Attualità

Sasha l’artista

Considerazioni sul tour italiano di Sasha Grey, sull'entusiasmo per l'ex pornostar e per la sua carriera intellettuale e rinascimentale.

di Davide Coppo

L’inizio di questo articolo è in realtà una fine: quella della carriera di attrice pornografica della più importante pornostar, forse, dai tempi di Jenna Jameson. Parlo di Sasha Grey e del 2011, anche se il ritiro dalle scene era arrivato molto tempo prima, e la data è in realtà una data di convenzione, ufficiale, quando la stessa decisione in forma ufficiosa aveva già preso piede da mesi, anni. Sasha Grey, dopo 271 film, a ventitré (ventuno) anni, dice basta, è stato bello, adesso voglio fare altro. Vuoi fare i film “quelli veri”? Le chiedono. Lei dice forse, vediamo, chissà. Nel 2009 l’aveva già chiamata Steven Soderbergh a recitare in The Girlfriend Experience, una pellicola certo non epica in cui Grey interpreta una prostituta alle prese non con omicidi o terrorismo o malattie o lutti o gravidanze, ma solo semplicemente con i suoi clienti, nulla di troppo diverso, anche se certamente molto più soft, della sua precedente carriera.

Il succo è sempre lo stesso: Sasha Grey è interessante, è intelligente, faceva anal ma legge Pasolini e guarda Jean Luc Godard. Da quattro anni.

A qualche anno di distanza da quel 2009 che rappresenta ancora oggi il picco di hype più alto della sua vita, Sasha Grey torna a far parlare di sé grazie a tre dj-set primaverili a Milano, Bologna e Roma. Forse è la sospensione della primavera, più probabilmente è l’arretratezza in termini di cultura pop di cui soffriamo da decenni in questa soleggiata e caotica provincia del mondo, ma non mi aspettavo il ritorno, sia pure per tre giorni, di una Sasha Grey mania. Probabilmente è sopravvalutazione dell’italiano senso di Weltanschauung, probabilmente è mancanza realismo, ma a distanza di, diciamo, tre o quattro anni, sono rimasto sorpreso. Da cosa? Dal fatto che gli spazi per le interviste siano occupati, tutti, da giorni; dagli incontri pubblici e radiofonici organizzati e in grande spolvero pubblicizzati; dagli articoli e profili e ritratti (anche) a opera di importanti quotidiani finanziari, per dirne uno. Il succo è sempre lo stesso: Sasha Grey è interessante, è intelligente, faceva anal ma legge Pasolini e guarda Jean Luc Godard. Da quattro anni.

Perché, in definitiva, Sasha Grey è diventata un’icona così potentemente pop, trascendendo bondage, face-fuck, gang-bang e arrivando sugli scaffali della migliore letteratura culturale contemporanea? E lo so, lo so che è una cosa tremendamente vecchia. Eppure è ancora qui, a mettere dischi e seminare isteria ormonale.

Ho cercato di capire qualcosa in più su Sasha Grey, nata Marina Ann Hantzis a Sacramento nel 1988, diventata Sasha in onore di Sascha Konietzko, frontman della band industrial KMFDM e Grey in onore del Dorian di Oscar Wilde. Dice di sé che da ragazzina era un tomboy, un maschiaccio, che è stata l’ultima del suo gruppo di amici a perdere la verginità e che i coetanei avevano paura e non le si avvicinavano (ma lo hanno detto, di loro, anche la Bellucci e la Cucinotta). Dice che ha iniziato a recitare a 12 anni, e che la scelta di virare verso il porno è arrivata nel 2005 quando, appena terminata la high school, inizia a lavorare in una steakhouse e incontra quello che diventerà il suo primo ragazzo, che in quella steakhouse faceva il cuoco. Lui la inizia al sesso che convenzionalmente viene chiamato estremo, lei scopre che le piace e decide che vuole esplorare la sua sessualità e farne un lavoro. A differenza della maggior parte delle attrici del circuito non è finita nel porno dopo averci orbitato intorno come spogliarellista o ballerina, ma per scelta consapevole e ponderata. Per otto mesi, prima di fare il salto, ha studiato, guardato film, si è informata. È entrata nell’industria cinematografica per adulti come si entra in una facoltà di medicina, dopo un’estate passata a fare alpha test, eppure non le piace parlare del suo lavoro in termini di lavoro: in un’intervista apparsa su Vice, durante uno shooting del servizio fotografico Shot by Kern (di Richard Kern), dice: «The more you work with somebody… err, fuck somebody, I hate to say work…».Dopo circa un anno la definivano già la nuova Jenna Jameson. È diventata uno dei volti delle famose e controverse campagne pubblicitarie di American Apparel, ma quando si parla di alt-porn o hipster-porn si fa scettica, e dice che l’unico alt-porn che riconosce è quello delle Suicide Girls.

Dice di scrivere poesie e racconti, e aspira a essere una donna del rinascimento. Ha aperto una casa di produzione per produrre film pornografici con una forte componente narrativa.

Dice di scrivere poesie e racconti, e aspira a essere una donna del rinascimento. Ha aperto una casa di produzione, la Grey Art, per produrre film pornografici con una forte componente narrativa, con un erotismo costante così che non si finisca a premere fast forward ogni cinque minuti soltanto per godere di scene di sesso esplicito. Smette di girare nel 2009 ma lo ufficializza, come detto, soltanto nel 2011, quando durante le presentazioni del suo libro fotografico Neü Sex continua a sentirsi rivolgere domande riguardanti la sua prosecuzione nell’industria. Sul suo sito, in calce a un messaggio di ringraziamento ai fan, c’è scritto “Lotta continua”. Ha da poco terminato un libro, The Juliette Society, che uscirà in Italia per Rizzoli quest’estate e, dice sempre Sasha, sarà un mix tra Fight Club e Cinquanta sfumature di grigio. Oggi Sasha Grey gira l’Europa con i dj-set: la formula dj-set ricorda molto, forse solo a me ma forse no, l’ospitata dell’ex Grande Fratello nella discoteca estiva di turno. Prima dell’Italia è stata in Russia e Ucraina.

L’impressione è che la ragazza sia stata una vera professionista, una delle migliori, nel suo precedente lavoro: quello di attrice pornografica. È brava? Dicono di sì soprattutto i quindici premi e le sessantacinque nomination in quattro distinti awards della pornografia (AVN, FAME, XBIZ, XRCO). La straordinarietà del suo personaggio sta, insomma, tutta qui: è la migliore a recitare sesso. Eppure, nel mondo “là fuori”, anzi qua fuori, quello pulito e non pornografico (sarcasmo intenzionale), da anni si parla dei suoi progetti cinematografici “seri”, dei suoi libri, della sua band e delle sue idee politicamente socialiste, letterariamente esistenzialiste e cinematograficamente nouvellevagueiste: qui, è questa la sua straordinarietà. Ma Sasha Grey non ha ancora fatto uno straccio di film di successo, né ha scritto un libro, né ha vinto un disco di platino o la sua opinione letteraria e politica hanno pesato in qualche importante contesto letterario o politico. Le sue interviste sono normali interviste di una ragazza di vent’anni, non molto interessanti se non quando si parla di pornografia.

Ma Sasha Grey faceva la pornostar. È per questo che è famosa, è per questo che viene intervistata, ed è per questo che può permettersi di dire che apprezza Pasolini e Adriano Sofri (e scatenare l’immaginario e ammiratissimo “oooh!” dei molto borghesi fan). Lo faceva meglio degli altri, e non faceva il genere di “siediti, cara, e facciamo l’amore”. Cercate qualche screenshot della cara Grey: è legata, imbavagliata, o in compagnia numerosa, o… insomma. La sensazione è che il messaggio che passa sul personaggio Grey sia: un’attrice porno che ha altri interessi oltre al porno è un’anomalia, una singolarità. Virtuosa, sì, ma pur sempre singolarità. Perché? Onestamente non so rispondere. So a cosa mi fa pensare il perdurare della Grey-mania in Italia dopo anni dall’effettivo picco americano, o l’indugiare sulle sue attività cinematografiche hollywoodiane o letterarie o musicali, lasciando passare in secondo piano la sua particolarità pornografica: a una necessaria valvola di sfogo libertino da tenere sempre aperta sotto un cappello di ritardo pop misto al solito caro bigottismo. Dio benedica Sasha Grey, ma non certo per le citazioni di Lotta Continua.