Attualità

La saga della tenerezza

L'industria si accorge del lato "cute" del nerd, e non solo con Spider Man: in arrivo un film sul ComicCon

di Federico Bernocchi

Ve ne abbiamo già parlato l’anno scorso, ovviamente proprio in questo periodo. In questi giorni, per l’esattezza dal 12 al 15 di luglio, al San Diego Convention Center, c’è stato il Comic Con, la più grande fiera di tutti quelli che sono gli interessi del mondo nerd: serie televisive, tutti i prossimi filmoni in uscita, fumetti, videogiochi e gadgettistica varia. Il massimo della vita. Un evento in cui tutta l’industria dell’entertainment si fa bella e si mostra in tutte le sue potenzialità. Dal 1970, anno della sua fondazione, ad oggi il Comic Con è cresciuto a dismisura, diventando un evento globale di dimensioni incontrollabili, capace ogni anno di avere una serie di ospiti da fare invidia alla notte degli Oscar o agli Emmy. Oggi, nel 2012, il Comic Con è talmente gigantesco che lo conosciamo anche noi in Italia. Cioè, se fate una ricerca su google in quei giorni trovate addirittura delle gallery fotografiche o titoli come “È cosplay mania a San Diego!”. Ok, non parliamo di approfondite analisi o di chissà quali esaustive carrellate sui vari panel, ma nessuno di noi avrebbe l’ardire di chiedere tanto. Insomma, mentre a noi italiani mancano ancora una quindicina d’anni per avere un servizio decente sul Comic Con – faccio per dire – al telegiornale, nel resto del mondo l’attenzione s’è addirittura spostata su altro. Ciò che interessa maggiormente di questa grande fiera non sono più le anticipazioni sul prossimo Twilight o sulla terza stagione di Games of Thrones, ma il pubblico. Il vero fulcro del Comic Con insomma, siamo noi.

In qualche modo proseguiamo il discorso già fatto l’anno scorso. Anche se, in soldoni, si tratta della fiera dell’industria più redditizia al mondo, si continua a calcare la mano sulla sensibilizzazione del pubblico. Ora, se mi permettete una leggera faciloneria nell’esposizione e qualche dramatizations in più del dovuto, il processo è stato questo : 1) L’industria schifa i nerd e pensa che il suo pubblico di riferimento siano i quarterback della squadra di football. 2) Qualcuno si accorge che tra Euegene, il nerd occhialuto con un abbonamento a vita a Fangoria, e Frank, che non ha mai letto un libro in vita sua e che passa tutte le sere a limonare la sua Jessica, c’è un abisso. Uno compra, l’altro molto meno. 3) Il nerd diventa il centro d’attenzione dell’industria. Nel momento in cui scatta la terza fase però, l’industria – che è subdola come solo un’industria sa essere – capisce che per coccolare i suoi più fedeli consumatori deve darsi da fare. Per cui, e qui arriviamo al punto dell’anno scorso, mentre ci vengono spacciate operazioni discutibili come The Amazing Spider-Man, si fa leva sul lato emotivo del pubblico. L’importante non è più il contenuto, ma la forma con cui questo viene veicolato a coloro che già 365 giorni fa sbavavano per vedere Andrew Garfield in tutina aderente. Il “cute” o il richiamo nostalgico, più del film o della serie stessa, diventa ciò che rende un prodotto appetibile per il fruitore medio del Comic Con. Attenzione: non stiamo dicendo che tutto ciò che di bello succede in questi giorni a San Diego sia il frutto delle perversioni dei produttori che non vedono l’ora di fregarci. Ma ogni tanto il sospetto c’è venuto.

Naturale dunque che, seguendo questo processo, il pubblico sia diventato il vero protagonista del Comic Con. Uno dei primi a comprenderlo è stato Morgan Spurlock, il documentarista diventato famoso per il citatissimo Super Size Me, che ha realizzato il filmComic-Con Episode IV: A Fan’s Hope. Dietro alla citazione da Star Wars c’è un interessante documentario proprio sulla fauna che riempie il San Diego Convention Center in quei giorni. Oltre a qualche apparizione speciale, come quelle di Seth Green, Eli Roth, Kevin Smith, Seth Rogen e ovviamente Stan Lee, si assite a una serie di intensi profile di qualche abituè del Comic Con. Nulla da dire: Comic-Con Episode IV: A Fan’s Hope è piuttosto divertente e ha qualche momento assolutamente irresistibile, ma quello che stupisce è lo sguardo. I protagonisti di questo documentario vengono presentati come degli adorabili freak. Gente che ha oltrepassato il normale status di appassionato e che ha mosso un piccolo passo verso la pazzia. Lo sguardo è tra il tenero è l’accondiscendente: “Certo, sei strane forte, eh? Ma mi piaci un sacco proprio per questo! Vieni qui che ti abbraccio, bambino speciale di Dio!” Ribadisco: anche in questo caso, non voglio per forza di cose leggerci della malafede, ma un sospetto è più che lecito farselo venire. È chiaro che se Spurlock avesse fatto un documentario su personaggi noiosi al Comic Con non sarebbe stato il massimo della vita, ma è l’insistenza con cui viene tirato in ballo il lato tenero che ci porta a nutrire qualche dubbio. Ormai il binomio nerditudine/tenerezza è più che assodato e sembra impossibile parlare di un qualsiasi degli argomenti da Comic Con senza che qualcuno tiri fuori un ricordo legato all’infanzia o all’adolescenza. Che ci dobbiamo fare: formidabili quegli anni.