Attualità

La stagione dei flop

Non è un periodo molto fortunato per il cinema italiano. Al di là della crisi, forse è perché anche il pubblico ora pretende qualcosa di nuovo.

di Federico Bernocchi

Cominciamo da una serie di dati numerici. Sono arrivati i dati Cinetel per quanto riguarda il consumo cinematografico in Italia nel 2012: è stato calcolato una flessione del 10% per quanto riguarda le presenza in sala, e ben del’8% per quanto riguarda gli incassi. E nel 2013 le cose non hanno preso una direzione differente, anzi. Il mese di gennaio è stato una vera e propria carneficina, addirittura il peggiore degli ultimi 5 anni. Il 21% di biglietti in meno rispetto a gennaio 2012 e addirittura il 47% in meno a confronto del 2011. Insomma, non vi sveliamo una novità, ma il cinema è in grave crisi. I motivi sono i più disparati e li conosciamo bene tutti. C’è, in prima battuta, una motivazione economica: andare al cinema costa dei soldi e non tutti sono disposti a spendere 10 euro per vedere un film in 3D in un Multiplex. A questo vanno aggiunti altri importanti elementi: le sale del centro, dopo anni in cui nessuno ha mai pulito uno schermo o riparato quella cassa che gracchiava una volta superati i 6 decibel, hanno chiuso. Rimangono appunto i Multiplex, che però il più delle volte sono posizionati in periferia o in posti non particolarmente agevoli da raggiungere per chi non ha la macchina o non ha voglia di fare un’ora di viaggio sui mezzi pubblici. C’è poi ovviamente la questione che ci sta più a cuore: quella del download illegale. La piaga sbandierata da moltissimi tra quelli che lavorano nell’industria. Sarà veramente quella solo quella la causa?

Facciamo due ragionamenti, partendo da un dato di fatto: chiunque abbia una connessione a casa, s’è scaricato almeno una volta un film. (ma non ha mai rubato un cellulare dal bancone di un bar). Perché lo fa? Lo fa per pigrizia, perché può, e anche per altre due motivazioni non da poco che qui più volte abbiamo sottolineato. In primo luogo perché spesso i film in Italia vengono distribuiti con un ritardo incredibile rispetto al resto del mondo. E nel 2013, in uno scenario in cui il tempo ha l’immediatezza propria delle Rete, non si può aspettare troppo per vedere un film di cui tutti parlano. Si tratta di una questione che può apparire superficiale o frivola, ma non è così. I film vengono criticati, analizzati o semplicemente diventano oggetto di discussione in rete, su tutti i social network che quotidianamente frequentiamo nel momento in cui questi escono in sala. Se, facciamo un esempio, tutto il mondo parla di Prometheus a maggio, noi in Italia non possiamo aspettare fino a settembre per dire la nostra. In seconda battuta c’è poi l’annosa questione del doppiaggio: i film in rete si vedono in lingua originale. Viviamo anche in un mondo in cui degli eroi, solo ed unicamente per la gloria, ci forniscono gratuitamente i sottotitoli nella nostra lingua. A questo punto perché aspettare per vedere un film doppiato, ogni tanto anche male, quando lo possiamo vedere immediatamente e in originale? Il caso di Django Unchained, film che ha comunque guadagnato un bel po’ di soldi anche in questo panorama deprimente, è esemplare. Come sappiamo, il film ha incassato in relazione di più in quelle poche sale dove lo proiettavano in originale, rispetto a quelle dove lo davano doppiato. Questo ha riportato in auge la discussione sul doppiaggio in Italia che, a onor del vero, ormai ci appassiona meno di una partita di curling. C’è un clima di oltranzismo sia da una parte sia dall’altra e una soluzione reale (che, ricordiamo, è piuttosto semplice: distribuire il film in due versioni, dando al pubblico la possibilità di scegliere come fruire l’opera) sembra essere ancora molto distante.

Insomma, la situazione è obiettivamente preoccupante. In questo deserto c’è poi da fare i conti col dato più eclatante. Nel 2013, tutti i film italiani usciti hanno incassato veramente poco. Per alcuni di questi s’è addirittura utilizzata la parola “flop”. Vediamo quali sono i titoli italiani più rilevanti usciti fino ad oggi. Mai Stati Uniti, La Migliore Offerta, Quello Che So Sull’Amore, Pazze di Me e per finire, Studio Illegale. Gli unici due che sono andati bene sono stati Mai Stati Uniti e La Migliore Offerta. Francamente ci stupiamo allo stesso modo per entrambi: il primo è l’ennesimo film dei fratelli Vanzina con un cast che saccheggia qualche comico a Zelig (questa volta è il turno di Giovanni Vernia, il Jonny Groove di cui vi abbiamo già parlato l’anno scorso) e ricicla i soliti volti noti di attori come Ambra Angiolini, Vincenzo Salemme e Ricky Memphis. Un film vacanziero che non esita, già a partire dal trailer, a puntare su un umorismo che definire di grana grossa è poco. Eppure alla fine si sono portati a casa ben 5 milioni e passa di euro. Il film di Tornatore invece, con i suoi 7 milioni e 800 mila euro, di gran lunga il film italiano che ha incassato di più in questo anno. La Migliore Offerta è uscito proprio il giorno di Capodanno, godendo quindi di un weekend lunghissimo, ma soprattutto è un film dal respiro internazionale. Non solo Tornatore, piaccia o meno il suo stile, non è televisivo e scialbo come i Vanzina, ma ha anche dalla sua un cast che può vantare un premio Oscar come Geoffrey Rush e due attori come Donald Shuterland e Jim Sturgess. Che è diverso che avere come risorsa i tormentoni di Jonny Groove.

Ma il problema è ovviamente un altro. Ci risulta difficile considerare La Migliore Offerta un film italiano, soprattutto se lo paragoniamo alle caratteristiche principali degli altri titoli che abbiamo fatto poco sopra. Non ha attori che vengono dalla televisione o che fanno i comici, non tratta di trenta/quarantenni in crisi o indefessi Don Giovanni, non è una “nuova” commedia e per finire non è un istant movie tratto da una moda passeggera. Insomma se non fosse per le origini del regista non avrebbe niente del nostro cinema. E, dispiace dirlo, ma è un bene. Certo, c’è anche il film del nostro Gabriele Muccino che è stato girato negli Stati Uniti e vanta un cast impressionante (Gerard Butler, Uma Thurman e Jessica Biel) ma non è piaciuto veramente a nessuno, né qui da noi né oltreoceano. Attenzione però: quello di Muccino, regista odiato ma tra i pochissimi negli ultimi decenni ad avere quantomeno uno stile personale, ci auguriamo possa essere semplicemente un passo falso. Pur non apprezzando i suoi film e le sue storie, trovo personalmente che il suo cinema sia funzionale, soprattutto per il mercato statunitense. Muccino, a differenza di altri registi considerati “autori” qui in Italia (uno su tutti: Ozpetek) gira bene e con tecnica. I suoi due film americani precedenti possono anche non dire nulla, ma funzionano e sono vendibili in tutto i mondo. Cosa in Italia incredibilmente rara.

Il problema è quello che rimane: Pazze di Me e Studio Illegale. Non nego di aver provato una certa soddisfazione nell’aver appreso che l’ultimo film di Fausto Brizzi sia stato un flop al botteghino. Perché? Perché sono un perfido sedicente critico che passa la vita a fumare la propria pipa in radica e a parlare solo di Tarkovsky? Ovviamente no. La questione è che da appassionato di cinema, è lecito attendersi di più dai nostri film. Possibile che non esistano alternative a commedie dalla trama incredibilmente esile e fossilizzata sempre sugli stesi temi? Possibile che, anche nel momento in cui si sceglie di trarre un film un libro interessante e coraggioso come Studio Illegale, si decida poi di ripiegare sulla scelta i comodo dell’ennesima storiella d’amore del fanciullino Fabio Volo? Non vogliamo tirare fuori ancor una volta il fatto che in Italia non ci sia un’industria capace di giocare con tutti quei generi che fanno la fortuna di altre cinematografie: si possono fare anche commedie notevoli o soddisfacenti. Probabilmente si tratta solo di una coincidenza. Probabilmente fra qualche settimana uscirà un film del tutto simile a quelli che abbiamo appena descritto e la gente correrà in massa al cinema. Ma ora è nato dentro di noi il dubbio. Forse, per una volta, il pubblico ha detto basta. Forse di fronte all’ennesimo tentativo di marciare su di un canovaccio stanco e prevedibile, qualcuno ha scelto di stare a casa. Forse qualcuno s’è sentito preso in giro e ha provato un senso di stanchezza di fronte all’ennesimo poster fotocopia, con un font fotocopia che nascondo un film che ha la stessa profondità di una barzelletta sentita già altre volte. Se è vero che l’ha capito il pubblico, ci auguriamo che lo capiscano anche i registi e gli sceneggiatori.

 

Immagine: una scena di Studio Illegale di Umberto Riccioni Carteni, con Fabio Volo.