Attualità

Morte a Pomezia

Erich Priebke condannato a riposare – non si sa per quanto – a Pratica di Mare, nel tempio del berlusconismo più pop, firmato dall'architetto Giorgio Pes.

di Michele Masneri

Potrebbe rimanere a lungo nell’aeroporto militare di Pratica di Mare, come in film hollywoodiani con riflessioni su non-luoghi e lost in traslation, la salma vituperata di Erich Priebke. Il corpo dell’SS più longevo d’Italia giace infatti qui, in attesa di decisioni diplomatiche o pietose dopo funerali misteriosi con riti forse lefebvriani, e in mancanza di precedenti protocollari; dunque in questo aeroporto a trenta chilometri a sud di Roma, a due passi da Pomezia, sulla strada Pontina verso Napoli. Luogo denso di memorie, anche: tra la tenuta di Castelporziano, già dei duchi Grazioli (padroni di casa di Berlusconi), poi appannaggio della Real Casa Savoia, e poi della Presidenza della Repubblica – e di fronte, invece, le spiagge naturiste e edoniste di Capocotta, molto poco lefebvriane; e sessant’anni fa teatro di inquietanti cronache col caso Montesi, storia di maggiorate forse illibate perite sul bagnasciuga, con implicazioni in cene non ancora eleganti e sostanze, e fini di carriere molto promettenti per vicepremier coinvolti e poi scagionati (attorno, ancora, il villaggio Tognazzi, con storici tornei di tennis e di cucina anni Sessanta intorno alla villa dell’attore di Cremona).

Ma poi, proprio l’aeroporto in sé: già luogo simbolico di massimi eventi pop della Seconda Repubblica. Qui soprattutto si tenne il famoso vertice Nato-Russia del 2002, con Silvio Berlusconi all’apice dei successi internazionali, e la famosa gaffe su fondale azzurro e capitelli di Romolo e Remolo; Berlusconi stava spiegando a Bush, Aznar e all’amico Putin la leggenda per cui proprio a Pratica di Mare, l’antica Lavinium, Enea sarebbe giunto dopo le criticità di Troia. Ma i partecipanti al vertice furono colpiti soprattutto dagli allestimenti con colonne candide tipo Porta a Porta e poltroncine di pelle azzurra pieno fiore.

Il grande scenografo del summit fu infatti Giorgio Pes (1931-2010), già collaboratore di Luchino Visconti – Boccaccio ’70il Gattopardo – e figura misconosciuta del berlusconismo d’interni. «A Pratica di Mare, dove si tenne il vertice Nato-Russia, Giorgio Pes fece venire dai musei di Napoli antiche statue romane, a testimonianza dell’italianità dell’evento» – scrive Silvio Berlusconi nella introduzione a Atmosfere e decorazioni di Giorgio Pes da Visconti a Berlusconi (Electa, 2007, sic). Risvolto di copertina: «Sfarzoso, colto ed eccentrico, lo spirito di Giorgio Pes rivive nei contesti storici che sa recuperare e valorizzare con interventi di sobria eleganza, fondendo nelle proprie creazioni elementi decorativi di epoche e provenienze diverse».

Pes, a cui oggi sopravvive uno studio di inferior decoration (copyright Alberto Arbasino) all’Olgiata, veniva da scenografie lussureggianti viscontiane – non solo i film ma anche la vita, con la villa Colombaia a Ischia – e poi architetture alberghiere o private ma sempre e comunque a cinque stelle: aveva rifatto l’Hotel Villa Igiea di Palermo, e il palazzo jettatorio veneziano di Cà Dario, poi di Raul Gardini; e molte case imaginifiche tra Costa Smeralda e Cortina con alte moquette e il trionfo della consolle in plexiglass, con un immaginario tra CapitalAD, e una predestinazione all’incontro fatale coi mecenatismi e perfezionismi del Cavaliere.

«Quando nel 1994, divenuto Presidente del Consiglio, decisi il restauro di Palazzo Chigi, lo affidai a lui» scrive sempre Berlusconi in Atmosfere e decorazioni (cit.). «L’architetto Pes si dimostrò pignolo e documentato, così come aveva appreso dal suo committente, amico e maestro Luchino Visconti. Giorgio consultò i testi sulle origini del palazzo e sulle sue successive trasformazioni, approfondì le conoscenze con il principe Mario Chigi e infine si mise all’opera sottoponendomi il suo progetto: far “piazza pulita” di tutte le superfetazioni e di quello che c’era di sbagliato, per dar spazio ai grandi laboratori di restauro di Roma, alle antiche fabbriche di tessuti di San Leucio di Caserta, a patine della tradizione alle pareti, a grandi damaschi, ai colori luminosi di Roma. Ed egli sempre sul posto a controllare la qualità delle esecuzioni in tutti i particolari» – e si noti come soprattutto la presenza dell’architetto sul cantiere a controllare le maestranze sia tenuta in superiore considerazione, con spirito lavoro-guadagno-pago-pretendo da parte della committenza.

Per Berlusconi Pes sistemò poi palazzo Grazioli e alti luoghi istituzionali come la casina dell’Algarvi a Villa Doria Pamphilj e la villa Madama a Monte Mario; e poi anche le stanze con scrivania mussoliniana del Viminale. Per l’evento a Pratica di Mare, Pes fu coadiuvato dallo scenografo Mario Catalano, già ideatore delle quinte di Carramba che fortuna e prima di Colpo Grosso, nonché inventore dei fondali Windows del ventennio berlusconiano. Filippo Panseca, suo maestro e indimenticato artefice di architetture Psi, di lui dice che «viene dalla scuola televisiva e sa il suo mestiere, anche se ogni tanto gli scappa la mano con le nuvolette e con tutto quell’azzurro». Catalano e Pes a Pratica di Mare avevano eretto una scena imponente; secondo il New York Times dell’epoca, una struttura «con archi che ricordano vagamente il Colosseo, un tempio azteco, un hangar per aerei in falso travertino». «Le strutture» sempre il New York Times «sono in compensato e altri materiali leggeri verniciati in similpietra. Per aggiungere un tocco di genuinità, Berlusconi ha ordinato a un museo archeologico di Napoli di fornire autentiche statue romane antiche – compresi satiri, amazzoni, muse ed un pastore con il suo gregge. Ma ci saranno anche statue romane false – copie in fibra di vetro di statue con disegni floreali che fungeranno da sfondo decorativo alla riunione».

Tutta questa meraviglia sarà stata ormai demolita, e forse già oggi la salma impresentabile SS verrà spostata; oppure invece Priebke in scia a ritardi e incomprensioni della Farnesina e dinieghi tedeschi e pressioni internazionali, potrebbe rimanervi settimane, mesi, anni; con scaricabarili classici di cancellerie, e copioni italiani tipici col provvisorio che diventa eterno: potrebbe trovare dunque qui il suo purgatorio aeroportuale, tra droni, travertino finto e nuvole da paradiso Lavazza: come un Tom Hanks nazista, in una maxi cappella assiro-babilonese-disneyana tipo Dodi&Diana presso Harrods; e con tanti jet sopra la testa a dare fastidio, in una disorganizzazione militare molto italiana che lo infastidirebbe anche parecchio, forse.