Attualità

La mamma di Justin Bieber

Ex teen mom, Pattie Mallette ha spacciato hashish e trovato la fede in un ospedale psichiatrico. Oggi ha 37 anni ed è un'attivista per l'astinenza sessuale.

di Violetta Bellocchio

Pattie Mallette rimane incinta a 17 anni di un fidanzato inaffidabile. Qualcuno – lei non dirà mai chi – le suggerisce l’aborto, con insistenza, ma lei decide di portare avanti la gravidanza e di tenere con sé il bambino: l’adozione le sembra una scelta emotivamente insostenibile. Fino a poco dopo il parto, abita in una casa-ostello per ragazze madri gestita dall’Esercito della Salvezza. A 18 anni mantiene il figlio grazie a lavori precari, assistenza sociale e aiuti della chiesa locale. Ma questa fase della sua vita è forse la meno dolorosa, se dai 5 anni in avanti lei è stata molestata da vari amici di famiglia, poi ha perso la verginità con uno stupro, poi si è messa a bere e a spacciare hashish, poi ha tentato il suicidio, ha fallito, e ha passato due settimane nel reparto psichiatrico di un ospedale. E lì dentro, Dio le ha parlato per la prima volta. Dio le ha dato il primo segno in una lunga serie.

Di sé, oggi, Pattie Mallette dice: «sono sopravvissuta all’essere una madre single tramite la pura forza di volontà e una tonnellata di preghiere».

Pattie Mallette è la madre di Justin Bieber.

Fino allo scorso autunno, della madre di Justin Bieber si sapeva quello – poco – che trapelava dalle interviste al figlio fortunato, o dai profili più approfonditi, come quello apparso sul New York Times. Quindi si sapeva, nei fatti, soltanto che Bieber andava in tournée con la mamma, e ogni tanto se la portava sul palco; che lei l’aveva avuto molto giovane e senza sposare Bieber padre, e che la fede cristiana di lei aveva influito nel presentare lui come una popstar perbene, un bravo ragazzo che prima di dormire dice sempre le preghiere. I più attenti, poi, sapevano che Mallette aveva giocato un ruolo chiave nella carriera del figlio: era stata lei la prima a caricare i suoi video su YouTube, ed era stata lei, dopo lunga riflessione, a scegliere il manager Scooter Braun. Alcuni hanno voluto vederci una presenza soffocante, che tira i fili da dietro le quinte: una versione donna di Mathew Knowles. Pochi, al di là del Bieber-mondo, sapevano che Mallette ha quasi due milioni di follower su Twitter, e che parecchi di questi follower la considerano una specie di zia, se non una seconda mamma. Insomma, prendete Gilmore Girls e ripensatelo in chiave cristiano-pop: l’ex adolescente inquieta è diventata una giovane signora allegra e vivace, orgogliosa del figlio ma pronta a sgridarlo se lui torna troppo tardi la sera.

Oggi Pattie Mallette sta cominciando a usare la sua visibilità a sostegno delle cause in cui crede. Il primo passo è stato raccontare i suoi numerosi traumi in un libro, Nowhere but Up, pubblicato da Revell Books, un editore specializzato in «testi pratici per la vita di tutti i giorni», dove i principi cristiani illuminino la via al credente contemporaneo. (Principi cristiani evangelici, precisiamo. Sono principi cristiani molto specifici.) Il fatto che lei abbia scelto quell’editore, e che abbia condiviso con i lettori vicende personali tanto gravose, dice già molto dell’operazione.

Mallette sa che il potere della sua storia di conversione non sta nella storia in sé, e nemmeno nell’aver avuto un figlio famoso, ma nel mettere insieme le due cose: nell’essere la conversione della madre di Justin Bieber. Quindi da un lato la fede e la pratica religiosa hanno dato un primo, fondamentale senso di sé a una donna maltrattata fin da piccolissima, e che avrebbe comunque passato anni, dopo, a gestire depressione e attacchi d’ansia. Dall’altro lato, quella donna nega di aver usato il successo del figlio per rivivere una giovinezza mancata, ma ammette che l’essere diventata mamma così presto – e per giunta da sola – l’ha motivata come nient’altro a rigare dritto e lavorare sodo.

Qui siamo lontanissimi dallo zelo cieco di un’altra madre di cristiano famoso l’ex missionaria Pam Tebow, a cui i medici avevano consigliato l’aborto per probabili gravi malformazioni del figlio: il figlio sarebbe poi diventato il giocatore di football Tim Tebow, la madre una celebre attivista pro-life, forte del «miracolo» rappresentato da Tim. No, in materia di sesso, nascita e contraccezione, Pattie Mallette parte da presupposti più concreti. Il suo passato da teen mom è iniziato con una libera decisione – «terrò questo bambino» – presa in autonomia, e ripagata, in parte, dall’aver avuto un ragazzino che le voleva bene in giro per casa. Però racconta di essere scoppiata in lacrime di disperazione, quando il test ha rivelato la gravidanza. Parla di curiosità sessuali infantili, che considera «eccessive» e «precoci», e le fa coincidere con i primi abusi subiti. La sua storia in quanto donna è una storia di dolore, e di fatica. Fatica a vedere in se stessa una buona madre, fatica col padre di Justin – con cui ha recuperato rapporti civili, non prima di avergli tirato una bottigliata sui denti – fatica provata a conciliare la castità come principio morale e le urgenze fisiche, complicate dal beh, in fondo io ho avuto un figlio, inutile atteggiarsi a santarella.

Ma poi è uno scatto ulteriore di fede a liberarla da questo inferno: a 21 anni Mallette restaura la propria verginità spirituale, con un voto di astinenza fino al matrimonio, in una grande cerimonia organizzata dall’associazione True Love Waits. E adesso questa è la sua risposta definitiva, a tutto. L’astinenza. Presentata forse in modo meno moralista del solito («ragazzi, Dio vuole che noi facciamo l’amore solo dopo sposati… perché la maternità è un gran lavoraccio, e crescere un bambino da soli non lo auguro a nessuno»), ma sempre di astinenza si tratta.

Ecco, quando viene a mancare la carne umana – e lo dico da cristiana, e lo dico in mancanza di termini migliori – la storia di Pattie Mallette diventa un lungo paranormal romance tra una ragazza della porta accanto e Dio.

Nelle pagine di Nowhere but Up, Dio non è solo evocato tramite centinaia di versetti biblici, scene ambientate in parrocchia, consigli ricevuti da bravi predicatori (come Mallette sperava sarebbe potuto diventare il figlio); Dio parla, interviene, la guarda dormire, appare in sogno e in viva voce, governa una fitta rete di rapporti sociali. Per cui, davvero, può accadere che un agente immobiliare offra un appartamento a Mallette, dicendo «Dio vuole che lo affitti a Lei, signora» [pagina 118], oppure che un conoscente la fermi per strada e dica «ti suonerà strano, ma… stai forse valutando di lavorare con un ebreo? Dio ha detto di dirti che va bene». [Scooter Braun è ebreo, Pagina 160.] Il pegno eterno di questo amore è Justin Bieber, venuto al mondo non per ignoranza del come nascano i bambini, ma grazie a una pillola anticoncezionale fallimentare (o dimenticata). Il concepimento stesso può essere fatto ricadere sotto la clausola che certi contratti assicurativi definiscono «act of God». Morale: Bieber non sarà Gesù risorto, però, in qualche modo, voleva proprio venire al mondo. Doveva, forse.

In queste settimane Pattie Mallette sta promuovendo un cortometraggio, Crescendo, di cui è produttrice esecutiva. (Questo vuol dire che ci ha messo dei soldi.) Il cortometraggio è il piatto forte di una campagna per raccogliere fondi; è girato e interpretato da facce pubbliche del movimento pro-life, ma la pubblicità punta tutto sulla presenza di Mallette, sul suo viso aperto e amichevole, e sulla frase «sono la madre di Justin Bieber» in apertura di ogni video-messaggio. Se volete fare un rapido test, guardate il trailer di Crescendo e ditemi cosa ci vedete dentro. La mia prima risposta è stata «una ragazza abortisce, ma poi se ne pente, e ha le visioni del bambino fantasma». Ho sbagliato. Questa è la storia di una ragazza che resta incinta prima del matrimonio, che partorisce regolarmente, che poi tenta il suicidio, ma non sa che suo figlio da grande diventerà… Ludwig van Beethoven. Errore mio: in tutto quell’armamentario di bocche stravolte e gocce di sangue, io ci avevo visto la tragedia di un aborto clandestino, non una nascita normale. (Per inciso: il travaglio di Bieber è durato in tutto sette minuti. Anestesia locale.)

Ma dev’essere stato un equivoco comune, se Pattie Mallette, intervistata dal Wall Street Journal, ha voluto subito precisare «questo non è affatto un film pro-life! E’ una bellissima storia vera!», in toni piuttosto risentiti. Intanto, i profitti dell’operazione andranno tutti ai crisis pregnancy centers. Che sono creati e sostenuti in massima parte dalla destra evangelica, si pubblicizzano come consultori aperti a una varietà di opzioni mentre spingono una linea anti-aborto, anti-profilattico e pro-astinenza come unica soluzione, e che, stando a numerose indagini, diffondono false informazioni mediche sugli effetti a breve e lungo termine dell’interruzione di gravidanza. In breve, una rete di sale d’aspetto dove la parola che inizia con «A» non viene mai pronunciata, però Dio ti ama un sacco.