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Ma dove vai Angelino?

Cosa farà Berlusconi è chiaro: campagna elettorale permanente. Meno chiaro come si muoverà il suo delfino: rimanere nel Pdl o andarsene? Il tifo della sinistra e i rischi del paese-spezzatino.

di Claudio Cerasa

Roma – Ma dove va Angelino Alfano? La grottesca commedia che stiamo osservando ormai da un mese all’interno del centrodestra ha al centro di tutto un problema legato non tanto a cosa fare un domani Silvio Berlusconi ma a cosa fare il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Angelino, ma dove vai? La storia la conoscete ma forse è utile sintetizzarla brevemente. Il due ottobre, al Senato, il governo ha dimostrato di avere una maggioranza indipendente da Silvio Berlusconi, e le truppe legate al fronte ministeriale del Pdl (ma esiste ancora il Pdl oppure no?) hanno consegnato al governo Letta i numeri giusti per avere la garanzia di andare avanti con l’esperienza delle larghe intese. E dunque, a Palazzo Madama, dove ricordiamo che Berlusconi voleva votare la sfiducia al governo, il risultato è stato chiaro: uno a zero per Alfano, e palla al centro. Il secondo tempo della partita, rivincita vera e propria, è stato quello giocato venerdì scorso durante il famoso ufficio di presidenza del Pdl. Berlusconi ha convocato la riunione per sciogliere il Pdl e trasformarlo il Forza Italia. Alfano, con i ministri e i parlamentari vicini ai ministri, ha detto no, Silvio, non sciogliamo oggi il Pdl, aspettiamo ancora, non è il momento, andiamoci piano. Silvio, invece, non c’è andato piano, ha convocato l’ufficio di presidenza e, di fatto, ha sciolto il partito di cui Alfano è segretario senza avere il consenso del segretario di quel partito. Uno a uno, e palla al centro.

Il terzo tempo di questa partita – che a voler essere generosi costituisce una sorta di congresso mascherato, una sfida tra due anime in competizione tra di loro che proveranno fino all’ultimo a contarsi e a portare il proprio partito (Pdl? Forza Italia?) dalla propria parte – si giocherà l’otto dicembre, in coincidenza con le primarie del Pd, e sarà in quell’occasione che Berlusconi, che molto probabilmente sarà stato già mandato via dal Senato, salirà nuovamente sul predellino e lancerà il nuovo vecchio partito. Cosa farà Berlusconi sembra evidente: un minuto dopo la sua decadenza comincerà a muoversi come fosse in campagna elettorale, cercherà di utilizzare i mesi che gli toccano ai servizi sociali come una straordinaria occasione di redenzione, e tenterà in tutti i modi di rifarsi una verginità, diciamo così, come fustigatore unico delle larghe intese, e provando insomma a non regalare a Renzi un evidente spazio elettorale. La tentazione di Berlusconi, ovviamente, sarà quella di far cadere il governo, ed è possibile che la scalata al Pd di Renzi possa offrire al Cavaliere molti alibi per andare a votare (pensate a cosa potrebbe succedere qualora Renzi dovesse davvero decidere di portare la legge elettorale alla Camera e di votarla e approvarla senza i voti del Pdl).

Quello che invece dovrà decidere il suo futuro, e che oggi obiettivamente si trova in una situazione imbarazzante, si chiama Angelino Alfano. Insomma, dove vai Angelino? I salotti buoni della sinistra, che da sempre hanno un peso importante nel far sentire speciale un possibile rottamatore del Cav., tifano fortissimamente affinché Alfano, con Lupi, Quagliariello e compagnia, rompa con il Caimano e separi le sue truppe da quelle del Demonio di Arcore. I numeri per spacchettare il Pdl (o Forza Italia? Ma come diavolo si chiama?) in teoria ci sarebbero, pensate alla lettera dei 24 senatori del Pdl che la scorsa settimana hanno giurato fedeltà al governo. Il problema è che Alfano sa che per tentare di dar vita a un nuovo centrodestra occorre avere molto tempo a disposizione e considerando che quel tempo a disposizione dovrebbe essere concesso da Renzi è evidente che la strada di Alfano è segnata: la scissione ci sarà non per propria volontà ma solo se sarà Berlusconi a cacciare via il suo vecchio delfino. Il percorso, dunque, sembra segnato, Alfano sembra non avere grandi possibilità di uscire bene da questo pasticcio, i giornaloni di sinistra che improvvisamente aveva rintracciato un segnale di vita del Quid si stanno già mangiando le mani, ma in fondo, il passo indietro di Alfano se fosse confermato dovrebbe essere una buona notizia per tutti coloro che hanno a cuore il bipolarismo.

Perché, suvvia, la storia di Fini, di Monti, di Casini, di Follini, di Mastella, di Rutelli e compagnia ci dimostra che sfidare i giganti del bipolarismo è una sfida suicida, perché i cambiamenti si impongono da dentro i grandi contenitori, e non da fuori. E per questo, oggi, chi ha cuore il bipolarismo deve augurarsi che Alfano e compagnia rimangano con Berlusconi. E qui non si tratta di essere di destra o di sinistra. Si tratta solo di avere le idee chiare su come si può evitare di trasformare l’Italia in un drammatico paese spezzatino. E’ così facile no?