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L’uomo che filmò Kennedy morire

Storia dell'unico filmato della morte di JFK, dei suoi diritti, della sua distribuzione. E dell'uomo che involontariamente girò una delle testimonianze più importanti del secolo: Abraham Zapruder.

di Redazione

Abraham Zapruder, il giorno in cui uccisero John Fitzgerald Kennedy a Dallas, aveva cinquantotto anni. Fu lui, con una cinepresa amatoriale 8 mm Bell & Howell Zoomatic Director Series Model 414 PD, a girare i pochi secondi che diventarono uno dei filmati più iconici e famosi del XX secolo, quei pochi secondi che mostrano il 35° presidente degli Stati Uniti ucciso da un proiettile partito dall’arma di Harvey Lee Oswald. Abraham Zapruder non faceva l’operatore video, il cameraman né il giornalista, ma un mestiere completamente diverso, l’imprenditore nel campo della moda: aveva fondato nel 1949 a Dallas un brand di nome Jennifer Junior’s. A Dallas si era trasferito nel 1941, lasciando Brooklyn dove era cresciuto con la famiglia. Era però nato a Kovel, una cittadina che oggi conta più di 60.000 abitanti nell’entroterra dell’Ucraina, che nel corso del secolo fu parte sia dell’Impero Russo sia della Polonia.

Curiosamente, anche Harvey Lee Oswald aveva uno stretto legame con la Russia, o con l’Unione Sovietica: arrivò a Mosca nel 1959 per seguire uno strano sogno rivoluzionario bolscevico, lavorò come operaio a Minsk, conobbe una ragazza di nome Marina Prusakova, la sposò e fecero due figli prima di tornare negli Stati Uniti.

Abraham Zapruder, il 22 novembre del 1963, era andato al lavoro senza la sua Bell & Howell, che aveva acquistato l’anno precedente. Fu la segretaria dell’azienda Jennifer Junior’s, Lilian Rogers, a convincerlo a tornare a casa e prenderla, e tornare poi verso Dealey Plaza, dove la compagnia aveva sede, per filmare il passaggio di John Fitzgerald Kennedy e della moglie Jackie. Scese quindi dagli uffici, al 501 di Elm Street, al fianco del Texas Books Depository, luogo da cui Oswald farà fuoco, qualche minuto dopo. Con Zapruder c’era la receptionist Marilyn Sitzman. Kennedy e il corteo presidenziale passeranno davanti a loro, a Dealey Plaza, a mezzogiorno e mezzo circa. Orario ideale per sfruttare la pausa pranzo.

Le strade di Dallas, gremite di persone nel centro, verso Elm Street sono molto meno piene. Il corteo di auto d’altronde ha attraversato quasi tutta Dallas, deve imboccare la Stemmon Freeway, a soli 5 minuti dalla destinazione, il Dallas Trade Mart. Abraham Zapruder sceglie di appostarsi su un muro di cemento, con l’assistente Sitzman dietro di lui, per aiutarlo a non perdere l’equilibrio. La sua Bell & Howell filmò i ventisei secondi successivi, quelli impressi da cinquant’anni nell’immaginario collettivo. A colori, senza suoni.

Abraham Zapruder, nella confusione seguita immediatamente all’attentato, tornò verso il suo ufficio in Elm Street. Incontrò sulla strada Harry McCormick, reporter del Dallas Morning News. McCormick disse a Zapruder che avrebbe cercato un suo conoscente, l’agente Forrest Sorrels dei Servizi Segreti, e l’avrebbe portato nell’ufficio della Jennifer Junior’s. Insieme andarono negli studi della WFAA, network di Dallas affiliato alla Abc, per trasmettere le immagini. In questa occasione, Abraham Zapruder fu intervistato in diretta dal giornalista Jay Watson. Sono passate soltanto due ore dall’uccisione di John Fitzgerald Kennedy.

Il testo dell’intervista, molto breve e nella trascrizione del Sixth Floor Museum di Delay Plaza a Dallas, è questo:

JAY WATSON: […] And would you tell us your story please, sir?
ABRAHAM ZAPRUDER: I got out in, uh, about a half-hour earlier to get a good spot to shoot some pictures. And I found a spot, one of these concrete blocks they have down near that park, near the underpass. And I got on top there, there was another girl from my office, she was right behind me. And as I was shooting, as the President was coming down from Houston Street making his turn, it was about a half-way down there, I heard a shot, and he slumped to the side, like this. Then I heard another shot or two, I couldn’t say it was one or two, and I saw his head practically open up [places fingers of right hand to right side of head in a narrow cone, over his right ear], all blood and everything, and I kept on shooting. That’s about all, I’m just sick, I can’t…
WATSON: I think that pretty well expresses the entire feelings of the whole world.
ZAPRUDER: Terrible, terrible.
WATSON: You have the film in your camera, we’ll try to get…
ZAPRUDER: Yes, I brought it on the studio, now.
WATSON: We’ll try to get that processed and have it as soon as possible.

Zapruder è molto scosso. Anche lo stesso Watson, che fuma una sigaretta, sembra accusare un certo tremore alle mani, in certi istanti. Ma alla WFAA non riuscirono a sviluppare la pellicola per trasmetterla, al momento. Furono sviluppate in totale tre copie della registrazione. L’originale la tenne Zapruder, insieme a una delle copie. Altre due rimasero all’agente Sorrels, che le inviò a Washington per arrivare, successivamente, alla Warren Commission. Il pubblico non vide, per il momento, il filmato. Una settimana dopo, il magazine LIFE fece uscire un numero commemorativo su JFK, e incluse alcune fotografie, o frame, tratte dai ventisei secondi di girato di quel 22 novembre. Abraham Zapruder aveva venduto alla rivista tutti i diritti per 150.000 dollari. Fu il direttore di allora, Richard Stolley, a decidere di sborsare una tale somma. Stolley ha raccontato di come prese l’elenco telefonico di Dallas, senza avere una chiara idea di come il cognome “Zapruder”, che gli era stato dettato via telefono, fosse realmente scritto. Cercò sotto la lettera zeta, e apparve esattamente così: Zapruder virgola Abraham. Convoca quindi il 58enne nei suoi uffici, e insieme a due uomini dei Servizi segreti guardano il filmato. Stolley ha riferito di aver pensato: «Non esiste al mondo che LIFE non possa avere questo film». Rassicurato da Stolley sul fatto che il film non sarebbe stato mostrato in pubblico, Zapruder accettò una somma di 50.000 dollari per i diritti di stampa dei frame. Firmò un contratto redatto al momento, in nove righe.

Il numero commemorativo di LIFE andò in stampa con i fermo-immagine in bianco e nero, perché – ha spiegato ancora Stolley – non c’era tempo per la stampa a colori. Non fu pubblicato il frame 313, quello dell’esplosione del cranio del presidente. Stolley si è detto convinto che il filmato non avrebbe mai potuto avere l’impatto che ebbe e continua ad avere ora, se fosse stato mostrato immediatamente sotto forma di girato, e non tramite i fermo-immagine.

Sia durante la sua testimonianza alla Warren Commission, sia durante quella al processo a carico di Clay Shaw, nel 1969, Abraham Zapruder scoppiò a piangere parlando dell’assassinio. Nel 1970 morì, a causa di un cancro allo stomaco. I diritti di quello che è diventato famoso come “the Zapruder film” sono ultimamente passati dalla famiglia Kennedy al governo statunitense, per 16 milioni di dollari.