Attualità

L’hai già visto il nuovo Vine di Tom Cruise?

Come le grandi piattaforme del web – da YouTube a Vine, passando per Facebook e SnapChat – hanno cambiato il concetto stesso di intrattenimento. Al punto che, in un certo senso, stanno già sostituendo il cinema.

di Pietro Minto

Pubblichiamo il secondo contenuto estratto dal numero 22 di Studio, che trovate in edicola e sulla nostra applicazione per iPad. Per avere tutti i nostri numeri abbonatevi, è conveniente.

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Pochi anni fa Ben Lashes aveva parecchi problemi a spiegare agli estranei che lavoro faceva. Dopo aver tentato di sfondare nel campo musicale, infatti, aveva deciso di fare da sé e si era inventato la professione del “meme manager”, un impresario per alcuni personaggi della mitologia digitale quali Keyboard Cat, Grumpy Cat e Scumbag Steve, tutti personaggi (veri o inventati) che avevano acquisito fama online, diventando virali e famosi: dei meme. «Questi sono i nuovi Topolino, i nuovi Bart Simpson» spiegava Lashes a Businessweek nel 2012, entusiasta e solitario, mentre forse veniva preso per folle da molti addetti ai lavori. Oggi la sua agenda è fitta di impegni, Grumpy Cat è un gattino scorbutico che ha pure girato un film e attorno a lui sono nati nuovi meme manager, professione in ascesa per un settore in fase d’esplosione. Lashes non è più  solo, ha concorrenza. C’aveva visto giusto, quindi.

Oggi Grumpy Cat è un gattino scorbutico che ha pure girato un film e attorno a lui sono nati nuovi meme manager, professione in ascesa per un settore in fase d’esplosione. Lashes non è più  solo, ha concorrenza. C’aveva visto giusto, quindi.

I concetti di intrattenimento sono stati profondamente scossi dalla diffusione di Internet – una frase letta talmente tante volte da assumere lo status di prova – e anche quello di notorietà è stato sconvolto: esistono da tempo personalità diventate famose (e ricche!) grazie al web: blogger, gestori di siti, artisti; ma sono attività relativamente più “economiche”, nel senso che non hanno bisogno di budget così grandi, a differenza del settore intrattenimento, rappresentato da Hollywood, le sue megaproduzioni, i suoi miliardi spesi in effetti speciali. Anche quest’ultima affermazione è stata rovesciata come un calzino negli ultimi anni: oggi su YouTube e social network giovani come Vine (filmati in loop di sei secondi che fanno impazzire tutti, a partire dai sempre più citati Millennials) esistono vere celebrità con vere platee – pardon, gruppi di “follower” – che contano milioni di persone. Sono comici, specie su Vine; ma sono anche esperti di scienza, didattica, storia, grandissimi narratori di particolari insignificanti eppure incredibili delle nostre vite.

Li chiamavano vlogger, qualche anno fa. Ora sono stelle le cui parabole lunghe hanno permesso loro di trasformare dei video casalinghi in una professione. Come è successo a John e Hank Green, due fratelli che nel 2007 fondarono “VlogBrothers”, un canale YouTube dal folklore sofisticato (cfr. “Padre Awesome e il suo esercito di combattenti sfortunati”, da Studio n°21): a distanza di qualche anno John è un super bestseller con il romanzo Colpa delle Stelle e Hank, più nerdone e tecnico, ha da poco dato vita a una serie di show didattici sulla scienza. Hank è simpatico, usa i riferimenti giusti ed è capace di spiegare il funzionamento dei buchi neri con chiarezza; è anche il conduttore di SciShow, programma in cui recita la parte di un Piero Angela che conosce Taylor Swift.

Ma i due gemelli del destino Green non sono gli unici esempi: nel 2013 la Dreamworks ha acquisito per 33 milioni di dollari AwesomenessTV, una società specializzata in video da giovani per giovani, un network che ha già i suoi protagonisti, i suoi riferimenti, un pubblico avvezzo agli inside joke. Sono solo due esempi tra i più notevoli di un settore da tempo in fiore, quello in cui – seguendo a menadito la liturgia del sogno americano – una nullità può diventare stella. Internet è terra sismica. Prevede distruzioni, smottamenti e cambiamenti. Perciò queste celebrità di YouTube, che solo ora assaggiano il dolce nettare delle major hollywoodiane, possono esser già date per assodate in quanto appartenenti a medium diffuso da quasi dieci anni, non così dissimile dalla vecchia televisione. Gli YouTuber sono già mainstream, quindi: i Viners, invece, sono appena arrivati. E poi c’è Snapchat, app che consente di mandare messaggi video “eterei” che scompaiono dopo esser stati visualizzati dal destinatario.

È insomma un mondo confuso che ha bisogno di ordine, anzi, di un buon caso da citare. Eccolo: Jerome Jarre ha 24 anni, è francese, un po’ di anni fa ha abbandonato la facoltà di economia per recarsi in Cina dove – a giudicare dalle sue imprecise bio ufficiali – ha fondato «alcune start up». Nel gennaio 2013, lo stesso giorno del lancio di Vine, ha pubblicato il suo primo loop di sei secondi. Dopo alcuni mesi era già la star del social network in ascesa: simpatico, sorridente, francese (che oltreoceano aiuta) e fondatore di GrapeStory, società di talent scout per questi nuovi social network. Secondo la rivista specializzata AdWeek, oggi Jarre viene pagato 25 mila dollari per ogni Vine che produce e 35 mila a ogni messaggio che invia su Snapchat. Pharrell e Robert de Niro sono apparsi nei suoi lavori. Ha registrato un Vine «a gravità zero» sponsorizzato dalla General Electric. E così via. C’è decisamente qualcosa che non va, non trovate?

Gli YouTuber sono già mainstream, quindi: i Viners, invece, sono appena arrivati. E poi c’è Snapchat, app che consente di mandare messaggi video “eterei” che scompaiono dopo esser stati visualizzati dal destinatario.

Non proprio, come è chiaro a chiunque abbia abitato il XX secolo, periodo storico in cui l’umanità ha abbracciato l’immagine in movimento, dal cinematografo alla televisione, dallo schermo dei computer a quello degli smartphone sempre disponibili nelle nostre tasche. A stupire non è quindi l’ascesa di queste nuove star – i cui volti sono condivisi da decine di milioni di persone – quanto piuttosto la quantità di tempo che il settore ha impiegato per cominciare a essere profittevole. «Entro cinque anni YouTube sarà la piattaforma media più grande del mondo, e di molto» ha detto Jeffrey Katzenberg, Ceo di Dreamworks, al New Yorker, e viene da crederci visto che il trionfo del sito viene dato per inevitabile da molti anni, come uno spauracchio o un atteso salvatore. E se YouTube è da tempo preparato a diventare il palco di riferimento per il proverbiale “popolo del web”, Facebook non sta a guardare: il social network da un miliardo di iscritti ha puntato molto sui video nel corso dell’ultimo anno. Avrete notato il dilagare di clip sulle vostre bacheche, quei video muti ma in movimento, sempre pronti a farsi guardare, a tentare l’utente; avrete anche notato che questo tipo di contenuti gode spesso di enorme successo sul social network, che infatti fa di tutto per privilegiarli e renderli ubiqui.

Anche Mark Zuckerberg vuole la sua fetta di intrattenimento (è una cosa tipica dei giganti – d’altronde anche la General Electric ha investito a suo tempo nella Nbc, no?) e ha puntato tutto sul piatto dei video. Con successo. Nel 2014, per la prima volta nella storia, il numero di visualizzazioni video su Facebook ha superato quello di YouTube (dati comScore; il sorpasso non è avvenuto nel settore mobile): non una semplice guerra tra giganti ma una vera svolta, a cui sta seguendo la fase due, quella del reclutamento. Di chi? Delle star di YouTube, dei vlogger, delle star di Vine e Snapchat che su Facebook possono godere di un pubblico enorme, della giusta, ehm, “spinta” e di un lauto pagamento. A una sola condizione: pubblicare i propri contenuti direttamente sul sito, bypassando quello di proprietà di Google. Una guerra silenziosa ma in corso, come dimostra il fatto che a inizio dicembre YouTube abbia annunciato lauti «bonus» ai suoi artisti più seguiti e preziosi per tenerli stretti a sé.

Tutto è iniziato da qualche mese e Hollywood è un agente esterno, potente ma del “vecchio mondo”, in grado di fare gola a questi giovanissimi per via del fascino del grande schermo. Ma la nuova frontiera è tutta online e non è difficile immaginare un 2015 in cui le stelle dei social network firmeranno contratti di esclusiva con questo o quel sito, senza per forza cedere alle lusinghe del cinema. Non è così difficile immaginarselo: anzi, sta già succedendo con Netflix, per esempio, l’azienda nata come servizio per il noleggio di Dvd e diventata imperatore dello streaming di film e serie televisive, cominciando pure a produrre contenuti di grande qualità (House of Cards, Orange Is The New Black); o Amazon, il super negozio online che da tempo produce show di qualità a disposizione dei suoi utenti che pagano per il servizio Amazon Prime. Anche per questo durante la scorsa edizione dei Golden Globe la comica statunitense Amy Poehler, che li presentava assieme a Tina Fey, si è lasciata sfuggire una battuta che oggi sembra un’oscura profezia: «Goditela finché dura, Netflix», disse Poehler commentando gli ottimi risultati ottenuti da alcuni show del sito, «perché non sarai così sicuro di te quando tra due anni Snapchat salirà sul palco a ritirare premi per la categoria Best Drama». Ancora una volta un comico potrebbe averci visto giusto.
 

Nell’immagine in evidenza: Jerome Jarre nel pre-show degli Shorty Awards, che premiano i migliori contenuti dei social network. (Neilson Barnard/Getty Images)