Attualità

Putin va alla guerra

I suoi festeggiano. Ma facendo quattro chiacchiere col vicedirettore di Novaya Gazeta si respira un'aria nuova

di Anna Mazzone

Mosca – Un’affluenza da record e code ai seggi. La partecipazione così alta si pensava potesse essere un problema per Vladimir Putin, che puntava a prendersi il Cremlino al primo turno. Ma, nonostante a Mosca nelle fasi finali della campagna elettorale si è avuto il netto sentore che le urne avrebbero regalato una sorpresa, non è andata così. Vladimir Putin si è aggiudicato il Cremlino al primo colpo, con una forbice che va dal 58 al 61%, stando alle proiezioni ( e qui a Mosca raramente le proiezioni falliscono).

Una cosa è certa: la stella di Putin è al suo tramonto. Questo potrebbe essere il suo ultimo mandato, anche se i suoi sostenitori credono che possa arrivare a governare fino al 2024. Sempre forte, ma molto impopolare, l’attuale capo del governo sa bene che il cerchio si sta stringendo attorno a lui. Le opposizioni sono sempre più “calde” e il guanto di sfida ormai viene lanciato apertamente. Molte macchine al centro di Mosca stamattina erano tappezzate di adesivi con su la scritta: “4 marzo 2012 – Diamogli un passaggio”. Il “passaggio” da dare è chiaramente a Putin, per farlo andare via dai palazzi della politica russa.

Come se non bastasse, il presidente in pectore aveva perso anche la sfida del cappuccino. In un bar nei pressi della Piazza Rossa, i proprietari hanno pensato a una forma di sondaggio particolare. Per tre settimane prima del voto hanno venduto cappuccini con le decalcomanie dei candidati presidenziali. Ognuno poteva scegliere il suo preferito. Alla fine, venerdì scorso hanno tirato le somme ed è stato eletto presidente del cappuccino Mikhail Prokhorov, la cui immagine ha spopolato nelle tazze di migliaia di avventori.

Un segno del destino o discorsi da bar? A sentire Vitaly Yaroshevsky, il vice direttore del quotidiano Novaya Gazeta (lo stesso giornale per il quale lavorava Anna Politkovskaya, la giornalista brutalmente uccisa nel 2006), “Putin può anche aggiudicarsi il terzo mandato, ma non ha ancora una lunga strada davanti alla testa di questo Paese. Come ci hanno dimostrato le manifestazioni improvvise e spontanee di dicembre scorso, l’opinione pubblica non ha paura di dimostrare il suo dissenso e in piazza scendono sempre più persone”. “Personalmente – continua il giornalista di Novaya Gazeta – sarei stato molto felice se avesse vinto Mikhail Prokhorov. È giovane, è brillante e non è compromesso con la politica. Insomma, sarebbe stata una boccata d’aria fresca per il Paese”. Prokhorov si è aggiudicato il terzo posto, con un dignitoso 9.2%, per essere un outsider della politica quale è l’altissimo oligarca (più di 2 metri), che si è posizionato terzo alle spalle del comunista Gennady Zyuganov (con il 20%).

Ma queste verranno anche ricordate come le elezioni dei voyeur. Un esercito di un milione di guardoni si è collegato via web con le 91 mila telecamere collocate in altrettanti seggi su tutto il territorio russo. Il sistema di webcam nei seggi è costato alle casse della Grande Madre Russia quasi 500 milioni di dollari ed è stato deciso da Dmitri Medvedev subito dopo le proteste di dicembre, quando in migliaia hanno accusato il partito di Putin (Russia Unita) di brogli per aggiudicarsi la maggioranza alla Duma. Ma, in realtà, le telecamere servono a poco contro i brogli che – come è noto – avvengono al momento dello scrutinio, che per legge non può essere ripreso.

Golos, Ong che tutela la stampa indipendente, ha denunciato sin dalla mattina di domenica pesanti brogli in almeno 33 città del Paese. In alcune aree i cellulari degli osservatori sono stati oscurati. In altre zone, invece, sono fioccati i certificati di residenza momentanea, che – praticamente – permettono a una persona di votare due volte.

Intanto, qui a Mosca i sostenitori di Vladimir Putin festeggiano a pochi passi dalla Piazza Rossa. Su un mega-palco si alternano i cantanti pop più amati dai putiniani. Apre le danze, appena arrivano le prime proiezioni favorevoli allo Zar di Russia, una sorta di Califano in versione cosacca, che – simbolicamente – canta. “À la guerre comme à la guerre”. Insomma, questa campagna elettorale per Putin è stata una “guerra”, ma l’ha superata al primo turno. Ora, per ottemperare alle promesse fatte in campagna elettorale, dovrà tirare fuori dalle casse della Federazione russa circa 160 miliardi di dollari. In molti si chiedono come farà, soprattutto in questi tempi di magra. E lunedì 5 marzo l’opposizione compatta sarà in piazza. Si prevedono scintille tra Mosca e San Pietroburgo.