Attualità

Pizza e primarie

In America, la pizza vota repubblicano. E in Florida l'ex Ceo di Godfather's può battere Perry e Romney

di Michele Masneri

Pizza in faccia per Rick Perry e Mitt Romney, i due candidati più forti che si contenderanno la nomination repubblicana per sfidare Obama nelle presidenziali del 2012. Rovesciando ogni pronostico il miliardario Herman Cain, ex Ceo della catena di pizzerie Godfather’s, è risultato primo in Florida (37,1%) nelle locali “straw poll”, una sorta di prova generale per le primarie vere e proprie che si terranno l’anno prossimo. Cain ha battuto tutti, anche il favorito Rick Perry (15,4%). Cain ha partecipato anche alle elezioni-sondaggio del Michigan, piazzandosi al terzo posto con il 9%. Il repubblicano, che non ama essere definito afroamericano ma black american, ha sbaragliato candidati più noti come Michelle Bachman e l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich, entrambi fermatisi al 4%.

Intanto c’è già chi indaga sulle connessioni tra presidenziali e pizza. Cain è stato Ceo di Godfather dal 1986 al 1996 (e nel 1990 si è pure comprato l’azienda) e quest’esperienza, ha ammesso, sarà di grande aiuto nel caso in cui dovesse diventare presidente: “L’industria della pizza non è capital intensive, è people intensive”, ha dichiarato. “Serve riuscire a mettere in connessione la gente, motivarla”. Cain non ha mai nascosto le sue simpatie politiche conservatrici: secondo i dati della Federal Election Commission, dal 1979 ad oggi ha donato circa 400 mila dollari, di cui il 90 per cento (359 mila dollari) a candidati presidenziali del Grand Old Party. Ma anche gli altri magnati della pizza sono decisamente repubblicani: secondo il Daily Beast, che ha analizzato le statistiche della Federal Election Commission, il fondatore di Domino’s Pizza Thomas Monaghan, dal 1979 a oggi ha donato 371 mila dollari al partito dell’Elefantino e solo 4 mila ai Democratici. E anche Dan e Frank Carney, fondatori di Pizza Hut, sono sponsor del Grand Old Party (81 mila dollari di assegni negli ultimi 20 anni). John Schnatter, fondatore di Papa John’s, ha donato 33 mila dollari al partito dei Bush e persino nel Golden State alternativo, la California, i padroni di Pizza Kitchen Richard Rosenfeld e Larry Flax hanno donato 6500 dollari a testa al Gop (e solo 500 dollari al partito di Obama).

Ed è subito pizza connection? Una spiegazione potrebbe arrivare dal fatto che l’industria della ristorazione in generale ha a cuore temi che vengono difesi dai conservatori (basso livello di tassazione, basso costo del lavoro, minor regolamentazione dell’impresa) e lo stesso Cain è stato presidente della National Restaurant Association dal 1996 al 1999. Eppure anche la vituperata industria del fast food, ridotta a simbolo del male da Barack e (soprattutto) Michelle Obama, vuole minori tasse e stipendi bassi, ma non è così partisan: il fondatore di Wendy, David Thomas, e il proprietario di MacDonald’s, Ray Croc, erano repubblicani convinti, d’accordo. Ma la vedova di quest’ultimo era di simpatie democratiche e donò 50 mila dollari all’Asinello. Anche il fondatore di Chipotle, Steve Ells, è stato sponsor dei Democratici. In totale, i magnati della pizza, secondo la ricostruzione del Daily Beast, hanno donato 1,151 miliardi di dollari negli ultimi 20 anni, di cui 1 miliardo ai Repubblicani. L’industria dei fast food invece ha regalato ai politici soltanto 217 mila dollari, di cui 143 mila ai Repubblicani. Morale: la pizza ama la politica e il Grand Old Party molto più dell’hamburger. “Non è questione di pizza” sostiene Cain. “È solo che siamo uomini d’affari, conosciamo meglio come stanno le cose a Washington”. Di sicuro Cain e i suoi amici si prefiggono obiettivi talmente ambiziosi da necessitare di forte sostegno di lobbying: per esempio nel programma elettorale di Cain (che odia Obama e i suoi piani di riforma, è guarito da un cancro in fase terminale, ha detto “ma con Obamacare sarei morto”) si propone di abolire qualunque tassazione sul lavoro e di instaurare un’aliquota fissa del 9 per cento su tutti i tipi di redditi per gli americani. Un programma talmente estremo da trasformare McDonald’s e soci, finora considerati nemici del popolo con i loro hamburger ipercalorici, in simpatici compagni che sbagliano, forse.