Attualità

Paladin Press

La storia (perlopiù giudiziaria) della casa editrice Usa che insegna a uccidere

di Leonardo Bianchi

Poco dopo la mezzanotte del 3 marzo 1993, James Edward Perry – un sedicente “predicatore di strada” con svariati precedenti penali – si presenta alla reception del motel Days Inn di Rockville, Maryland e affitta una stanza. Perry lascia le sue cose e si dirige, con una macchina noleggiata a cui ha sostituito la targa, verso North Gate Drive, una via a senso unico. Qui abita Mildred Horn, una hostess che ha un figlio di otto anni, Trevor Horn, rimasto quadriplegico a causa di un intervento chirurgico andato male. Con loro vive l’infermiera Janice Saunders, che accudisce il piccolo.

Alle 7.15 di mattina, come al suo solito, Vivian Rice passa a salutare la sorella Mildred prima di andare a lavoro. La Rice, però, nota subito due stranezze: il garage è spalancato e dall’abitazione si sente distintamente il suono del dispositivo che misura il respiro di Trevor. Decide così di allertare la polizia. Gli agenti arrivano sul posto e dentro la casa trovano i cadaveri della signora Horn, di suo figlio e dell’infermiera Saunders. Le due donne sono state uccise con cinque colpi calibro 22, sparati in mezzo agli occhi da un fucile AR-7. Il bambino, invece, è morto per asfissia: l’assassino gli ha tolto il tubo dalla tracheotomia e tappato naso e bocca. Lo stesso assassino, inoltre, nella notte ha telefonato a Lawrence T. Horn, ex marito di Mildred Horn, padre di Trevor ed ex dipendente di Motown Records, casa discografica  da cui è stato licenziato nel 1990. È lui ad aver assoldato James Perry come sicario. L’intento era quello di ottenere la somma del risarcimento (1 milione e 700mila dollari) accordata a Trevor per il caso di malasanità. Il processo finisce nel 1996: Perry e Horn sono condannati rispettivamente alla pena capitale e all’ergastolo.

Sarebbe un’ordinaria storia di squallore, viltà e vendetta se non fosse per la modalità del triplice omicidio. Perry, infatti, non è un killer professionista. Per svolgere il suo “lavoro” ha comprato Hit Man: A Technical Manual for Independent Contractors, un manuale per aspiranti sicari uscito nel 1983 ed edito dalla Paladin Press, una casa editrice con sede a Boulder, Colorado. L’autore del libro, che si firma con lo pseudonimo latino “Rex Feral”, scrive nell’introduzione: “Ritengo che l’assassinio professionale soddisfi un bisogno della società, e sia al contempo l’unica alternativa alla giustizia “privata”. Inoltre, se i miei consigli e le comprovate tecniche che indico in questo libro venissero seguite alla lettera, di certo nessuno verrebbe mai a saperlo”. Effettivamente, Perry si era attenuto ai consigli di dotarsi di un AR-7, raccogliere almeno 3500 dollari prima di entrare in azione, abradere la matricola del fucile, costruirsi un silenziatore, sparare ai bersagli in mezzo agli occhi, smontare il fucile e abbandonarne i pezzi lungo la strada. Le uniche avvertenze non seguite da Perry sono quelle che lo hanno incastrato: mai registrarsi in un motel con il vero nome; mai chiamare il committente ad incarico terminato.

 

‘Nam.

Inizio anni ’60, Boulder. Peder Lund, un dropout di origini svedesi cresciuto senza padre a Lebanon (Connecticut) in una casa sprovvista di elettricità e acqua corrente fino all’età di dieci anni, sta dando un’occhiata ai ripiani di un’edicola. Nota un volume chiamato “150 Questions for a Guerrilla”, scritto da un certo Robert K. Brown. Dopo averlo letto decide di andare a Miami per conoscere lo “zio Bob” – proprietario di una piccola casa editrice (la Panther Publications), nonché ex Berretto Verde attivo nei circoli anticastristi. «Volevo un po’ di avventura – ha detto Lund in un recente numero di Playboy – e pensavo che i comunisti fossero dei tizi malvagi». Una volta entrati in contatto, Lund e Brown si mettono d’accordo per fare un raid sulle coste cubane con alcuni rifugiati politici. L’appuntamento è a Key Largo, dove li stanno aspettando alcuni cubani carichi di armi e carburante. C’è un unico problema: la barca è un relitto che «galleggia a malapena». All’ultimo momento Brown convince Lund ad abbandonare l’imbarcazione. Gli altri partono: si fermeranno in piena notte in mezzo all’Atlantico, traditi dal motore.

Dopo l’avventura cubana, Lund parte per il Vietnam. Nell’arco di qualche mese gli viene affidato il comando di un plotone di ricognizione, con cui cammina per mesi e mesi tra campi di riso infiniti, alberi, fango, selve di bambù, fiumi e un caldo umido e soffocante. Notando troppo entusiasmo nell’espletamento dei suoi doveri, l’esercito cerca di relegarlo dietro una scrivania. Non ci riesce: Lund entra a far parte delle Forze Speciali e torna a immergersi nella giungla. Come ammesso in un’intervista del 1978 al magazine Gallery, Lund e la sua unità collaborano con la Cia nell’ambito del “Phoenix Program”, una missione segreta di contro-insurrezione che, sulla carta, aveva il compito di «eliminare l’infrastruttura civile a sostegno dei Vietcong». In pratica si trattava di una campagna di terrore, tortura e morte: dal 1965 al 1972 quasi 26mila “fiancheggiatori” sono stati uccisi, e oltre 80mila “neutralizzati”.

Riferendosi alle incursioni di quel periodo, Lund ricorda: «Mi piaceva davvero tanto». Ma al contempo si era reso conto di una cosa: «Continuando così sarei stato ucciso». Lund chiede così di essere spedito in Germania per un periodo di congedo. Alle fine degli anni ’60 torna negli Stati Uniti e si occupa della Panther Publications fino al ritorno di Brown, anch’egli impegnato in Vietnam. Non appena Brown torna in patria, i due fondano la Paladin Press nel 1970. All’inizio pubblicano esclusivamente manuali dell’Esercito. Col passare degli anni il catalogo si diversifica e i due si ritagliano una considerevole nicchia di mercato stampando libri su anarchia, autodifesa, survivalismo, manuali per assemblare esplosivi e, immancabilmente, guide per commettere omicidi. Alcuni titoli: Ragnar’s Big Book of Homemade Weapons; Deadly Brew: Advanced Improvised Explosives; Advanced Lock Picking Secrets; Handbook for Volunteers of the Irish Republican Army; Get Even: The Complete Book of Dirty Tricks; e così via.

Nel 1978 la Paladin Press pubblica Kill Without Joy!: The Complete How To Kill Book, un manuale pregno di black humour scritto dal fabbro canadese John Minnery. Nella “Lesson Nine”, ad esempio, l’autore suggerisce di preparare una trappola mortale in un vespasiano pubblico a muro (quelli di porcellana bianca). La grata metallica bucherellata dev’essere collegata a un normale impianto elettrico. «Dovrebbe essere ovvio quello che succede quando il soggetto usa l’orinatoio», scrive Minnery. «Quando l’urina del soggetto, che è un liquido ad alta salinità e un perfetto conduttore elettrico, entra a contatto con la grata elettrificata, il meccanismo lo folgora all’istante». Diventato un cult, il libro è stato censurato in Canada per lungo tempo. Ora lo si può tranquillamente reperire online: su Amazon i prezzi oscillano da un minimo di 198 dollari ad un massimo di 575.

Sebbene le strade professionali di Lund e Brown si separino nel 1975 (quest’ultimo, infatti, lascia la Paladin Press per aprire la rivista Soldier of Fortune), i due continuano ad avere una passione in comune: la guerra. Verso la metà degli anni ’80, Brown e i soci del giornale sono a El Salvador in veste di consulenti militari delle milizie governative salvadoregne (sostenute dall’amministrazione Reagan), impegnate in una sanguinosa guerra civile contro i guerriglieri radicali del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN). Qui Lund coglie l’opportunità di accrescere la sua fama di editore-guerriero. «Ero accreditato come fotogiornalista – racconta Lund – ma a un certo punto ho preso un M-16 dal cadavere di un guerrilla del FMLN». Sarà l’ultimo tour armato nella giungla.

 

Rice v. Paladin

In seguito alla condanna di Perry e Horn, i familiari delle vittime citano in tribunale Lund e la casa editrice per aver «aiutato e istigato» (aiding and abetting) Perry a commettere il delitto. L’avvocato di parte civile Siegel punta a dimostrare che la Paladin Press è «una scuola del crimine per corrispondenza» e che, pubblicizzando e pubblicando un libro come Hit Man, la casa editrice sapeva che questo «sarebbe stato usato da criminali e aspiranti tali per pianificare ed eseguire un omicidio su commissione, in maniera simile a quanto descritto nella pubblicazione». Lund, per contro, ritiene che il manuale di “Rex Feral” sia protetto dal Primo Emendamento della Costituzione americana, che tutela la libertà d’espressione: «Non mi sento eticamente o moralmente responsabile per aver semplicemente pubblicato delle informazioni. Non sono responsabile del loro travisamento. Qualsiasi informazione raccolta dalla Paladin non ha nulla a che fare con la predisposizione alla violenza di Perry».

Inizialmente, un giudice federale – richiamandosi alla decisione della Corte Suprema Brandenburg v. Ohio (1969) – respinge la pretesa di Siegel e dà ragione alla Paladin Press, stabilendo che Hit Man è protetto dal Primo Emendamento. Durante il procedimento preliminare, inoltre, si viene a conoscere la genesi del libro. “Rex Feral” non è un sicario: è una casalinga divorziata della Florida, che aveva bisogno di soldi per pagare l’affitto. Originariamente il libro era stato concepito come un romanzo. Ma siccome la fiction non è mai rientrata nei piani editoriali della Paladin, Lund ha chiesto all’autrice di trasformarlo in un manuale. Tutte le informazioni presenti nel libro, spiega Rex Feral al Washington Post, sono tratte da «libri, televisione, film, giornali, poliziotti, il mio istruttore di karate e un buon amico che è un avvocato». «La nostra colpa – dirà Lund molti anni dopo – è stata quella di aver assemblato le informazioni da diverse fonti. È quello che ora fa Google in due secondi».

Nel novembre 1997 la Corte d’Appello del Quarto Circuito distrettuale rivede la decisione del giudice federale e ordina la celebrazione di un processo. I giudici di secondo grado ritengono che l’unico “valore comunicativo” del libro sia quello di «addestrare le persone ad uccidere» e paragonando Hit Man alla pianta di una banca da usare per organizzare una rapina. Il caso Rice v. Paladin si inserisce così in un aspro dibattito culturale e giuridico sui presunti limiti etici delle opere artistiche e sugli effetti potenzialmente nocivi della pop culture. È lo stesso periodo storico in cui Natural Born Killers (1994) di Oliver Stone viene accusato di ispirare una serie di crimini efferati. L’udienza, ad ogni modo, è fissata per il 25 maggio del 1999. Sfortunatamente per Lund e la Paladin Press, il 20 aprile di quello stesso anno c’è la strage di Columbine. Pochi giorni prima dell’apertura del processo, la compagnia assicurativa della casa editrice decide di transare con le parti e pagare 2 milioni di dollari di spese legali e 6,5 milioni di risarcimento alla famiglia Rice. Lund vende le ultime 700 copie di Hit Man in un giorno e ritira la pubblicazione dal mercato.

Non è finita qui. L’allora senatrice democrat Dianne Feinstein riesce ad infilare un emendamento in una legge sulla Difesa che introduce il reato di distribuzione di «informazioni relative alla manifattura di materiali esplosivi o qualsiasi altro tipo di informazione che venga usata per commettere un attività che costituisce un crimine federale o un crimine relativo al commercio interstatale». Pene previste: 20 anni di carcere e una multa di 250mila dollari. Esasperato, Lund ritira tutti i suoi libri sugli esplosivi, dal momento che non può assolutamente permettersi un’ulteriore incriminazione. Nel frattempo la compagnia assicurativa interrompe ogni rapporto con la Paladin Press, e Lund non riesce a trovarne un’altra disposta ad accollarsi il rischio di rappresentare in giudizio quella che è ormai diventata “La Casa Editrice Più Pericolosa Del Mondo”.

 

In tutto ciò, il governo federale continua a stargli con il fiato sul collo. Dopo la pubblicazione di un manuale di cecchinaggio marittimo, ad esempio, Lund si trova in casa la polizia militare. In un’altra occasione, mentre l’editore sta scartando una copia di un manuale della Cia appena arrivatogli, un agente si presenta alla porta della sua tenuta a Boulder e gli intima: «Dammi tutti i manuali che tieni in casa». Nonostante la causa persa e la battaglia contro la legge Feinstein, Lund continua a stampare e vendere libri. Il catalogo è ormai arrivato a quasi 800 titoli, i dipendenti sono più di una ventina e il volume d’affari si attesta intorno ai milioni di dollari su base annuale. Solo la serie sullo sniping (Ultimate Sniper: An Advanced Training Manual for Military and Police Snipers), curata dall’ex Maggiore dell’Esercito John Plaster, ha fruttato un milione di dollari.

«Agli occhi del mondo, Lund è un avido opportunista disposto a pubblicare qualsiasi cosa, non importa quanto choccante o pericolosa – ha scritto il giornalista John H. Richardson su Playboy – In realtà, lui è probabilmente l’editore più sincero d’America. Ogni nuovo manuale che pubblica è il pezzo di una sua personale autobiografia, un capitolo di un lungo memoriale. Lund è dedito all’integrità del suo lavoro esattamente come lo sarebbe qualsiasi altro artista». La sua posizione su Hit Man, del resto, non è cambiata: “I libri non uccidono le persone. Il sapere non uccide le persone. E non posso essere io il responsabile dello stato mentale della società”.