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Miart 2017, non una semplice fiera

All'anteprima della manifestazione, diventata un classico della primavera culturale milanese, che dal 31 marzo al 2 aprile animerà la città.

di Clara Mazzoleni

Razvan Anton – Hand Loading Pistols  (courtesy Eastward Prospectus)

Un clima dolcissimo accompagna l’apertura della 22esima edizione di miart e la processione di giornalisti (si riconoscono subito: sono quelli vestiti male) e collezionisti (vestiti molto bene, o male con opulenza) che si accalcano all’ingresso del gate 5 della fiera, diretta per la prima volta da Alessandro Rabottini (l’anno scorso vice direttore), con l’aiuto – altra novità – di Oda Albera (ex direttrice della galleria Massimo De Carlo di Milano, ora exhibitors liaison e responsabile dei progetti speciali). Il colore dominante di quest’anno, poi – il ceruleo metallico che decora le cartelle stampa, il catalogo e i pannelli della fiera – sembra riflettere l’incredibile cielo che scoppia sulla città.

La comunicazione della fiera, che negli ultimi anni, sotto la direzione di Vincenzo De Bellis, ha fatto passi da gigante – basti ricordare le immagini delle edizioni passate (quelle con le api e il miele, quelle con i cavalli) – si muove nella direzione di una crescita esponenziale di qualità e charme. Il video e i cartelloni di quest’anno riprendono giovanissime ragazze alle prese con esercizi di ginnastica artistica: una dominante di bianco e nero (i loro body) impreziosita dai tocchi d’oro e dalle opalescenze dei loro attrezzi (il cerchio, le palle, i nastri). Il catalogo, che Rabottini definisce «un catalogo del tempo individuale», è un raffinato libretto nero che accosta a ogni galleria una pagina vuota: «È stato pensato come una piccola agenda, che il visitatore è invitato a tenere con sé durante e dopo la visita alla fiera: ecco perché così tanto spazio bianco, come se il catalogo avesse la funzione del diario personale di un altrettanto personale percorso nel tempo della creatività», spiega il direttore. Sette brevi testi di sette artisti internazionali presentano le varie parti della fiera, cercando di riflettere sulla dimensione del tempo che ognuna delle sezioni esprime.

È ormai chiaro come miart, non si accontenti di proporsi come una semplice fiera, dove vendere, comprare opere, consolidare contatti o crearne di nuovi. Offrendo una panoramica cronologica dell’arte dai primi del Novecento fino alle generazioni più recenti, l’esposizione sembra prefiggersi l’ambizioso obiettivo collaterale di suggerire percorsi del fare artistico. Ad esempio, una sezione come Generations (prima si chiamava THENnow, ma l’obiettivo rimane lo stesso), esplora la dimensione della simultaneità mettendo a confronto artisti di generazioni diverse. La nuovissima sezione On Demand sfrutta invece la dimensione della possibilità, focalizzandosi su progetti che, per esistere, hanno bisogno di essere attivati da chi li possiede. Dando alle gallerie uno spazio dove esporre opere site-specific, work in progress, lavori su commissione e performances, quest’area pone l’accento sulle le potenzialità creative del ruolo del collezionista.

Estabilished è uno specchio di chi ha lasciato il segno nel passato e nel presente: la sezione Master raccoglie gallerie specializzate nei grandi maestri del passato, mentre Contemporary è dedicata ai galleristi dei più acclamati, talentuosi (e quotati) artisti viventi. Emergent, forse la sezione più interessante per i visitatori, che hanno la possibilità di assaggiare e giocare a riconoscere i primi indizi dello spirito del tempo, ma anche per gli aspiranti collezionisti, che possono portarsi a casa ottime chicche a prezzi ancora contenuti, è dedicata alle 20 migliori gallerie internazionali che lavorano sulle generazioni più giovani. Decades, sezione nata dalla scorsa edizione, è composta da 9 gallerie che accompagnano il visitatore attraverso un’inedita versione della storia dell’arte moderna e contemporanea, organizzata per decadi. Infine, ciliegina sulla torta che arriva al termine di una caleidoscopica abbuffata, la sezione Object, composta da  14 gallerie che presentano edizioni limitate di oggetti di design contemporaneo.

È una settimana frenetica, quella di miart, anche per chi non ci lavora. Basta essere appassionati d’arte o di mondanità per percepire l’aria frizzante della città che freme, in attesa dei party che raggrupperanno artisti, galleristi, curatori e collezionisti ubriachi da tutto il mondo, ma anche degli eventi collaterali disseminati ovunque; per le strade e i musei e le gallerie dell’unica città italiana dove, a giudicare dagli ultimi anni, sembra stia diventando (di nuovo) possibile affacciarsi a un’idea di arte contemporanea finalmente all’altezza del mondo.