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L’uomo partita assente

Non c'è, è assente, era assente dal campo: era Marco Verratti, chiave di quello che qualcuno ha chiamato "tiki-taka all'italiana" contro l'Inghilterra. Un'analisi del ruolo del centrocampista parigino e del perché ne abbiamo un disperato bisogno.

di Giuseppe De Bellis

L’uomo partita di Italia-Costa Rica è Marco Verratti. Facile questa, sì. In una partita in cui non sai chi salvare scegli uno che non c’è e che avrebbe dovuto esserci. Facile e perfino un po’ vigliacco. Ma vero. Perché uno così sarebbe stato fondamentale dall’inizio o anche a partita cominciata. Perché uno così avrebbe dato quell’equilibrio che all’Italia è mancato dal primo minuto. Diranno il caldo, diranno Balotelli più nervoso e mangiagol (uno quello sbagliato), diranno Cassano non entrato in partita, diranno la stanchezza. C’è tutto e c’è l’assenza di Verratti. Perché ciò che aveva convinto in Italia-Inghilterra era stato il centrocampo con De Rossi mediano e il doppio regista davanti, cioè Pirlo e Verratti. Qualcuno l’ha chiamato il tiki taka italiano, che non è esatto al centesimo, ma ha fatto capire a molti di che cosa si stesse parlando: una rete fitta di passaggi, spesso di prima, tra De Rossi, Pirlo, Verratti, Marchisio e Candreva, con Balotelli girato spalle alla porta a fare prevalentemente la sponda per i centrocampisti. Indipendentemente dal nome, è stata la novità principale dell’esordio italiano in Brasile, una novità che contro la Costa Rica Prandelli ha deciso di non riproporre. Perché Thiago Motta non è Verratti e quindi la scelta di metterlo in campo dal primo minuto ha di fatto annullato quell’idea di gioco che avevamo dato contro l’Inghilterra. L’abbiamo capito in fretta, quando abbiamo visto che la Costa Rica faceva più possesso di noi, quando il nostro unico sviluppo possibile era il lancio lungo per Balotelli. Un’Italia che è sembrata più il Milan di quest’anno che la stessa squadra in grado di non far toccare il pallone per due minuti e mezzo di seguito all’Inghilterra.

Ecco perché Verratti è l’uomo partita. Di nuovo: facile e vigliacco dirlo adesso, ma vero. Uno così ci avrebbe imposto di giocare con lo stesso possesso dell’esordio, sappiamo perfettamente che tenere la palla non vuol dire giocare meglio. Ma il bello del gioco che avevamo fatto vedere a Manaus era l’abbinare il giro palla alle verticalizzazioni per Balotelli al centro o per Darmian sulla destra. A differenza dell’Inghilterra, la Costa Rica era (e lo ha dimostrato) più forte nelle ripartenze. Il che rendeva rischiosa la possibilità di perdere palla in una situazione analoga a quella che ha portato al gol di Rooney. La dimostrazione sta nel fatto che lo sviluppo dell’azione del gol di Ruiz sia stata abbastanza simile a quella del gol inglese.

E qui sta la differenza: abbiamo subito un gol simile, ma senza Verratti, la seguente chiusura di tutti gli spazi da parte della Costa Rica, si sono annullate le possibilità di creare superiorità e velocità tra le linee di attacco e centrocampo. Il risultato è stato che Balotelli è apparso molto più solo di quanto sembrasse nella prima partita (questo anche sullo 0-0) e che né Darmian né Abate siano mai riusciti ad arrivare sul fondo. E quindi unica soluzione: palla a Pirlo e lancio verso Mario. Scontato, banale, poco. Verratti serve, allora. Serve se vogliamo giocare con una punta sola. Serve se vogliamo tenere il possesso. Serve se giochi con De Rossi così basso: tieni Pirlo in posizione di mezzala e gli devi dare una mano e due piedi buoni accanto. Cioè quelli di Marco. Prandelli l’ha portato in Brasile senza mai considerarlo il vice Pirlo, quindi ha scelto di convocarlo per — nel caso — affiancarli. L’ha fatto all’esordio e non contro la Costa Rica. Snobbato spesso durante l’anno e persino nelle settimane precedenti alle convocazioni, Verratti è stato in realtà uno dei centrocampisti con il più alto rendimento d’Europa.

I numeri dicono che nel numero di passaggi andati a buon fine durante la Champions è stato secondo a Xavi del Barcellona, probabilmente il centrocampista con il maggior rendimento degli ultimi sette anni. Ha giocato da mezzapunta, da regista, da mezzala, ha una versatilità unica che gli ha consentito di arrivare a Parigi da sconosciuto e di giocare spesso da titolare, di essere fondamentale per Ancelotti e però anche per Blanc. Perché tanta ritrosia, allora? È leggero, ancora gracile, forse non del tutto completo. Per qualcuno a disagio nella convivenza con un mostro come Pirlo. Tutte mezze verità sconfitte da una verità più grande. Con lui in campo l’Italia ha fatto ciò che non aveva mai fatto prima. Conviene insistere, non è una scommessa. Non più. Semmai rinunciarci ha creato l’effetto opposto, una specie di crollo di certezze determinato dalla difficoltà nel tenere palla, giocarla, aspettare il momento giusto per trovare il corridoio verticale. Centrale o laterale che fosse. Con Verratti è semplicemente più facile. Anche se è altrettanto facile dirlo adesso.