Attualità

Scientology contro Internet

Come la chiesa fondata da L. Ron Hubbard è ricorsa al web per rispondere alle accuse del documentario Hbo Going Clear.

di Davide Piacenza

 
Sul numero 25 di Studio, in uscita venerdì, pubblichiamo un estratto de La prigione della fede – Scientology a Hollywood, la versione italiana del bestseller Going Clear, di Lawrence Wright. Il libro, tradotto da Milena Zemira Ciccimarra, uscirà il 22 ottobre prossimo per i tipi di Adelphi.

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Going Clear, il film sulla chiesa di Scientology diretto da Alex Gibney, prodotto da Hbo e mandato in onda sullo stesso canale il 29 marzo di quest’anno, dopo essere stato originariamente presentato al Sundance, ha incontrato un grande apprezzamento da parte del pubblico: soltanto ad aprile di quest’anno l’atto di accusa contro il sistema che tiene in piedi la religione di L. Ron Hubbard aveva attirato 5 milioni e mezzo di spettatori, rendendolo il secondo documentario più visto della storia della rete americana. Agli Emmy della settimana scorsa il film si è aggiudicato tre premi, tra cui quello per il Miglior documentario apparso negli Stati Uniti.

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La copertina del libro di Lawrence Wright.

Scientology è altresì nota per la veemenza con cui risponde ai suoi detrattori, per vie legali e non solo. Nel 2013 l’editore britannico Transworld aveva tolto dal suo catalogo l’omonimo libro-inchiesta firmato dalla penna del New Yorker Lawrence Wright, poi materia prima proprio per il cortometraggio di Gibney (di cui Wright è produttore), per timore di ripercussioni giuridiche. Sheila Nevins, responsabile dei documentari per Hbo, alla fine del 2014 aveva dichiarato all’Hollywood Reporter di aver mostrato la versione finale di Going Clear «a circa 160 avvocati». Ma la vicenda di Going Clear, non fosse altro per l’eco generata dal prodotto di Hbo, in questo senso non ha fatto eccezione: prima della premiére, a gennaio, la Chiesa di Scientology è ricorsa alle sue facoltose finanze per comprare un’intera pagina di pubblicità sul New York Times e il Los Angeles Times, accusando Gibney e Wright di una frode giornalistica pari a quella del pezzo di Rolling Stone su uno stupro mai avvenuto all’Università della Virginia (forse il caso recente più discusso di errore marchiano commesso da una grande testata statunitense). Già prima della presentazione, Gibney stesso aveva dichiarato al Times di aver ricevuto messaggi da parte di rappresentanti di Scientology che «sembravano metterci in guardia, ma metterci in guardia senza sapere» cosa contenesse effettivamente la pellicola.

C’è una sequela infinita di video che prendono di mira le fonti del film (Gibney stesso diventa «Doctor of Propaganda»)

Oggi Going Clear ha una valutazione superiore all’8/10 su Imdb, e le sue rivelazioni su presunti abusi, violenze e pressioni psicologiche ai danni dei membri di Scientology continuano ad attirare molti curiosi. L’organizzazione di Hubbard ha risposto creando ex novo una sezione del sito di Freedom, il magazine che la chiesa pubblica ininterrottamente dal 1968, esplicitamente dedicata al documentario. Ancora più dei toni marcatamente aggressivi usati da Scientology nel rispondere a Gibney e Wright, a saltare agli occhi è il numero di contenuti presenti sulla pagina web: c’è una sequela infinita di video che prendono di mira singolarmente le fonti considerate dal film (dove il regista stesso diventa «Doctor of Propaganda» e Mike Rinder, ex portavoce di Scientology che da anni è fuoriuscito dall’organizzazione, «The Wife Beater», un violento che picchia la moglie), coprendole di discredito sul piano personale; e, sotto la scritta a caratteri cubitali «Read the truth»,  c’è la dozzina di lettere che la chiesa dice di aver mandato a Hbo per chiedere lumi sulle accuse contenute nella pellicola.

Per Scientology occuparsi delle voci negative sul proprio conto non è una novità: l’Office of Special Affairs è un comparto della chiesa istituito negli anni Sessanta che cura le sue relazioni pubbliche, secondo alcuni critici anche trattando il problema delle voci dissidenti. Tory Christman, oggi un’attivista anti-Scientology, sul finire degli anni Novanta ne faceva parte, e ha raccontato al magazine The Kernel come l’avvento di Internet sia stata la vera spina nel fianco del sistema creato da Hubbard: se fino a quel momento le informazioni potevano essere tenute segrete e le gerarchie interne non essere intaccate dalle critiche, la comparsa di un mezzo che faceva dell’apertura e della disintermediazione i suoi punti di forza, per Scientology non poteva che essere una minaccia. Un newsgroup su Usenet dedicato all’organizzazione, alt.religion.scientology, sul finire del 1994 divenne oggetto di interesse da parte degli avvocati della chiesa per la pubblicazione del famigerato mito fondativo di Xenu, la cosmogonia di Hubbard che gli adepti della religione teoricamente sono in grado di scoprire soltanto dopo anni di fedeltà a Scientology (in seguito Xenu è finito addirittura in una puntata di South Park, però).

Oltre al sito Internet, Scientology ha deciso di replicare a Going Clear anche sul terreno dei social network. Su Twitter è comparso l’account @FreedomEthics, la cui attività è limitata al postare assiduamente link ai vari video discreditanti ospitati da Freedom. Su Facebook, dove la pagina ufficiale della chiesa conta oltre 330 mila “mi piace”, si segnala invece Alex Gibney Propagandist, utilizzata con lo stesso fine. Esiste poi un vasto sottobosco di siti web e account votati a sminuire i critici più in prima linea (@WhoIsMikeRinder, su Twitter, e whoispaulhaggis.com sono soltanto due esempi), e tutti sono sintonizzati sugli stessi video di difesa dalla «propaganda» di Gibney, dipinto alternativamente come falsario o come bigotto. Spesso, pare, questi account postano addirittura alla stessa ora.

A febbraio, dopo la presentazione del film, la portavoce di Scientology Karin Pouw ha scritto ai critici cinematografici dei media di mezzo mondo per lamentarsi della pubblicazione di ciò che il suo comunicato stabiliva essere «menzogne sfacciate». Scientology e il suo leader erede di Hubbard, David Miscavige, sono però abituati ad affrontare pochi nemici per volta, una situazione ideale per la strategia votata all’attacco propugnata dal fondatore della setta. Ma un conto è doversi occupare di un pugno di voci discordi, del tutto un altro far cambiare idea a milioni di persone che hanno libero accesso a ogni tipo di informazione reperibile. Come chiosato da un commentatore su una pagina delle fonti consultate per scrivere questo articolo, forse anch’egli conquistato dalla «propaganda» di Wright e Gibney, «Scientology non può denunciare Internet».

Nell’immagine in evidenza: Il regista Alex Gibney arriva a una proiezione di Going Clear. Los Angeles, 9 marzo 2015 (Kevin Winter/Getty Images)