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Sottomettiti e sarai felice

Recensione e analisi di Sottomissione, l'ultimo (e molto chiacchierato) romanzo di Michel Houellebecq, alla luce dei fatti del 7, 8 e 9 gennaio a Parigi. Con però molte differenze: nel romanzo di Houellebecq, l'Islam è "i buoni".

di Vincenzo Latronico

0. Proviamo a parlare del nuovo romanzo di Houellebecq facendo finta che nell’atroce mattina del 7 gennaio a Parigi, in rue Appert, non sia successo niente. E cioè: proviamo a parlarne come se fosse (solo?) il nuovo romanzo di Houellebecq, e non un’analisi o una prefigurazione di quello che sta succedendo al mondo. Per pensare al mondo c’è sempre tempo.

1. Soumission è la storia parallela di una crisi personale e una collettiva. Quella personale è legata alla storia del narratore François, un professore universitario specializzato in Huysmans che si trova a dover affrontare una crisi interiore legata alla convinzione che tutto ciò che compone la sua vita – la carriera, la lettura, il sesso e l’amore – sia incapace di offrirgli felicità o senso. Quella collettiva è legata alla democrazia europea, che nel 2022 in cui è ambientato il romanzo è dominata da un partito che vuole instaurare la legge coranica. Naturalmente, le due storie sono una sola.

François è un personaggio tipicamente houellebecquiano: beve molto, frequenta le sue studentesse, cena da solo di fronte alla Tv, scopa con puttane di origine araba, legge poesia dell’Ottocento, reagisce alla morte dei genitori con stordimento e perplessità. È sulla soglia della mezza età e inserito solidamente nella borghesia professionale: la crisi che affronta non ha un evento scatenante, non ha una ragione evidente, è più legata a un progressivo spegnersi (o meglio: a un progressivo rendersi conto che qualcosa, se mai è stato acceso, si è spento). Non a caso, di Huysmans lo aveva sempre affascinato non l’estetismo lussureggiante degli inizi ma il percorso verso la conversione, il bisogno di allontanarsi dalla realtà. La vita gli interessa poco.

Cinque anni dopo le elezioni del 2017 la situazione si ribalta: e i francesi si trovano a dover scegliere fra un partito apertamente razzista e uno che propone, be’, la sharia.

È quindi in modo inizialmente spassionato che François segue le elezioni presidenziali del 2022. Alle precedenti un nuovo partito, la Fratellanza Musulmana, ha ottenuto un successo sorprendente, raccogliendo soprattutto i voti dei “nuovi francesi”, degli immigrati di seconda e terza generazione, delle banlieue. Si presenta un po’ come il PC delle origini: molto marcato in termini di classe, sostenuto da una rete di iniziative popolari (mense, scuole, società culturali e di mutuo soccorso) che ne garantisce il radicamento sul territorio, come si dice. Nel 2017 era arrivato terzo, contribuendo al ballottaggio a far rieleggere un debolissimo Hollande pur di evitare il governo xenofobo del Front National. Cinque anni dopo la situazione si ribalta: e i francesi si trovano a dover scegliere fra un partito apertamente razzista e uno che propone, be’, la sharia.

La sera dello spoglio François è a un ricevimento organizzato da una rivista accademica sulla letteratura dell’ottocento, quando scoppiano i primi tumulti. Si sentono degli spari, si vedono delle auto in fiamme. L’esercito è in città ma apparentemente non reagisce, le elezioni saltano. Per qualche giorno le strade si svuotano, le persone si barricano in casa temendo il peggio, François scappa dalla città per paura di un assedio e trova solo una sequela di benzinai deserti seminati di cadaveri. Nel paesino di montagna in cui si ritrova per caso incontra l’unica collega con cui sia in buoni rapporti; il marito, nei servizi segreti, gli spiegherà a lungo (a beneficio del lettore) la situazione.

Non è chiaro chi abbia organizzato le violenze, ma nella confusione della replica delle elezioni il blocco repubblicano (socialisti e destra moderata, entrambi esclusi dal ballottaggio) finisce alla fine per appoggiare il partito islamista: un po’ per rifiuto della xenofobia della destra estrema, un po’ per le abilissime manovre del suo leader, Ben Abbes, che si presenta come pacato e rassicurante, prende le distanze dagli estremisti (ma sembra poterne oscuramente controllare picchi e avvallamenti di attività), offre politiche sociali e culturali col sostegno economico delle colossali fortune del petrolio. Chiede in cambio delle larghe intese, le ottiene.

La Francia non ci mette molto a cambiare. Dalle strade spariscono le minigonne. L’Unione Europea si avvia ad includere Tunisia, Marocco ed Egitto. La poligamia diventa legale. La Sorbona viene comprata dai sauditi.

La Francia non ci mette molto a cambiare. Dalle strade spariscono le minigonne; l’economia migliora grazie al sostegno alla microimpresa e all’artigianato, in base a un modello di società incentrato sulla famiglia anche come unità economico-produttiva (che rende contenti i tradizionalisti di destra ma anche le “partite Iva”, la sinistra più giovane). L’Unione Europea si avvia ad includere Tunisia, Marocco ed Egitto. La poligamia diventa legale. La Sorbona viene comprata dai sauditi, cambia rettore e diventa un’università coranica. François ne viene licenziato, ma solo per un disguido – in realtà, da molti punti di vista, è destinato a riavvicinarvisi più di quanto egli stesso non sospetti.

2. Tutti questi dettagli non devono sembrare fuori luogo: sono anzi il cuore del romanzo, che spesso dedica pagine su pagine alla ricostruzione politica e giornalistica dei fatti di cronaca, dato che è su di essi che si fonda la sua straordinaria plausibilità. Ciò che sorprende nell’ascesa dell’Islam in Francia è quanto poco risulti sorprendente. Houellebecq si sforza perché al lettore sia chiaro che avrebbe votato allo stesso modo, che avrebbe accettato quelle stesse politiche (in tempi recenti si è accettato ben di peggio). In fondo la Fratellanza Musulmana è un partito moderato e confessionale proprio come l’UDC; è un movimento di massa dal basso proprio come il PCI.

E come arriva al potere? Be’, esattamente come il PCI contava di instaurare la dittatura del proletariato: sfruttando i bug della democrazia occidentale. Il calo delle nascite nelle classi superiori fa sì che i migranti siano, percentualmente, sempre di più (e quindi sempre più rilevanti alle urne); l’ossessione per il politically correct porta un Imam ad avere più credibilità di un neofascista (il primo va incluso, il secondo escluso a tutti i costi); la crescente dipendenza dal petrolio, unita alla fragilità economica sempre più grave, aumenta a dismisura il potere politico e il prestigio di chi lo vende.

Un altro bug della democrazia occidentale è che i suoi cittadini sono infelici e soli e convinti che nulla abbia senso.

Ma non solo. È qui che la linea collettiva e quella personale del romanzo si sovrappongono sino a fondersi del tutto: perché un altro bug della democrazia occidentale è che i suoi cittadini sono infelici e soli e convinti che nulla abbia senso. Questo sentimento, per Houellebecq – che ne ha fatto il centro di tutta la sua produzione letteraria – è legato allo smarrimento e all’angoscia che nasce quando a una totale libertà di azione si unisce la certezza che nessuna di queste azioni potrà raggiungere il proprio scopo, che è la soddisfazione del desiderio.

In ciò, questo romanzo si ricongiunge perfettamente al problema cruciale dei romanzi di Houellebecq: che è la ricerca di una trascendenza, una via di fuga dall’occidente capitalista che domina l’uomo non con la frusta o con la religione, ma con il meccanismo del desiderio. In Estensione del dominio della lotta questa pareva essere l’atarassia, ne Le particelle elementari l’estinzione volontaria, in Piattaforma un’impossibile e fallimentare forma di epicureismo, ne La possibilità di un’isola una versione fantascientifica dell’ascensione.

L’idea centrale di Soumission sembra in linea con questa progressione ma non del tutto. Al cuore del libro non è il classico del pensiero religioso secondo cui rinunciando a una libertà formale, ansiogena e sotto sotto fallace, l’uomo contemporaneo potrà trovare la felicità e la pace; ma è che questa promessa potrà bastare a una nuova ideologia per spazzare via gli sgangherati residui dell’illuminismo capitalista e democratico. Non si può sapere se tale promessa sarà mantenuta; ma la speranza che lo sia, sostiene Houellebecq, è già molto più di quanto abbiamo di solito.

3. Sì, ma ora torniamo al mondo. Tutti questi discorsi sulla trascendenza, almeno in superficie, sono stati comprensibilmente annichiliti dall’attentato alla sede di Charlie Hebdo, a Parigi, il giorno dell’uscita di Soumission. Solo in superficie, però: perché a ben vedere l’Islam di cui parla Houellebecq è di segno drasticamente opposto a quello la cui falange più estrema e brutale si è manifestata in questi giorni.

In senso spirituale, Houellebecq non presenta una religione barbarica di martiri del jihad, ma un sistema di pensiero accogliente e rasserenante, che offre una vera via di fuga dalla sofferenza dell’occidente contemporaneo. Da un punto di vista più prosaico, il romanzo parla di una dominazione di tipo economico e politico, di una vittoria ottenuta col denaro, con l’abilità diplomatica, con la forza demografica e con la strategia.

In Soumission i terroristi ci sono, sì, ma sono collaterali alla trama e quasi indesiderati agli stessi politici che ne traggono vantaggio. Gli attentati di questi giorni, semmai, rendono più implausibile l’effettivo svolgersi della trama; il romanzo risulta tutt’al più meno profetico per via della coincidenza. Fra il testo di Houellebecq e la strage di Charlie Hebdo c’è lo stesso rapporto che potrebbe esserci fra un libro sul compromesso storico e un attacco delle BR.

Fra il testo di Houellebecq e la strage diCharlie Hebdo c’è lo stesso rapporto che potrebbe esserci fra un libro sul compromesso storico e un attacco delle BR.

(Qui non sto dicendo che Houellebecq non sia a rischio. In passato ha avuto esternazioni molto dure nei confronti dell’islamismo, e ad ogni modo se le gazzette di tutto il mondo – senza leggerlo – lo associano all’attentato, non è da escludersi che lo facciano anche gli attentatori. Sto dicendo, però, che con il suo libro tutto questo non c’entra niente, perché dal suo libro l’Islam ne esce bene.)

C’è un altro aspetto, forse, per cui però questa circostanza dice qualcosa di Soumission. Nonostante il legame fra libro ed eventi sia debole e di senso opposto a quello visto da molti, è indubbio che vi sia. Il romanzo di Houellebecq si rapporta alla cronaca, si colloca nel suo stesso orizzonte. È per questo che è difficile parlarne senza riassumerlo molto, a volte del tutto; è per questo che, nel suo sviluppo, Houellebecq si trova a doversi dilungare spesso eccessivamente su dettagli di trama, ricostruzioni giornalistiche, retroscena politici, a scapito di ciò che in genere lo interessava – l’evoluzione interiore dei personaggi. Addirittura, nella seconda parte, il lettore ha l’impressione che questa non lo interessi quasi più – che sia confinata agli spazi interstiziali fra dialoghi-fiume in cui vengono riassunti mesi di sviluppi politici o intere filosofie della religione. Questo non solo rende la lettura spesso faticosa, talvolta persino noiosa (l’impressione è di una conclusione sbrigativa e secca, un po’ buttata lì, che avrebbe richiesto centinaia di pagine in più); la rende anche stranamente, sorprendentemente contingente.

È un aggettivo che difficilmente avrei associato a Houellebecq, prima d’ora. Non fatico a immaginare che Estensione del dominio della lotta possa essere letto ancora fra venti, cinquanta o cento anni, se la nostra civiltà continuerà a esistere, cosa che tutto sommato mi sembra molto probabile. Ma fatico a immaginare il senso di Soumission quando il terrorismo islamico (si spera) non sarà sulle prime pagine e nessuno più saprà chi era Marine Le Pen. Il primo libro di Houellebecq dialogava esplicitamente con Nietzsche; l’ultimo dialoga, be’, coi giornali del sette gennaio, circa una settimana fa.

 

Illustrazione di Filippo Pellini

Sottomissione uscirà per Bompiani il 15 gennaio