Attualità

Servizio Pubblico vs devastatori

Sinistra, borghesia e snobismo: lettura intima di un servizio tv sugli scontri di Roma del 15/10

di Francesco Pacifico

Michele Santoro ha lasciato la Rai e sta lavorando a Servizio Pubblico: una trasmissione di giornalismo che si propone di fare il lavoro che spetterebbe al servizio pubblico – ossia la Rai sempre più inguardabile degli ultimi anni. Non trovo in lui nessuna colpa, mi verrebbe da dire come Ponzio Pilato. L’idea di Santoro è attuale: la partecipazione alle sorti del paese si è vivacizzata negli ultimi due tre anni e Santoro, che già aveva sperimentato con la serata Raiperunanotte, sperimenta un’altra idea: chiedere una sottoscrizione di dieci euro a chiunque voglia vedere un programma di giornalismo fatto bene, trasmettere poi in un network di emittenti che vanno da Sky Tg24 a Telecapri. Ho visto il primo video del sito serviziopubblico.it in maniera non ortodossa: ne ha mandato in onda uno spezzone un altro sperimentatore, Enrico Mentana, che nel momento in cui ogni tg diventava completamente inguardabile, ha deciso di sperimentare con lo spoken word tipo Emilio Fede, provando a usare quella tecnologia retorica, diciamo così, a fin di bene, e costruendo intorno ai suoi monologhi concerned un telegiornale ondivago.

Il problema è che 10 anni di progressismo self-hating non si mettono da parte in un secondo, per cui sia io che molti altri ci ritroviamo ad assistere con snobistico fastidio a ogni singola impresa impegnata dei grandi nomi della sinistra. Chi come me ha maturato nel tempo un odio fraterno per quella cultura di sinistra che crede ciecamente nella propria giustizia efficienza efficacia simpatia inevitabilità, si è ammalato di odio di sé al punto che se la Dandini e Luttazzi e Santoro soffrono gode morbosamente, scordandosi la gioia di esser cresciuto guardando Avanzi e leggendo gli scritti umoristici di Woody Allen salvati dal traduttore e filologo Luttazzi dallo scempio delle traduzioni precedenti.

Quindi in fondo mi dispiace star qui a notare la pagliuzza nell’occhio di Servizio Pubblico. Direi però che posso fare due cose contemporaneamente: dire che SP è una grande idea, e dire che alcune scene del reportage di SP sulla manifestazione di Roma del 15 ottobre mi hanno mostrato molto meglio di quanto avrebbe potuto fare un editoriale di Libero la condizione mentale della sinistra borghese romana cui appartengo.

Ma ci devo arrivare per gradi.

Il video: “Gli scontri di Roma del 15 Ottobre” che si può trovare fra i video in homepage di serviziopubblico.it è un ottimo reportage della manifestazione romana. La giornalista Giulia Bosetti ci mette la faccia e va in giro dal pomeriggio alla sera raccontando prima il timore che ci siano scontri, poi gli scontri, poi la distruzione. Il modo in cui questo reportage davvero interessante racconta gli scontri e i protagonisti mascherati degli scontri, i devastatori, rappresenta molto bene come nella sinistra italiana borghese (NB: il reportage racconta anche parecchia sinistra non borghese) la politica è vissuta come miscuglio vivace ma sempre moderato di istanze di libertà e potere di autocontrollo.

7:01 “Vediamo loro, fermi e allineati, pronti a colpire”.

Un tipo con maschera Guy Fawkes e altri mascherati che sfondano vetri. “Oh ma stai buono stai calmo!” dice la giornalista a uno mascherato. Tre del pomeriggio, “tutto intorno è già distruzione”, musica da film, La Banca Carim dove chi va a Monti a fare l’aperitivo di solito ritira il cash è già sfondata.

9.40 “Quando arriviamo in via Labicana scoppia la guerra.” I tipi mascherati cercano di arrampicarsi sulla caserma. “Ma saranno in tutto una quarantina di persone con i caschi che dove passano fanno distruzione. Il resto del corteo, oltre trecentomila persone, sta proseguendo serenamente”. Il mito della serenità. Nonostante ammiri il coraggio della Bosetti che è stata sempre vicina all’azione ed è un’ottima giornalista, il ragionamento “pochi violenti non devono rovinare le buone intenzioni di molti” non l’ho mai capito. La storia la fanno anche i gruppi sparuti di violenti. Siamo cresciuti col mito di quei pochi che hanno preso le armi contro i nazisti mentre l’Italia qualunquista stava ferma a farsi liberare. Non dico che ogni violento che si ribella a un oppressore da lui designato (il nazifascismo; la finanza mondiale) merita il nome nobilitante di Resistente, ma cascare dalle nuvole di fronte alla rottura della legalità lo trovo sempre assurdo, a sinistra. Il mito della serenità poi mi fa sempre pensare a Laura Morante.

11:20 Un momento eccezionale, un semplice accenno di rissa tra incappucciati e scappucciati in cui si capisce davvero cos’è lo scontro sociale e a che punto si potrebbe arrivare molto presto, e nell’urlo quasi terrorizzato “Bonii! Bonii! Bonii!” di un tipo che li vuole separare sentiamo un’insolita urgenza che non c’entra niente con l’accento romano (con l’accento romano di Giovanni Paolo II che dice Semo romani damose da fa’).

Cominciano le cariche della polizia.

20.20 Si sente del vetro a terra, qualcuno ha lanciato qualcosa. Un’altra giornalista coraggiosa (lo devo ripetere, perché se no sembra che non tengo conto di quanto notevoli sono queste tre donne di serviziopubblico.it che si sono fatte in quattro rischiando di prendere sampietrini in faccia), una giornalista bella e con la erre moscia, lunghi capelli castani, urla: “Noooo! Ma pevvchéé?”

Ora. Questo “Ma pevvchéé” non significherà niente per i più, ma la voce aristocratica della giornalista (mi scuso se non la chiamo per nome, ma non la conosco, e mi piace non conoscerla perché mi permette di idealizzarla) ha parlato al mio cuore in un modo incredibilmente intimo. La donna ha una voce aristocratica e prova dei sentimenti che conosco benissimo. Qualunque cosa dica, a me ne dice molte altre. “Siamo a metà di Via Cavouv, hanno appena dato fuoco a una macchina”. Quando individua gli incappucciati e porta il cameraman a filmarli, e quelli urlano “Vai via! Vai via!” e abbassano la telecamera, il mio cuore sa cosa significa la risposta indignata di lei, che protesta: “Stiamo lavovando!” Tutti gridano “Via! Via!” ai devastatori. Musica triste di viole e violoncelli digitali nel montaggio del reportage. Inizia la parte deprimente: la manifestazione è fallita. Tutti gridano “Fascisti!” ai devastatori. E un sentito: “State a fa’ il gioco loro! Oggi abbiamo perso!”

I devastatori sono dei coatti. Si muovono come fascisti, col passo in punta di piedi, un po’ “tz tz”, un po’ stronzetto. Lì per lì siamo sicuri che siano portati dai servizi segreti e quindi dal governo, perché sono fasci e coatti come il governo. Ma poi nei giorni successivi si comincia a parlare di un’effettiva piega violenta di gruppi vari addestrati. La disputa teologica vuole che la frangia violenta non sia davvero di sinistra. Ok. Mi interessa soprattutto cogliere in me, il giorno della manifestazione, la certezza psicologica di aver individuato dei fascisti, e di trovare i devastatori incredibilmente coatti e perfino coatti estetizzanti, come dei tronisti di Maria De Filippi.

“La polizia sta cavicando in via Labicana pev affvontave una pavte del covteo”. Le scene di guerra con cassonetti e scudi di polizia e camionette che corrono in tondo e botti, commentate dalla tipa con evve moscia sono fortissime. Lo so che è ingiusto, ma il “Ma pevchééé?” è un grido sincero e struggente e un po’ ridicolo. Prendere in giro caratteristiche come la parlata di qualcuno è da fascisti. Lo odio quando lo fanno gli altri. Quel Ma pevvvchééé è ipnotico. La sua voce è ipnotica. “Anche la polizia sta lanciando sanpietvini convo i passanti”. Pevché questa giovnata che era pev noi, l’opposizione, il Paese Normale, è finita in mano a Pochi Violenti?

La erre moscia, l’accento aristocratico, sono il tocco magico di questo reportage: la voce della borghesia beneducata e benintenzionata che si stupisce e si scandalizza di fronte all’esercizio della violenza da parte di qualcuno. Il fatto che siano pochi sembra una prova di qualcosa di profondo: se sono pochi, è come se non stesse succedendo. Domani ci sveglieremo. Intanto la giornalista si è messa un giubbino di pelle. Probabilmente la conosco. Probabilmente abbiamo fatto il liceo insieme.

37:40 Ma il vero teorico della sinistra non è la erre moscia bensì un tipo intervistato a fine giornata da Giulia Bosetti. La Bosetti, ancora in piedi e veramente ammirevole, trova sulla sua via, a via Merulana, dove è tutto molto brutto con i cassonetti incendiati in mezzo alla strada, un signore progressista col fiatone, residente nella via, cui i barbari hanno sfondato la moto. Ma lo spirito di giustizia è sempre vivo: È agitato per la moto o per la situazione? “Sono agitato perché non è una bella situazione. La moto – e il motorino di mia moglie che sta lì in mezzo – certo è solo un piccolo problema”. Diverse migliaia di euro di piccolo problema. Non capisco se è nobiltà d’animo o un calcolo economico. “Il problema grosso è che in Italia in questo momento non va niente. (…) La colpa di quello che è successo oggi è di tanti”. Per tanti il signore di via Merulana intende due gruppi: il governo, e i devastatori: “Sicuramente è di quelli che stanno al governo e che non capiscono che è il momento di cambiare. Ma è anche degli altri, dei provocatori, che in questo modo danno la possibilità a chi è al potere di dire Noi siamo nel giusto voi siete i violenti. La realtà è questa”.

La realtà è questa: la borghesia illuminata avrà sempre ragione: non c’è tensione sociale che tenga. Noi siamo nel giusto. La colpa è di tanti: del governo e delle persone mascherate. Noi andiamo nei cinema d’essay. Voi: il governo, i devastatori, non siete gente al 100%, voi siete dei cafoni e ai cafoni noi diciamo: ma pevché?

Ecco le persone che non fanno parte della storia democratica, e che rovinano con le loro posizioni antidemocratiche il nostro processo di risorgimento pacifico e aperitivo-compatibile:

Un trentenne devastatore che si è addestrato in Grecia.

E una ragazza-madre. “Non siamo venuti a fare la passeggiatina a Roma con i cartelli, con le danze, a fa’ gli indignados con la puzza sotto al naso: a me me rode il culo”.


Cafoni.