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Ricette dalla fine del mondo

Carne fatta a maglia, polpette magiche e polvere di carne: The In Vitro Meat Cookbook, il primo libro di non-ricette sulla carne in vitro fatta in laboratorio. Un incubo inevitabile?

di Pietro Minto

La carne è un privilegio. Ogni bistecca, hamburger o polpetta che mangiamo è una piccola dichiarazione di superiorità economica nei confronti dei Paesi più poveri. È sempre stato così, non è un caso che i tradizionali “piatti poveri” siano a base di frumento e vegetali e d’altronde i contadini del nord Italia erano costretti ad esagerare con la polenta, mica col brasato. Ma per il nostro pianeta, che si prepara a ospitare nove miliardi di esseri umani entro l’anno 2050, si tratta di un problema antico che è pronto a indossare vesti nuove. «Il cibo è il nuovo petrolio», taglia corto Lester B. Brown dell’Earth Policy Institute, autore di un libro sulla geopolitica delle nostre tavole; così come l’oro nero ha generato negli ultimi decenni tensioni, guerre e invasioni, anche la carne potrebbe finire per tornare a determinare gli equilibri dei popoli e delle nazioni.

Si cerca così una soluzione, una qualsiasi: se la Cina si è data al land grabbing in Africa per accapparrarsi porzioni di terreno per saziare la sua sterminata popolazione, altrove c’è chi sonda alternative diverse. Lo scorso agosto, esattamente un anno fa, il co-fondatore di Google Sergey Brin ha assaggiato il primo hamburger realizzato con carne creata in laboratorio, in vitro, creato dallo scienziato olandese Mark Post. Il progetto, che promette di rivoluzionare il nostro concetto di cibo e di creare una nuova riserva di carne per il pianeta senza uccidere nemmeno un animale, era stato finanziato dallo stesso Brin con più di 800 mila dollari e ha una piccola pecca: ad oggi un pezzo di carne creato in vitro è un affare assai per pochi, costa 300 mila euro a pezzo. Si tratta però di un settore appena nato e nel prossimo futuro – dicono gli scienziati impegnati nell’impresa – la carne in vitro potrà diventare più competitiva.

Nel frattempo esiste già un libro di ricette per questa nuova frontiera culinaria: si chiama The In Vitro Meat Cookbook (25 €) ed è stato realizzato dal sito Next Nature dopo una campagna di successo su Indiegogo, un sito in cui è possibile offrire denaro a progetti in cerca di investitori, à la Kickstarter. Il manuale parte dal presupposto che la nostra tradizione culinaria – dai piatti serviti agli oggetti utilizzati per realizzarli – si basa sul “vecchio” concetto di carne, quella derivante dagli animali; ma la rivoluzione in vitro potrà visitare nuovi territori culinari finora inimmaginabili e Cookbook è un tentativo d’esplorazione proprio in questa direzione. Un libro di ricette particolare, unico, poiché nessuna delle pietanze proposte può essere cucinata (ammesso che si possa usare questo verbo). O meglio, «non ancora», si legge nell’ammiccante prefazione all’opera.

La carne che si prospetta è quindi smart, regolabile secondo le esigenze dei suoi “utenti”: prendiamo per esempio le “magic meatballs”, delle polpette magiche composte da proteine animali e una combinazione di grassi, omega 3 e vitamine completamente personalizzabile a seconda delle esigenze e delle situazioni. Cambierà anche la forma del cibo, non più venduto e impacchettato sotto forma di bistecche, salsicce o i tagli tipici del macellaio bensì “lavorato a maglia”: non più bistecche ma rotoli, gomitoli di carne creata in laboratorio, facilmente vendibile nei supermercati e srotolabile con comodo a casa. «I nuovi utensili da cucina consentiranno ai consumatori di intrecciare la carne a seconda delle loro preferenze» dichiarano gli autori del volume. «Apparenza, sapore e consistenza potranno essere regolate per create un’esperienza alimentare personale e multisensoriale».

Cambierà anche la nostra cucina con una serie di nuovi prodotti e gadget pensati per la cultura in vitro: il Kitchen Meat Incubator è un utensile rubato alla famiglia Jetson che «farà per la cucina casalinga quello che il sintetizzatore ha fatto per il musicista»: un generatore quasi-divino di cibo artificiale, capace di sfornare prodotti che scimmiottano la carne classica (salsicce, bistecche) o di creare nuove forme imprevedibili. Non sarà più uno spreco giocare con il cibo: visto che la carne non comporterà il sacrificio di un animale (che a sua volta va nutrito, curato e seguito per anni), il cibo in vitro potrebbe essere presentato anche sotto forma di pittura. I bambini potranno colorare e dipingere i propri piatti mangiandosi poi il risultato di un’attività che viene presentata come ludica e divertente.

Superare la carne e il nostro modo di immaginarla è stata la missione del laboratorio creativo di Next Nature, che oltre alle polpette magiche e alla “pittura di carne” (un’immagine che difficilmente riesce a stimolare l’appetito) ha concepito la powder meat, una nuova unità di misura standard alimentare: polvere a base di carne che potrà essere sciolta e servita in qualsiasi pietanza – «zuppe, torte, insalate» – fornendo la giusta quantità di proteine animali ai consumatori. Di più, la polvere potrebbe anche essere sciolta per creare «una cremosa fonduta di carne» da servire nelle occasioni speciali, promette il Cookbook.

The In Vitro Meat Cookbook è una distopia alimentare a fine di bene. Sembra aver visitato un futuro probabile ed essere tornato nel 2014 con una serie di proposte che sembrano sbucate da un discutibile film di fantascienza. Un futuro in cui la carne derivata dagli animali è un vezzo dimenticato e davvero bizzarro, quasi inspiegabile visto che è così facile creare la stessa risorsa senza dover uccidere un animale. Un’opera post-vegan? Non proprio, visto che – si legge nella presentazione – alcune delle fanta-ricette proposte (come la polvere di carne) sono state pensate proprio per i vegani, che riuscirebbero così a dotarsi di tutte le proteine di cui hanno bisogno senza dover cedere al ricatto del macello. Un libro da avanguardia che esce proprio questa settimana ha il vago suono di un campanello d’allarme: finora il rifiuto della carne è stato un vezzo o una scelta etico-morale; tra non molto, sostengono gli autori confortati da esimi scienziati, potrebbe essere inevitabile. C’è ancora molta strada fare, ovviamente: la carne in laboratorio rimane un prodotto raro e costosissimo e una serie di consuetudini culturali la rendono un’enorme idiozia agli occhi dei più. Eppure, potrebbe salvare la vita su questo pianeta. Potrebbe rivoluzionare le nostre vite e centinaia di business. Deve solo riuscire a non farci passare l’appetito – e finora non ci siamo.

 

Immagini: illustrazioni di Silvia Celiberti, fotografie di Nichon Glerum, tutte tratte da The In Vitro Meat Cookbook