Attualità

La nonna in Ducati

Con la vendita all'Audi, torna la saga milanese dei Bonomi e dell'erede de "la gran sciura dei danée"

di Michele Masneri

La Ducati passa all’Audi per 1 miliardo di euro, ma non è il caso di stracciarsi le famose vesti per la perdita di “italianità”; si tratta invece di un gran ritorno di milanesità. Col finanziere Andrea Campanini Bonomi, che con il suo fondo Investindustrial ha risanato e poi rivenduto il marchio delle moto da corsa ai tedeschi, ritorna infatti la grande saga meneghina dei Bonomi, protagonisti della finanza di buona parte del Novecento.

Come in un romanzetto arbasiniano, il personaggio fondamentale della dinastia fu la nonna, Anna Bonomi Bolchini, “la primadonna della finanza italiana”, “la gran sciura dei danée”, “Anna dei miracoli” o anche “Compro Io”, per usare alcuni dei soprannomi più famosi. “Prima donna banchiere d’Italia” secondo il Dizionario biografico delle donne lombarde, genius loci di Piazza Affari, nata a Milano nel 1910, figlia illegittima del tycoon immobiliare Carlo Bonomi e della di lui portinaia, visse fino a 27 anni nel portierato di Corso Indipendenza 23, ma poi fu adottata dal padre naturale e alla sua morte ereditò tutto, tra cui 154 palazzi nel centro di Milano e due consigli: “mai dare mance”, e “mai prendere il facchino”.
Una ricchezza che lei saprà amplificare negli anni del boom come una molto lombarda Franca Valeri nel “Vedovo”. Fa costruire il Pirellone, ha come agente di borsa il mitico Aldo Ravelli. Ugo La Malfa, ministro del Tesoro, la chiama “una dei golpisti di Borsa”. Gli altri sono Roberto Calvi, Eugenio Cefis e Carlo Pesenti, Michele Sindona.
Con quest’ultimo ci fu un memorabile scontro sotto la scaletta di un jet privato in partenza da Linate: la “signora” voleva acquistare la Generale Immobiliare e il faccendiere, per cederla, voleva 1250 lire per azione. Lei ne offriva 1200 lire. Rimasero ore sotto i motori accesi dell’aereo, e non si accordarono. Negli affari ha quel misto di genialità e bêtise tipico dei grandi capitalisti: acquista la Mira Lanza e la Durban, il marchio Rimmel e il Lyso Form, perchè, dirà, “nella stanza da bagno voglio avere solo prodotti miei”.
Compra e vende in ogni settore: Credito Varesino, Invest, Saffa, Milano, Italia Assicurazioni, Fondiaria, Sella & Mosca, poi Montedison. Si inventa il catalogo di vendite per corrispondenza per signore, Postalmarket, il suo affare più sballato, che però curerà personalmente fino alla morte, nel 2003. Andando avanti e indietro dal castello di Paraggi, sua residenza, restaurata dall’architetto Tomaso Buzzi, e che in tempi più recenti, dopo la sua morte, sarà affittato a Berlusconi. Nel dopoguerra, Winston Churchill in vacanza sulla costa a bordo del Christina (Onassis), chiede di visitarlo. La sciura Anna risponde: “Se viene per vedere me, si accomodi. Se è per vedere la casa e il panorama, li guarda da fuori”.

Come nelle saghe lombarde che si rispettano, il testimone salta una generazione: il figlio Carlo Bonomi è personaggio di contorno (nel 1985 la Bi.Invest, finanziaria di famiglia, è scalata nel primo raid di Borsa della storia italiana) e oggi l’erede è il nipote Andrea, quarantaseienne, che nel 1990 ha fondato la sua società, Investindustrial, con attività in14 nazioni, 32 mila dipendenti e 23 miliardi di euro gestiti. Compra e vende società come la nonna nei settori più disparati, da Gardaland alla Ducati, alla Permasteelisa (costruzioni), alla Popolare di Milano. Proprio qui, appena eletto presidente (da poco) ha subito annunciato un rilancio della banca basato su “un senso di appartenenza e anche, se mi permettete, su una certa milanesità”. Però è nato a New York.