Attualità

Joe Matt vs Shame

"Al Capolinea", graphic novel dove la sessualità è un vero problema - altro che Fassbender

di Francesco Pacifico

Due settimane fa ho scritto di Shame dicendo che in origine si chiamava Power ed era una storia sul potere assoluto di un uomo che aveva tutto, solo che il regista non aveva avuto la forza di raccontare quella storia, finendo col ripiegare su una storia di dipendenza sessuale. Era uno scherzo, ovviamente, ma alcuni amici mi hanno detto di avermi preso alla lettera e di essersi convinti che Shame fosse tratto dal libro Power, i cui dialoghi io fedelmente riportavo nel mio pezzo.

Ora, per creare ulteriore confusione, potrei dire che in verità Shame è tratto da un fumetto: Al Capolinea di Joe Matt, edizioni Coconino Fandango. Matt è un artista canadese, amico del cuore di altri due talenti, Chester Brown e Seth. Il volume, appena uscito in Italia, annuncia l’argomento della dipendenza sessuale fin dalla deprimente copertina: Joe è sdraiato sul letto a pancia sotto, il volto immerso nel cuscino, la camicia gualcita, le braccia come disarticolate dalla spossatezza; ma soprattutto, intorno a lui, sul letto e sul pavimento, vari pezzi di cartaigienica appallottolati, per la precisione dodici, suggeriscono qual è lo sfiancante vizio del protagonista. Fra tutti e dodici i pezzi di cartaigienica troneggia anche un rotolo ancora quasi tutto da srotolare.

La dipendenza sessuale di Joe Matt è all’altezza del suo status sociale. Pochi soldi, poco lavoro, cerca di investire quel poco che ha guadagnato, non ordina un vero pasto al bar per non svenarsi. La sua dipendenza è altrettanto asfittica: zero donne, solo seghe. Quindi lo scherzo di dire che Shame, un film sulla dipendenza sessuale che parla di uno yuppie di New York, è tratto da Al capolinea, un fumetto di e su uno sfigato canadese, è una perdita di tempo. Ma voglio mettere a confronto la patinata invidiabilità della dipendenza sessuale del protagonista di Shame con quella di Joe Matt per rendere onore a quest’ultimo: lui sì ha scritto qualcosa che ti fa provare pietà per un malato di sesso.

In Shame, la malattia di M. Fassbender è così raccontata: il poveretto non riesce a smettere di rimorchiarsi tipe carine in giro per New York e di scoparsele in begli appartamenti o stanze d’albergo o meglio ancora nei vicoli di Manhattan. È un po’ difficile provare pena per lui. Quando finisce a farsi fare un pompino a una serata gay in un locale sembra quasi lo stia concedendo allo spettatore etero che fin qui l’ha invidiato: ora finalmente puoi pensare che il suo non sia un destino felice.

Ma il problema non è la differenza di ceto. Infondo, una malattia è una malattia. Non è che se bevi il Tachiflu da una tazza di porcellana hai meno la febbre che se la bevi da una tazza di coccio. Il problema sono i dettagli. L’ossessione masturbatoria di Fassbender non è affatto raccontata in dettaglio. Ci tocca immaginare che farsi le seghe in ufficio e a casa di continuo sia invalidante, ma di fatto vediamo solo uno che comunque continua ad avere l’occasione di incontrare persone ben integrate nella società, di bell’aspetto, con un lavoro, quindi l’ossessione (questo settore dell’esperienza umana su cui oggi si è per moda costretti a basare un’opera narrativa) non sembra davvero un’ossessione, non procura alcuna nausea allo spettatore.

Ecco invece che genere di nausea fa venire Joe Matt con il suo sobrio e disturbato graphic novel, che racconta nel dettaglio cosa vuol dire farsi 7-8 seghe al giorno e non avere più la forza di lavorare né di incontrare donne vere.

A pancia sotto sul letto a una piazza, nella sua camera in affitto senza bagno (fa pipì regolarmente in una bottiglia di vetro da svuotare quando è piena), Joe si appresta a proseguire la sua opera compulsiva: condensare in un’antologia vhs i momenti migliori di ogni videocassetta porno affittata da un amico italiano. Li edita perché non sopporta di vedere le facce brutte delle star maschili, né le loro chiappe pelose.

Joe Matt: “Mi sa che mi rimetto a duplicare video. / Devo ancora finire l’ultima scena di Anal Clinic… / Ma prima, meglio verificare se c’è ancora abbastanza nastro nella cassetta… / Sì… sembra che avanzino ancora undici o dodici minuti. Dovrebbero bastare. / Okay… Display del timer: “On”… Velocità del nastro: “Ep”… Azzeriamo il contatore: “0:00:00”. / Grunt.”

Il videoregistratore è ai piedi del letto su un mobiletto.

“Okay… Pronti. Dov’è finito il telecomando? / Ahhh… Eccolo. / Okay… Cuffie a posto. Anal Clinic è già nell’altro videoregistratore… Diminuiamo un po’ il contrasto… / Okay… / Ora posizioniamo il nastro al punto giusto. Riavvolgo un pochino per vedere dov’è che avevo interrotto… Okay… Dovrebbe bastare. Ora premo “Play” e – sì, ci siamo – l’infermiera nera e la segretaria bionda stavano facendo un pompino al dottore in un qualche sgabuzzino delle scope… / Così, ragazze… Succhiate quel cazzo. Così. / Guardiamo il timer… “…04…05…06…07…Stop”. Ci siamo. Ora sono sincronizzate, pronte per registrare. / Ora commuto il “Selettore di ingressi” da “Cavo” a “Linea”, così possono passare le immagini dell’altro videoregistratore. / Questo videoregistratore non ha telecomando, ma potrei azionare i suoi tasti a occhi chiusi. Come leggere in braille. / Okay, ora “Play”. Ecco quella faccia da imbecille del dottore. Mandiamo avanti un pochino… / Okay, ora si vede la nuca delle ragazze. Da quest’angolatura non si vedono molto bene le facce. Andiamo ancora avanti… / Bleah! Una inquadratura del culo del tipo! / Davvero vomitevole. È tutto peloso e – puah – avanzamento veloce… / Ora la telecamera fa una panoramica su alcuni prodotti per la pulizia della casa su una mensola. Che senso ha? Non crederanno che… / Wow! Ecco di nuovo le ragazze! / È da qui che devo cominciare a duplicare. Ora riavvolgo un pochino per trovare il punto preciso… / Okay… Le ragazze appaiono subito dopo il primo piano di quel flacone di ammoniaca. Okay… Ora riavvolgiamo di nuovo… / Okay… Ora mettiamo il dito sul nastro “Record” dell’altro videoregistratore. Okay… Un momento… Devo sincronizzarli perfettamente… / Okay… Ecco l’ammoniaca… Premi “Record” … Okay… Ora ci vogliono circa tre secondi perché parta la registrazione …1…2…3… / Perfetto! Ora sta duplicando. Oohhh… Questa è roba seria… Stanno tutt’e due mulinando la lingua sulla cappella del tipo… / Dio, mi sto arrapando! Ma la sega a dopo. Ora devo rimanere concentrato. E poi me ne sono fatta una un’ora fa”.

Qui compare la faccia dell’orrendo dottore baffuto.

“Merda. / Stop… Tutti e due gli apparecchi”.

Ecco, questo secondo me è un deterrente. Abbandonate la pornografia. Oggi.