e morto sul cemento. Mentre alcune persone si radunano sotto di lei, da circa dieci metri di altezza, Wanda Solange Nara si lancia sull’asfalto di Avenue Anatole France. L’impatto è attutito da due poliziotti ma la donna si schianta sulla strada. Viene portata in ospedale, dove rimane per diverse settimane. Oggi, da una sedia a rotelle, continua la sua campagna di sensibilizzazione sulla condizione femminile, in occidente e non solo, in forme più istituzionali. Non si sposerà più.

 

La seconda ipotesi – Mauro Emanuel Icardi Rivero

Mauro Icardi, alla ripresa del campionato di Serie A, a settembre 2014, si infortuna. È costretto a un’operazione al menisco, non si allena né scende in campo per due mesi. La sua relazione con Wanda Nara continua, e continua la sua attività sui social network Twitter e Instagram. Mauro torna in campo a gennaio, gioca cinque partite ma la pubalgia che lo aveva colpito nell’estate del 2013 si ripresenta. Subisce una seconda operazione per ernia inguinale. Il campionato finisce e lui ha giocato cinque partite senza segnare, i tifosi lo contestano ma lui non ha colpe se non quella di essere costretto in un fisico fragile. Sono in molti quelli che lo ritengono, pure senza prove, solo con una sensazione, un sentimento volatile impossibile da giustificare fattualmente, un giocatore pigro. Forse anche sulla spinta della tifoseria, l’Inter lo cede nell’estate del 2015. Mauro Icardi torna a giocare in Argentina, al Vélez Sarsfield di Buenos Aires. Wanda Nara, sposata nell’estate del 2014, lo segue. Nonostante una buona stagione al Vélez, in cui gioca 23 partite segnando 11 goal, non viene convocato nella nazionale argentina per la Copa América del 2015. Passa, nell’estate, al Boca Juniors. Si infortuna ancora una volta durante l’estate. Viene operato e dimesso, ma deve restare fuori dal campo per otto mesi. Prima di iniziare la riabilitazione, si fotografa con la moglie Wanda su una spiaggia di Mar del Plata. Raggiunge i cinque milioni di follower su Instagram nonostante la sua carriera calcistica abbia definitivamente preso la strada della mediocrità. Per quelle fotografie, che lo mostrano rilassato a bordo piscina dello Sheraton di Mar del Plata, viene contestato ancora una volta dai tifosi, a Buenos Aires com’era stato a Milano. Lui non risponde mai in nessuna intervista, se non con nuove foto e nuovi post su Instagram in cui rivendica il diritto, molto semplicemente, di fare ciò che preferisce della sua vita. Raggiunge le 2000 fotografie. La rabbia dei tifosi aumenta quando, intervistato da una televisione argentina, Mauro dice di essere tifoso del Newell’s Old Boys, una delle due squadre di Rosario, e di sperare di concludere la sua carriera là. Il Boca Juniors prima lo multa, poi lo mette fuori squadra. Mauro Icardi, similmente a quanto aveva fatto Eric Cantona molti anni prima, annuncia il suo ritiro dal calcio a soli ventiquattro anni, più per rabbia che per infortuni. Dopo poche settimane Wanda Nara lo lascia e i giornali scandalistici argentini parlano di un suo nuovo flirt con Maradona. Lui risponde con una fotografia su Instagram in cui annuncia di sentirsi «più forte». Sparisce dalle pagine dei giornali per sei mesi.

Nel 2017 i New York Cosmos, promossi in Major League Soccer negli Stati Uniti, gli offrono un provino, che però non dà seguito a nessuna convocazione in prima squadra. Vivendo dei soli soldi guadagnati e risparmiati – pochi – durante i suoi brevi anni di carriera, Icardi si stabilisce negli Stati Uniti. Il New York Magazine, nel novembre del 2017, pubblica un reportage fotografico di un grande party tenutosi per l’inaugurazione di una galleria nel quartiere di Bushwick. Tra i volti ritratti spicca quello di Mauro Icardi, che indossa una giacca rossa e dei baffi diritti, molto argentini, tra naso e labbra, ma negli Stati Uniti la sua presenza passa inosservata, e desta soltanto qualche curiosità ironica in Europa. Dopo due mesi, nel gennaio 2018, il sito Gawker pubblica tre fotografie che ritraggono Icardi e l’artista Marina Abramovic mentre camminano per Manhattan. Poco più tardi Abramovic dichiara che Mauro Icardi le interessa, dal punto di vista artistico, molto. Nell’estate successiva la Abramovic presenta una sua nuova opera: la vita di Mauro Icardi esposta: sono 4000 fotografie, tutte prese da Instagram, dell’ex calciatore argentino, ormai trasformato: leggermente più sovrappeso, vestito elegantemente, con uno sguardo serio e sicuro che non gli era mai appartenuto. L’installazione permette ai visitatori di accedere a una stanza rotonda sulle cui pareti è stampato l’intero “archivio Icardi”, come un mosaico che arriva fino al soffitto: è tutta, o quasi, la vita adulta dell’ex calciatore. Alcuni smartphone offerti dal museo vengono dati al pubblico, che può fotografare lo stesso Icardi seduto al centro della stanza. Le fotografie scattate vengono caricate su un profilo Instagram apposito. Tuttavia, l’installazione “Between life and pixels” non ha il successo sperato, e Icardi, che più che artista svolgeva la funzione di soggetto artistico, non replica nessuna altra performance. Dopo aver fallito, scrivono alcuni giornali locali, a inserirsi nella scena artistica newyorkese, torna a Rosario in Argentina.

 

La terza ipotesi – Maximiliano Gastón Lopez

Dal 2014 al 2016 Maximiliano Lopez non rilascia nemmeno un’intervista. Conclude la sua carriera alla Sampdoria ad agosto 2014 e torna a giocare in Argentina, al River Plate, la stessa squadra in cui aveva iniziato. Gioca venti partite e segna nove reti, ma il River non è il River degli anni d’oro, lui lo sa e lo sa la dirigenza che l’ha comprato a due milioni di euro soltanto. L’estate del 2015 si trasferisce al Lanús, rimane soltanto sei mesi giocando meno di sei partite, poi, a gennaio, viene acquistato dal Latina, promosso in Serie A italiana. Incontra ancora, sia nel girone di andate che in quello di ritorno, l’Inter di Mauro Icardi, e ancora per due volte non gli stringe la mano durante i saluti iniziali. Ma la stampa nazionale ormai dà poco peso al fatto, visto che Wanda Nara e Mauro Icardi sono sposati da due anni e hanno acquisito, nelle gerarchie del giornalismo di gossip, lo status di “coppia solida”, quindi non troppo interessante, al riparo da colpi di scena, tradimenti, piccoli e banali feuillettons da paparazzi. Nonostante i, o a causa dei soli, tre goal di Maxi (uno su calcio di rigore, contro il Milan di Luciano Spalletti a San Siro), il Latina retrocede e lui si ritrova, per una clausola contrattuale, di nuovo senza squadra. Nell’aprile 2016 compie trentadue anni e non è arrivato nemmeno, in cinque stagioni italiane, a segnare 50 goal. Viene acquistato in Serie B dal Palermo, e un giovane giornalista del Giornale di Sicilia lo intervista a dieci giorni dal derby tra la sua squadra attuale e la sua vecchia e prima squadra italiana, il Catania. È un’intervista breve e senza grandi scoop, ma ne emerge per i più attenti psicologi il ritratto di un uomo triste. In una risposta, Maximiliano Lopez dice: «Il calcio mi ha deluso, sia il mondo del calcio sia il gioco in sé. Anche io mi sono deluso, pensavo di poter dare di più, forse ho sbagliato alcune scelte, a volte penso di aver sbagliato quasi tutto, di aver preso il bivio sbagliato da ragazzo, in Argentina, e di non aver avuto la possibilità di tornare indietro». Alla fine di giugno 2017 il Palermo viene promosso, ma il contratto di Maxi non viene rinnovato e rimane senza squadra

Al matrimonio tra Wanda Nara e Mauro Icardi, alla basilica Nuestra Señora del Rosario di Rosario, molti fotografi si accorgono della presenza di Maximiliano, defilato tra la folla, vestito in jeans e maglietta, fuori dalla chiesa al passaggio degli sposi. Loro sembrano non accorgersene, o almeno è quello che dicono a tutti i giornalisti che, nelle successive interviste, chiedono conto dell’episodio. Quattro giorni dopo il corpo di Maxi Lopez viene ritrovato proprio vicino a Rosario, sulle rive del Río Paraná. L’autopsia decreta la morte per annegamento, non violenta. Non viene aperta nessuna indagine per omicidio, e nemmeno viene registrato il suicidio. «Fatalità» è la parola più ripetuta ai giornalisti dai prima gentili ed entusiasti, poi scocciati e annoiati poliziotti della provincia di Santa Fe.

 

Nell’immagine, una scena del film The Dreamers