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The Imposter: non so chi sono ma sono come tu mi vuoi

Un documentario su Frédéric Bourdin, l'uomo che un giorno, a 23 anni, decise di spacciarsi per un ragazzino scomparso in Texas.

di Federico Bernocchi

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È il 13 giugno del 1994. Siamo a San Antonio, in Texas. Qui abita Nicholas Barclay, un bel ragazzino biondo di anni 13. Da quello che sappiamo, Nicholas va da sua mamma e le chiede se può andare a giocare a baseball con i suoi amici. La madre gli dàqualche dollaro e lo lascia andare. È caldo ed è una bella giornata, perché no? Nicholas Barclay non tornerà a casa quella sera. E neanche quella successiva. La famiglia Barclay non avrà più notizie del piccolo Nicholas per molto tempo. Per la precisione fino al 7 ottobre del 1997, tre anni e quattro mesi dopo. Siamo a Linares, in Spagna. Arriva una telefonata anonima alla centrale di Polizia. Una coppia di turisti dice di aver trovato un adolescente, da solo, abbandonato in una cabina del telefono. L’adolescente è evidentemente spaventato, molto probabilmente sotto shock. Non ha con sé un documento d’identità, non sa chi è, non dice una parola. Dopo una serie di controlli, la Polizia non può fare altro che portarlo in un centro d’accoglienza. Qualche giorno dopo questo misterioso ragazzo dice di essere Nicholas Barclay. Proprio lui, quel piccolo ragazzino biondo scomparso tempo fa negli Stati Uniti. Cosa gli è successo nel frattempo? Dov’è stato? Com’è finito in Spagna senza un documento d’identità?

Nicholas non è più quel ragazzo solare di un tempo: è diventato taciturno, estremamente riservato, ombroso

La notizia del ritrovamento del ragazzo coglie ovviamente di sorpresa la famiglia Barclay. Ok, non avevano smesso di sperare che il loro piccolo bambino fosse ancora vivo, ma dopo più di tre anni, qualche piccolo sospetto gli era venuto. La sorella di Nicholas si imbarca e vola fino in Spagna per andare a prendere suo fratello. Lo incontra, lo abbraccia e lo riporta a casa con sé. All’aeroporto lo viene a prendere la famiglia Barclay al gran completo. Oltre alla sorella, c’è la madre, gli zii, i nipotini: tutti. Tutti lì per il povero Nicholas. Che, poverino, se ne sta zitto, in disparte. Evidentemente ha paura di raccontare a tutti cosa gli è accaduto in quel lungo periodo. Si può solo immaginare cosa può aver passato quel ragazzo. Dev’essere per forza andata così, anche perché Nicholas non è più quel ragazzo solare di un tempo: è diventato taciturno, estremamente riservato, ombroso. Si vede che è contento di essere tornato a casa, ma forse qualcosa s’è incrinato dentro di lui.

L’adolescente dice anche che i militari gli hanno fatto una serie di operazioni per cambiarlo fisicamente

Un ragazzo che ricompare dopo così tanto tempo suscita scalpore. E infatti si mobilita la stampa, la televisione, gli psicologi, i sociologi. Nicholas finalmente si apre e racconta tutto: è stato rapito. È stato rapito da dei militari messicani, americani e francesi che l’hanno portato in giro per il mondo a bordo di aerei da combattimento. Per quello non è mai passato da un controllo di passaporti o da una dogana. I militari l’hanno torturato e violentato. Ma non c’era solo lui in quell’incubo. Si parla di decine e decine di bambini innocenti nella mani di orribili soldati senza scrupoli. Nicholas dice che le torture erano terribili, al limite della sopportazione umana. I racconti raccolti dagli specialisti fanno letteralmente accapponare la pelle. Non stupisce affatto che il ragazzo sia conciato in quel modo. L’adolescente dice anche che i militari gli hanno fatto una serie di operazioni per cambiarlo fisicamente e renderlo irriconoscibile. Gli hanno messo dello strano collirio negli occhi che da azzurri sono diventati scuri, marroni. Gli hanno parlato per anni solo ed unicamente in francese, in modo da confonderlo e fargli dimenticare la sua lingua madre. Ma adesso Nicholas è tornato e ha la fortuna di avere una famiglia dalla sua parte che l’ha ripreso con sé. L’hanno reinserito nella società, mandato a scuola, all’High School di San Antonio, ha anche trovato una ragazza della sua età con cui esce la sera. Quando non è fuori con gli amici, esce con lo zio con cui ha instaurato un rapporto speciale. Un normale adolescente texano di 17 anni. Ok, forse nessuno riuscirà ad arrivare a quei militari che hanno rovinato la vita a tutti quei ragazzini, ma è quasi una storia a lieto fine. Come “quasi”?

Beh, c’è un piccolo problema. Un elemento che difficilmente ci può fare catalogare il tutto come un vero e proprio happy ending. Nicholas Barclay non è Nicholas Barclay. Si tratta di un impostore. Si tratta di un’altra persona che ha fatto semplicemente finta di essere chi non è. A questo punto le domande che vi staranno frullando nella testa saranno molte. Per esempio: e allora chi diamine è quel ragazzo? Che fine ha fatto il vero Nicholas? Ma soprattutto: come è possibile che una mamma, una sorella, un’intera famiglia, non si sia accorta in più di quattro mesi che quello non era il piccolo Nicholas?

È proprio lui a raccontare di come quel lontano giorno decise di mettersi in quella cabina

Cominciamo a dare un po’ di risposte. Anzi, facciamocele dare da un film. Si intitola The Imposter, è un documentario diretto nel 2011 da Bart Layton. Layton ha un bel po’ di esperienza per quanto riguarda la televisione, sia come regista, che sceneggiatore o montatore, ma questo è il suo esordio cinematografico. The Imposter è stato presentato con successo al Sundance nel gennaio del 2012 e da allora è diventato un piccolo casi cinematografico mondiale, tanto che nel momento in cui scriviamo è addirittura in qualche sala italiana. Bart Layton è riuscito a contattare e intervistare Frédéric Bourdin, ovvero colui che s’è spacciato per Nicholas Barclay. Ha parlato con lui, con i membri della famiglia che l’hanno ospitato e con tutti coloro che sono rimasti coinvolti in questa loschissima vicenda: investigatori privati, ispettori di polizia, psicologi e molti altri. C’è di tutto, anche se la parte del leone la fa proprio lui, Frédéric Bourdin. È proprio lui a raccontare di come quel lontano giorno decise di mettersi in quella cabina del telefono e di chiamare la polizia. Era stanco, non ne poteva più di essere lui: voleva cambiare vita. Ed è per questo motivo per cui si liberò dei propri documenti e fece quella telefonata alla Polizia spagnola. Aveva già 23 anni, ma decise di comportarsi come un ragazzino, come un adolescente. Una volta preso in custodia, si ritrovò circondato da suoi “coetanei” nella sua “stessa situazione”. Decise di non dire nulla a nessuno, di non aprire bocca e vedere cosa sarebbe successo. Ma gli assistenti sociali avevano bisogno di sapere la sua vera identità e i casi erano due: o quel ragazzo si decideva a parlare, o bisognava ricorrere all’esame del Dna. A quel punto Bourdin sfoglia un giornale, scopre la storia di Nicholas Barcalay e intravede una possibilità. Ma è un’impresa disperata. Nicholas era biondo, mentre lui è moro. E decide dunque di tingersi i capelli. Nicholas aveva due piccoli tatuaggi sulle mani. E decide dunque di farsi tatuare di corsa da un amica. Bourdin parla francese e non americano. E decide dunque di inventarsi quella cosa dei militari. Ha gli occhi scuri e non azzurri. E decide dunque di inventarsi quella cosa del collirio.

Rimane un solo dubbio, il più grande e il più spaventoso: com’è possibile che sia riuscito a fregare tutti? Quando la sorella arriva a prenderlo in Spagna, gli mostra una serie di fotografie della famiglia. Bourdin si attiva e memorizza tutto quello che vede. Associa nomi a volti, vede i luoghi, intuisce chi si troverà di fronte negli Stati Uniti. Forse è per questo che una volta lì, riesce a fregare tutti. O forse è perché la voglia di credere che quella persona che hai davanti agli occhi sia veramente chi dici di essere, perché in questo modo è possibile riscrivere la storia e sapere che tutto è andato per il meglio, che quell’incubo è finito e che adesso il piccolo Nicholas è sano e salvo. O forse c’è sotto qualcosa e quello che è stato fregato è proprio Bourdin. The Imposter è un film che racconta, alternando il documentario a qualche piccola parte di fiction, una storia assolutamente incredibile ma che sappiamo essere successa realmente. Si tratta del resoconto di una piccola frattura, di uno strappo in quello che normalmente avremmo potuto considerare la realtà. Sotto, appena sotto quella superficie, c’è un mondo di pazzia e di segreti. Un documentario che ricorda molto da vicino un film dell’orrore. Per la cronaca, esiste anche un film di fiction su questa storia: si intitola Le Camaleon ed è stato diretto nel 2010 dal francese Jean-Paul Salomé.

 

Nell’immagine in evidenza: una scena di The Imposter