Attualità

Meghan Markle ha già scritto la storia

La racconta Andrew Morton nel suo libro, recentemente uscito anche in Italia, che alla vigilia del matrimonio profila i drammi familiari in agguato.

di Silvia Schirinzi

NOTTINGHAM, ENGLAND - DECEMBER 01: Meghan Markle attends the Terrance Higgins Trust World AIDS Day charity fair at Nottingham Contemporary on December 1, 2017 in Nottingham, England. Prince Harry and Meghan Markle announced their engagement on Monday 27th November 2017 and will marry at St George's Chapel, Windsor in May 2018. (Photo by Chris Jackson/Getty Images)

Quanto ho iniziato a leggere Meghan – La sua vera storia di Andrew Morton, uscito in Italia per Piemme, ormai sapevo già tutto dell’attrice di origine afroamericana, divorziata e perdipiù trentaseienne che il prossimo 19 maggio sposerà alla cappella di San Giorgio, a Londra, il principe Harry d’Inghilterra, sesto in linea di successione al trono (trattasi, e la definizione è di Antonio Caprarica, di “reali minori”). Sapevo tutto sia per via del lavoro che faccio, sia perché come molte altre persone, ho una scontatissima passione per i reali inglesi – completa indifferenza per tutti gli altri, compresi i monegaschi – frutto, nell’ordine, a) dell’indottrinamento di mia madre, patita di Diana b) della solita infatuazione fuori tempo storico per la Cool Britannia della mia generazione, che al più tardi ha vissuto i Libertines e gli Arctic Monkeys. Neanche a dirlo la mia testa coronata preferita è quella della Regina Elisabetta, cementata dalla visione di The Crown al punto da essermi rifiutata di scrivere un coccodrillo in quel periodo terribile in cui tutti pensavano sarebbe morta (aprile 2017, per un momento si è temuto un secondo annus horribilis). Naturalmente non è morta, alla faccia del Seo e della pratica sfacciata del coccodrillo iettatorio, ché scrivere dell’eventuale morte di Elisabetta non è materiale per tutti.

È stato in qualche modo strano ritrovare la prosa zuccherosa di Morton e le sue dettagliatissime descrizioni dell’albero genealogico di Meghan, classe 1981, tanto più a molti anni di distanza dall’unico altro suo libro che io (e milioni altri nel mondo) abbia mai letto, e cioè Diana, bestseller senza precedenti proprio del 1992. Le sostenitrici incallite di Kate Middleton, intanto, che si mettano l’anima in pace: il fatto stesso che al royal biografo di professione, curioso personaggio a metà strada tra il giornalista di gossip particolarmente fortunato, l’investigatore privato e lo stalker, non sia venuto in mente di scrivere una biografia di Kate ma si sia invece lanciato sulla storia di Meghan parla da sé. O magari – più prosaicamente – perché i libri degli ultimi anni (su Tom Cruise, sui coniugi Beckham, su Monica Lewinsky), o sono stati pubblicamente sbugiardati o gli hanno procurato beghe legali. Ma comunque. Che qui si sia del partito Meghan è chiaro sin dall’inizio e la favola americana ricostruita da Morton conferma le iniziali impressioni sull’attrice di Suits, serie che peraltro rimpiango di non aver mai visto perché, sempre secondo il narratore onnisciente, fornisce moltissime indicazioni sul carattere di Markle e (come dubitarne) sul suo futuro.

Meghan è particolarmente brillante sin da bambina, Meghan è di razza mista, Meghan è arrivata al cospetto della Regina non come una novella Wallis Simpson reincarnata ma piuttosto camminando con i tacchi alti sulla memoria della Simpson, almeno a guardare la loro linea di discendenza. Da una parte infatti c’è lei, erede degli schiavi raccoglitori di cotone, di cognome Ragland per parte dell’amata madre Doria, «straordinario caso di mobilità sociale» e «moderna Cenerentola», e dall’altra c’è Wallis, diva della vecchia Hollywood discendente di una famiglia di latifondisti, arricchitisi proprio con lo schiavismo. La donna per la quale Edoardo VIII aveva sì abdicato nel 1936, causando gran distress ai Windsor tutti, ma mai riconosciuta né ricevuta a palazzo, qualsivoglia palazzo. Karma? No certo, ché il torto semmai era tutto dalla parte della monarchia, perennemente inclinata verso l’infelicità del singolo, e ciononostante lo scivolone della coppia di diventare amici dei nazisti, il caso noto come The Margburg Files. A un certo punto è capitato a tutti, compreso all’altrimenti inimitabile Filippo.

Per Morton la doppia identità di Meghan è la chiave di tutto: dall’aneddoto del padre Thomas Senior (direttore delle luci ad Hollywood, carriera nient’affatto trascurabile) che nel 1988 le aveva fatto trovare sotto l’albero di Natale bambole di carnagione chiara e scura per simboleggiare la sua famiglia mista, alla scelta delle persone da frequentare al college. «I due migliori amici di Meghan erano la personificazione del suo doppio retaggio: l’afroamericano iconoclasta, eccentrico e controcorrente, e la professionista bianca integrata», si legge a un certo punto. E proprio la famiglia paterna ha già creato non poche grane, in particolare i fratellastri Thomas Junior e Samantha, quest’ultima personaggio misterioso con un passato da adolescente satanista (per scherzo, ma Morton ci tiene a riportarlo). Negli ultimi giorni ci si è messo anche il padre, che da eroe dell’internet per le foto (pare concordate) in cui leggeva voluminosi libri sulla Gran Bretagna si è ritrovato impossibilitato a partecipare alla cerimonia causa infarto. Lo dice TMZ, il che non è mai una buona notizia per le famiglie dei famosi.

Per quanto sia oggettivamente bella e preludio del più roseo lieto fine la foto di Meghan di fronte a Buckingham Palace, datata estate 1996, l’avevamo già vista su tutti i social, così come erano noti la maggior parte degli aneddoti più succosi del libro. La carriera da celebrity impegnata, perseguita con tale astuzia e perseveranza che Kate al confronto è una pivella, l’incontro combinato con Harry e il romantico weekend in Botswana, infine la proposta di matrimonio di fronte al pollo arrosto: la novella di Morton ci arriva quando l’abbiamo già digerita. Meghan è ormai calata perfettamente nel suo ruolo di royal influencer e potrebbe anche essere la più redditizia di tutte, dice Business of Fashion, mentre Emma Duncan e Valentine Low si sono chieste sull’Economist se sarà in grado di modernizzare l’istituzione reale. Se ne sente il bisogno? Per la Corona del post-Elisabetta, effettivamente sì, ma Meghan, gli scettici si arrendano, un po’ di storia l’ha già fatta.