Attualità

Tutti i tipi che conosco odiano la Buy

Ritratto di un'attrice e dei personaggi garbatamente nevrotici da lei interpretati. Dove si parla di Goran Bregovic, di divani dell'Ikea, e di idiosincrasie varie prevalentemente maschili.

di Anna Momigliano

Quando ero piccola, dovevano essere gli anni Ottanta nel loro momento peggiore, mi capitò di vedere in Tv Marisa Laurito con un ananas in testa. Pensai “che buffa questa qui”, e devo averlo pensato ad alta voce, perché mio padre mi spiegò con tono compìto che, pensa un po’, il pubblico maschile associa Marisa Laurito alle caratteristiche femminili più fastidiose. Ora, l’articolo che segue non ha nulla a che vedere con gli anni Ottanta, Marisa Laurito, gli ananas, o con il fatto che mio padre non avesse la minima idea di come si parla a una bambina di sei anni. Però mi sembrava un aneddoto interessante.

La prima volta che ho visto un film di Margherita Buy, era il 2001 (a casa mia vigeva un bando contro i film non-hollywoodiani, Carlo Verdone manco sapevo che faccia avesse): il film era Le Fate Ignoranti di Ferzan Özpetek, dove lei interpretava una giovane vedova garbatamente nevrotica e Stefano Accorsi l’uomo con cui il marito l’aveva tradita. Di Margherita Buy ricordo di avere pensato qualcosa come “cazzo, che bel taglio di capelli” e “quei vestitini monocromo li vorrei pure io”; di Stefano Accorsi che era molto più gnocco e forse anche un po’ più credibile in Capitani d’Aprile (mio fratello aggirava il bando hollywoodiano contrabbandando improbabili titoli politicizzati, tipo Ken Loach e cose così).

«Tu, con quegli occhioni, ti senti felice?»

Nel 2003 un’amica mi porta al cinema a vedere il primo film di Verdone della mia vita, Ma che colpa abbiamo noi, dove Margherita Buy interpreva una bella donna garbatamente nevrotica sulla soglia della mezza età, invischiata in una relazione autodistruttiva con un uomo sposato e che si compra un botto di scarpe. A quel giro il taglio di capelli non era un gran che, in compenso ero rimasta molto colpita da una frase di Verdone rivolta a lei: «Tu, con quegli occhioni, ti senti felice?»

Nel 2005 Margherita Buy è la protagonista de I Giorni dell’Abbandono di Roberto Faenza, tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante recentemente esploso negli Stati Uniti: Margherita Buy è una bella donna sulla soglia della mezza età, la cui nevrosi diventa sempre meno garbata nel corso del film, fatta salva la catarsi finale. L’anno successivo è la moglie del Silvio Orlando produttore-sull’orlo-di-una-crisi-di-nervi, nel Caimano di Nanni Moretti.

Nel 2007 è, più che l’attrice principale, l’epicentro de Lo spazio bianco di Francesca Comencini, tratto dal romanzo omonimo di Valeria Parrella di cui tra le altre cose si scriveva qui: Margherita Buy è una bella donna sulla soglia della mezza età, garbatamente nevrotica e con ottime ragioni di esserlo, visto che insegna sottopagata alle scuole serali, sta con uno stronzo che la pianta quand’è incinta e la sua bambina sta lì lì per morire nell’incubatrice («non so se mia figlia sta nascendo o se invece sta morendo», dice). Nel 2011 è l’ex moglie di Nanni Moretti in Habemus Papam: fa la psicoanalista pure lei. Prova a psicoanalizzare il papa. Non va tanto bene, o forse sì, non saprei.

Naturalmente, ha fatto anche un sacco di altri film – con Özpetek, Verdone, Sergio Rubini, che è pure il suo ex marito, Virzì, Salvatores e Maria Sole Tognazzi, per dirne alcuni: per quello, se v’interessa, c’è la pagina di Wikipedia.

Margherita Buy con Stefano Accorsi che legge le poesie di Nâzım Hikmet; Margherita Buy che sorride a Nanni Moretti ad un incrocio, Margherita Buy con Goran Bregović sul divano dell’Ikea

Il fatto è che, quando penso a Margherita Buy, penso a tre cose: Margherita Buy con Stefano Accorsi che legge le poesie di Nâzım Hikmet su un terrazzo romano; Margherita Buy che sorride a Nanni Moretti ad un incrocio, massì, va tutto bene; Margherita Buy con Goran Bregović sul divano bianco dell’Ikea. Poi ci sono i tagli di capelli, ma forse è un problema mio, i vestitini monocromo e, si diceva, gli occhi, che quasi quasi uno potrebbe farci un Tumblr, “gli occhioni blu di Margherita Buy”.

Anzi, mentre sto scrivendo questa cosa penso che sicuramente, da qualche parte, ci deve essere un Tumblr sugli occhioni blu di Elijah Wood, Zac Efron o Jared Leto, ma non è la stessa cosa, perché loro sono uomini e giovani. E, soprattutto, non è che tutti i miei amici maschi odino Elijah Wood e Jared Leto (magari però quelli snob Zac Efron non sanno chi è).

Perché – a questo punto tanto vale confessare – è da qui che nasce l’idea di scrivere una cosa su Margherita Buy: praticamente tutti gli uomini che conosco (ok, quelli che conosco bene) a un certo punto nella vita mi hanno confessato di non poterla vedere. Tutti tranne uno: ma che sei pazza?, mi ha detto, come ti salta in mente di scrivere che tutti gli uomini odiano la Buy? mica la odio, io, mi tengo lontano dai suoi film. Ah, ecco, appunto.

Magari sono le cose di un momento, che si dicono un po’ senza pensare. Magari sono io che frequento la gente sbagliata (probabilissimo, peraltro). Però, ci deve essere qualcosa che Margherita Buy fa agli uomini. Chessò, una qualche corda che tira, qualche nervo scoperto, insomma un quid che fa scattare un’idiosincrasia latente nel pubblico maschile e che, per quanto ne ho capito, va un po’ oltre alla semplice antipatia nei confronti di quel milieu sinistra-un-poco-elitaria-ma-non-troppo incarnato, per dire, da Fazio, Virzì, Özpetek, Scalfari e Concita De Gregorio, che in certi ambienti va tanto di moda vituperare, e di cui Margherita Buy fa parte.

A volte, quando mi faccio domande di questo tipo, penso a questo vecchio sketch di Rai Tre, che risale ai tempi in cui Belén Rodríguez era ancora una celebrità minore, con Nanni Moretti che telefona a Silvio Orlando alle tre del mattino: «dai, dai Silvio vieni che c’è anche Margherita Buy!», «ti prego, Nanni, la Buy è triste, io voglio vedere la fica».

O forse c’è dell’altro. Forse non è solo una questione di che tristezza, voglio vedere la fica, di Comencini Faenza Virzì Özpetek eccetera. Forse ci sono sono corde che Margherita Buy tocca nel pubblico maschile, e che non riguardano soltanto i suoi detrattori.

Tra i mini-film realizzati da Antonio Pascale per le Invasioni Barbariche ce n’è uno che, a sentir lui, e che è stato uno dei più riusciti. Lo potete vedere qui intorno al minuto 1:05 e riguarda, lo avrete capito, Margherita Buy.

Antonio Pascale ci sta provando con una tizia di cui ignoro il nome, ma che potremmo chiamare Bella Ragazza Fragile. «Ho conosciuto donne che assomigliavano a Margherita Buy», dice lo scrittore guardando in camera.

-Bella Ragazza Fragile: “Il segreto è trasformare il trauma in dolore, perché il dolore può essere condiviso”.

-Antonio Pascale: “…”

-Bella ragazza fragile: “Tu lo sai sopportare il dolore?”

-Antonio Pascale “No”

-Bella ragazza fragile: “E allora sei una frana”

-Antonio Pascale: “Chi, io?”

-Bella ragazza fragile : “…”

-Antonio Pascale: “Chi, io?”

Si capisce che la bella ragazza fragile è, beh, un po’ fragile e magari pure un po’ rompipalle. Ma si capisce pure che è Antonio Pascale a restarci male, che alla fine del dialogo è lui a sentirsi più insicuro.

Un po’ come quel Carlo Verdone, nevrotico tra i nevrotici, che guarda diritta in faccia la sua compagna d’ansie: «Tu, con quegli occhioni, ti senti felice?»

 

(Photo by Dan Kitwood/Getty Images)