Attualità

Perché il capo di Uber si è dovuto dimettere

Quello che c'è da sapere su Travis Kalanick: una storia della Silicon Valley che, a quanto si legge, è finita male.

di Anna Momigliano

In principio era una storia di ordinaria disruption, poi si è trasformata in qualcosa di molto più grave e inquietante. E adesso, a quanto pare, è giunta a un punto decisivo: il Ceo e co-fondatore di Uber Travis Kalanick si è dimesso, su richiesta degli investitori e dopo una serie di scandali e polemiche che avevano reso la situazione insostenibile. Come riporta il New York Times, che ha dato per prima la notizia, i problemi di Kalanick sono iniziati all’inizio di quest’anno, e riguardano soprattutto un caso di molestie sessuali ai danni di una dipendente, che sarebbero stati scientemente ignorati dalle risorse umane; una causa legale intentata da Google, che accusa Uber di avergli sottratto segreti industriali sulle auto senza pilota; e infine un’indagine del Dipartimento di giustizia, che sospetta che la società abbia utilizzato un software per aggirare le regole nelle città dove i suoi servizi sono proibiti.

Le polemiche, certo, per Uber non sono un affare nuovo e risalgono a ben prima del 2017: da anni la società è oggetto di svariate contestazioni da parte di chi l’accusa aggirare le norme sul mercato del lavoro e sulla regolamentazione dei trasporti; infatti l’app è stata vietata in alcuni Paesi, inclusa l’Italia (dove però la sentenza non è ancora esecutiva) e anche in qualche città americana. Però si trattava, come si diceva, di un classico caso di economia della disruption: arriva una nuova tecnologia che sovverte le regole del gioco, un po’ perché i suoi creatori giocano a un gioco nuovo, dove le vecchie regole non si applicano, e un po’ perché, con una certa dose di ubris, non si fanno grandi problemi a non rispettare le regole. In questo, il sovvertimento che Uber ha causato nel mondo dei trasporti non è poi così diverso da quello che Facebook ha provocato nell’editoria, Netflix nella distribuzione di film e serie (con tutte le questioni dei diritti annessi), e le varie app di food delivery nelle consegne a domicilio. È un modello che si chiama, non a caso, uberizzazione: arrivano nuovi servizi, più economici e immediatamente fruibili per gli utenti, ma questo mette in dubbio una serie di regole e diritti.

TechCrunch Disrupt SF 2014 - Day 1

A costringere Kalanick alle dimissioni non è stato però il dossier uberizzazione, di cui tanto s’è parlato in Italia. Anche perché, presumibilmente, gli investitori che hanno chiesto la sua testa condividono il modello alla base di Uber, con tutta la disruption che esso comporta. Piuttosto, sostengono i giornali americani, sono stati il carattere di Kalanick, con la sua incontenibile propensione al rischio, a maltrattare il prossimo e a ignorare la legge, a convincerli a chiederne la testa. Sotto la sua guida, Uber si è trasformata in una società piena di guai legali e con un ambiente di lavoro tossico.

I guai grossi sono iniziati a febbraio. Prima un ingegnere, una donna di nome Susan Fowler, racconta sul suo blog di alcune molestie sessuali ricevute dal suo supervisore: la cosa grave non sono soltanto le molestie in sé, ma il fatto che il dipartimento delle risorse umane, pur ammettendo candidamente che di molestie si trattava, le abbia detto che il suo supervisore se la sarebbe cavata con un ammonimento e poi avrebbe avuto tutto il diritto di dare un basso voto alla sua performance, visto che si era ribellata, lasciando intendere una cultura aziendale di sessismo diffuso. Qualche giorno dopo, il leak di un video mostra il Ceo che maltratta un driver di Uber, dove Kalanick non ci fa una bella figura.

Sempre a febbraio, Alphabet, la holding di Google, fa causa ad Uber: l’accusa è quella di furto di segreti industriali relativi alla tecnologia delle self-driving car. Come Google, infatti, anche Uber ha una divisione che studia i trasporti senza pilota, da quando nell’estate del 2016 ha acquistato Otto, una startup fondata da Anthony Levandowski, un ingegnere che fino al gennaio di quell’anno lavorava per il gigante di Mountain View. Google accusa Levandowski di avere portato con sé 9,7 gigabyte di segreti industriali e di averli passato a Otto, cioè a Uber; dal canto suo la società co-fondata da Kalanick sostiene di non avere ricevuto alcuna informazione riservata da Levandowski e di non avere incorporato alcune delle tecnologie di Google nel suo progetto.

Uber Drivers Present Petition To Transport For London

Uber ha licenziato Levandowski a maggio. Sempre a maggio, si aggiunge l’indagine federale dove la compagnia si vede accusata di avere sviluppato e utilizzato un software per entrare nei mercati dove non potrebbe operare. Mentre a giugno ha licenziato 20 dipendenti per molestie sessuali. Lo stesso mese un altro leak, relativo a un documento interno del 2013 e stilato dallo stesso Kalanick, getta nuove ombre sulla presunta cultura aziendale di sessismo: il Guardian lo definisce «un clima da confraternita». A rendere le cose più delicate, non ha giovato la vicinanza di Kalanick all’amministrazione di Donald Trump, poco popolare tra i cittadini urbani che tendono a usare Uber: Kalanick era stato consigliere di Trump, ma ha dovuto lasciare il ruolo a causa delle proteste.

A questo punto i grandi azionisti del gruppo avviano un’indagine interna, affidandola a Eric Holder, un ex attorney general, chiedendogli di stilare un rapporto sulla “workplace culture”. Holder ha consegnato il suo dossier martedì 20 giugno: tra le raccomandazioni c’è quella di ridurre il ruolo di Kalanick nella società, inoltre si segnala uno scarso rispetto per i dipendenti e un potere eccessivo ai dirigenti. Inizialmente il Ceo, ora dimissionario, viene sospeso. Poi cinque grandi investitori – Benchmark, First Round Capital, Lowercase Capital, Menlo Ventures, e Fidelity Investments – hanno chiesto la sua testa. Il quarantenne è giudicato come una testa troppo calda per mantenere salda la società, un elemento di disturbo e fonte di stress per partner e dipendenti. Il New York Times l’ha definito come «un caso da manuale di cultura della Silicon Valley andata male».

 Un driver di Uber, Londra 2015 (Getty); Kalanick  al TechCrunch Disrupt di San Francisco, 2014 (Getty)