Attualità

L’omicidio che ha cambiato il Medio Oriente

di Anna Momigliano

È un omicidio che ha cambiato la storia del Medio Oriente, che ha cambiato (gattopardescamente, sostengono alcuni) i rapporti tra due nazioni. E che, a distanza di oltre sei anni, ancora rischia di gettare un Paese sull’orlo di una guerra civile. Stiamo parlando, signori, dell’assassinio di Rafiq Hariri, l’ex primo ministro libanese “eliminato” da un attentato bombarolo nel 2005, per cui solo pochi giorni fa il tribunale internazionale delle Nazioni Unite ha emanato quattro mandati d’arresto contro altrettanti esponenti di Hezbollah. Il partito-milizia che, incidentalmente, è una delle forze principali dell’attuale governo libanese.

 

La bomba. Era il 14 febbraio 2005 quando Rafiq Hariri, uno degli uomini più potenti del Libano, laico, sunnita, filo-occidentale (e dunque anti-siriano), primo ministro dal 2000 al 2004, viaggiava a bordo della sua auto nei pressi dell’albergo St George, nel centro di Beirut. Lo ha fatto saltare in aria un quintale di tritolo. Nella violenta esplosione sono morte altre 21 persone. Alcuni dati forensi farebbero pensare a un attentatore suicida di sesso maschile.

 

La rivoluzione dei Cedri. L’omicidio di Hariri scatenò una serie di proteste tra i suoi sostenitori, che guidati dal figlio di lui, il giovane Saad Hariri, puntavano il dito contro il regime di Damasco e chiedevano a gran voce la fine dello strapotere siriano in Libano. A quei tempi la Siria manteneva ancora delle truppe di occupazione, per un totale di 14 mila uomini, in alcune zone del Paese e tutt’ora mantiene una fortissima influenza nella politica di Beirut, tramite il controllo di Hezbollah e altre fazioni filo-siriane.

 

La cacciata dei siriani. La “rivoluzione dei Cedri” portò alle dimissioni del primo ministro Omar Karaimi, considerato un uomo di Damasco. Ma soprattutto, anche grazie alle forti pressioni della comunità internazionale, portò al ritiro delle truppe siriane dal territorio libanese, dopo quasi 30 anni di occupazione militare. Ma, si sa, nella politica mediorientale spesso le cose non sono come sembrano e Damasco continuerà ad esercitare un fortissimo potere sul Libano per ancora molti anni.

 

La guerra con Israele. Nel 2006 il conflitto armato tra Israele e Hezbollah, oltre a fare migliaia di vittime, ha anche l’effetto collaterale di fornire, agli occhi del pubblico libanese, una certa credibilità alla milizia filo-siriana, che si presenta come “salvatrice della patria.”

 

Il Tribunale dell’Onu. Nel 2007 le Nazioni Unite istituiscono un Tribunale speciale per fare luce sull’assassinio Hariri. Precedentemente l’Onu aveva istituito una commissione d’inchiestam che in un rapporto a Kofi Annan riferiva di uncoinvolgimento delle alte sfere del regime siriano nell’omicidio. Ma a lungo le indagini si arenano, perché in gioco c’è la stabilità del Paese. Nessuno lo dice apertamente, ma tutti lo sanno: se il regime siriano e/o i suoi alleati a Beirut saranno condannati per l’omicidio Hariri, Hezbollah è in grado di scatenare la guerra civile.

 

Beirut sotto assedio. Tra il 2006 e il 2008 il Libano conosce un periodo di profondo caos politico. Il blocco filo-siriano, principalmente composto da Hezbollah e dai sostenitori del presidente cristiano Emile Lahoud, organizzano una serie di proteste contro le indagini Onu, prima, e il Tribunale internazionele poi. Per un periodo, nel 2007, Hezbollah paralizza con delle tendopoli difese da uomini armati il centro della capitale. Nel maggio del 2008 scontri a fuoco tra Hezbollah e le truppe governative fanno pensare a una nuova guerra civile. Ma la guerriglia dura solo una settimana.

 

Nel nome del padre. Nel novembre del 2009, dopo anni di incertezza e lotte intestine, si forma un governo di unità nazionale. A guidarlo c’è il giovane Saad Hariri, figlio dell’assassinato Rafiq. Ne fanno parte anche Hezbollah e altre fazioni filo-siriane che, solo qualche anno prima, Saad aveva accusato di avere ucciso suo padre. Nel nome della stabilità del Paese, o forse del potere, Hariri jr tende le mani agli ex nemici e fa di tutto per migliorare i rapporti con Damasco.

 

Fermate la Bbc. Le indagini intanto proseguono e le fazioni filo-siriane non gradiscono. L’emittente inglese Bbc girara una fiction su Rafiq Hariri e sul suo assassinio, che sarebbe dovuta andare in onda nel novembre del 2010. Ma è costretta a cancellare la programmazione a causa delle minacce ricevute da Hezbollah.

 

Hezbollah al potere. La luna di miele tra filo-occidentali e filo-siriani non poteva durare in eterno. Specie mentre a Damasco, il regime di Bashar al-Assad è messo sotto pressione dalle proteste democratiche, puntualmente represse nel sangue. Sempre più isolata dal punto di vista internazionale, la Siria ha bisogno di alleati fedeli. Risultato? A Beirut si instaura un nuovo governo, filo-siriano, dove Hezbollah ha 19 ministri su 30. Saad Hariri fugge all’estero.

 

Arrivano i mandati d’arresto per Hezbollah. Nel luglio del 2010 dal Tribunale Onu trapelavano per la prima volta le indiscrezioni secondo cui alcuni esponenti di Hezbollah erano indagati per l’omicidio di Rafiq Hariri. Il 30 giugno di questo anno, lo stesso Tribunale speciale emana quattro mandati d’arresto per altrettanti esponenti di Hezbollah. Il partito-milizia, che ora domina l’esecutivo a Beirut, fa sapere di non riconoscere il Tribunale. Hanno già dimostrato di essere capaci di fare precipitare il Paese nel caos.

A questo punto i sostenitori di Hariri, e tutti coloro che vogliono giustizia per il suo assassinio, sono davanti a un dilemma: dare vita a una nuova rivoluzione dei Cedri, affinché i mandati d’arresto siano rispettati, anche a costo di scatenare una guerra civile, oppure accettare la legge del più forte, nel nome della stabilità.