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Michael Winner

Il ricordo della carriera del regista di Il giustiziere della notte, scomparso ieri. Un inglese che ha fatto innamorare Hollywood.

di Federico Bernocchi

La notizia ci ha raggiunto proprio ieri pomeriggio, e non è una delle notizie migliori con cui iniziare l’anno. S’è spento all’età di 77 anni il regista e produttore inglese Michael Winner. A quanto ci è dato sapere, era affetto da una grave malattia al fegato. Nell’estate del 2012, in un’intervista rilasciata al Times, il regista rivelò che un team di specialisti e medici gli avevano dato al massimo due anni di vita. Winner s’è dunque interessato per un suicidio assistito in una clinica svizzera, ma s’è scontrato contro un muro di burocrazia che gli ha reso impossibile esaudire questo suo ultimo desiderio. La morte l’ha colto nella sua casa di Kensington questo lunedì 21 gennaio 2013. Ma chi era Michael Winner? Molti dei trafiletti che avete letto negli ultimi due giorni ve lo hanno presentato come il regista de Il Giustiziere della Notte, il famoso film con Charles Bronson del 1974. Questo è ovviamente vero, ma c’è molto altro. Sia per quanto riguarda la sua carriera da regista, sia per quanto concerne la sua personalità.

Cominciamo ripercorrendo la carriera di Winner. Di agiati natali, comincia a lavorare alla fine degli anni ’50 alla Bbc. Dopo una lunga serie di documentari di viaggi, piccole sceneggiature e collaborazioni varie, il nostro comincia a sviluppare un proprio gusto personale e una certa professionalità. All’inizio dei ’60 è pronto per cominciare a curare i suoi progetti ed esordisce alla regia con Shoot to Kill, film da lui scritto, diretto e montato, anche se con lo pseudonimo di Arnold Crust. Winner si dimostra da una parte interessato a raccontare la realtà della Swinging London, alla realizzazione dunque di film che abbiano un evidente legame con la realtà che lo circonda, ma allo stesso tempo è attratto da storie nere, dure e spesso scomode. Tra il 1960 e il 1964 scrive, dirige e monta una dozzina di titoli; un’impresa per l’epoca abbastanza titanica. La sua affidabilità gli permette però di arrivare a collaborare con i piani alti. Nel 1964, grazie al film The System, inaugura un sodalizio con un attore come Oliver Reed che diventerà suo amico e con cui condividerà i seguenti 25 anni di vita e altri sei film. Uno di questi è Hannibal Brooks, conosciuto da noi con il titolo di La Straordinaria Fuga dal Campo 7A. Il film è uno strano incrocio tra un prison movie, una commedia e un film di guerra. Gradevole, ma tutt’altro che memorabile, Hannibal Brooks diventa un successo anche negli Stati Uniti e Winner approda a Hollywood. Il primo film statunitense, curiosamente, è un western dal titolo Io Sono La Legge con Burt Lancaster e Robert Duvall. Grande professionista e ottimo direttore di attori, Winner entra nelle grazie degli studios che gli affidano attori di un certo spessore. L’anno della svolta vera e propria è il 1972: escono due film molto importanti. Il primo è Improvvisamente, Un Uomo Nella Notte, prequel di Giro di Vite di Henry James con Marlon Brando. Il secondo è Professione: Assassino, il primo successo al box office della coppia Winner e Charles Bronson, un action tesissimo e ultramoderno che non a caso è stato rifatto nel 2011 da Simon West, con il roccioso Jason Statham nella parte che fu di Bronson. A questo punto, il più è fatto. Winner agli occhi dell’industria è un uomo di cinema completo: non solo scrive, dirige, monta e sa gestire gli attori, ma ha anche il non trascurabile pregio di fare dei film che incassano. Dopo una serie di successi, nel 1974 arriva il film destinato a cambiare per sempre le vite sia di Winner sia di Bronson.

Dino De Laurentiis mette le mani sui diritti di Death Wish, romanzo di Brian Garfield uscito nel 1972. Dopo una lunga trattativa con Syndney Lumet, il progetto passa nelle mani di Winner. La sceneggiatura è curata da un grande come Wendell Mayes (Anatomia di un omicidio, L’Avventura del Poseidon) e come protagonista ovviamente viene chiamato Bronson. La storia è arcinota: dopo l’uccisione della moglie e lo stupro della figlia da parte di alcuni malviventi, l’ ingegnere Paul Kersey decide di farsi giustizia da solo. 93 minuti di pura adrenalina che rimangono ancora oggi particolarmente efficaci. Winner non solo ha una sintonia perfetta con il suo attore protagonista, ma riesce anche a ibridare il suo action di una dolente melodrammaticità e soprattutto di un realismo inaspettato. A New York si rischia la vita quotidianamente per le strade. Ci sono i criminali (con la faccia dell’esordiente Jeff Goldblum) che attendono dietro l’angolo un nostro momento di debolezza. E soprattutto non c’è nessuno a difenderci: manca uno Stato, la polizia latita e l’unica soluzione è quella di ricorrere alle proprie forze. Questa visione deprimente (ma veritiera?) della vita nelle metropoli statunitensi fu da una parte la carta che permise al film di diventare un culto totale, ma contemporaneamente fu anche la caratteristica che lo condannò a un’infinita serie di critiche. Winner e Bronson diventarono il volto del fascismo al cinema. E mentre critici e sociologi passavano la loro vita a decidere se Il Giustizie della Notte fosse da considerare un semplice film o una minaccia alla salvaguardia del popolo, Winner decide di cambiare le carte in tavola.

Spaventato dall’idea di legare il suo nome al solo action, prova a cimentarsi con altri generi cinematografici. Sfortunatamente però le scelte dei titoli successivi non arride al regista che, dopo aver diretto dei flop come il temibile Won Ton Ton: Il Cane Che Salvò Hollywood o lo zoppicante Bocca di Fuoco con Sophia Loren, si trova costretto a tornare sui suoi passi. Nel 1982 dirige il secondo capitolo de Il Giustiziere della Notte e nel ’85 è la volta del terzo. Winner evidentemente non è felice di prestarsi a questi film e Bronson sembra sempre più gonfio e svogliato. Il pubblico però continua a riempire le sale e la saga dell’ingegnere dal grilletto facile si trascina fino al 1994 con Il Giustiziere della Notte 5. Fortuna vuole che già dopo il terzo capitolo Winner, intuito l’andazzo, decise di abbandonare la serie. Dal 1985 in avanti lasua carriera cinematografica subisce un drastico rallentamento, fatto però che permette al regista di dedicarsi con maggiore attenzione alla sua altre e numerose passioni.

Michael Winner era uomo di squisita cultura, oltre ad aver lavorato a lungo in giovane età come giornalista. Dopo una vita passata in compagnia delle donne più belle d’Inghilterra, nel 2007 si fidanzò con la sua vecchia fiamma Geraldine Lynton-Edwards, conosciuta nel lontano 1957. Si sono sposati nel 2011 con Michael Caine come testimone, giusto per aggiungere coolness a coolness. Collezionista d’arte, dovrebbe aver lasciato la sua casa, disegnata da Richard Norman Shaw, e la sua enorme collezione d’opere di artisti come Beatrix Poter, Edmund Dulac o Kay Nielsen alla città di Londra (la discussione al momento è bloccata per una questione economica). Membro onorario dei Bafta ha collaborato a lungo con la trasmissione radiofonica della Bbc Any Questions e s’è fatto spesso vedere in televisione, sempre sulla Bbc, a I Got News For You e Question Time. Nel tempo libero, oltre ad occuparsi di giardinaggio, ha potuto portare avanti la sua vera passione: la cucina. Fino all’ultimo, fino al dicembre del 2012, Winner ha mantenuto la sua rinomata rubrica Winner’s Diners, che ha riempito le pagine del Sunday Times per decenni. Insomma, Winner era sicuramente un grande uomo di cinema, ma non solo. Anche se il suo nome rimane indissolubilmente legato a un tipo di cinema che si considera violento, e per certi versi (erroneamente) abbietto, era in realtà un personaggio molto raffinato, cortese e incredibilmente colto. Ormai aveva definitivamente abbandonato il cinema – la sua ultima regia è del 1998 – ma continuava ad essere una figura preminente della cultura britannica.